Stabilità e sicurezza in Asia Centrale: prodromi per una futura cooperazione geostrategica tra NATO e Cina?

Alleanza Atlantica e Cina hanno da tempo entrambe rilevanti interessi nella regione centro asiatica e in particolare sia verso le Repubbliche ex-sovietiche che in Afghansitan. Potrebbero trovare una convergenza verso interessi comuni e sviluppare una possibile cooperazione in ambito di sicurezza e stabilità dell’area? Il pundo di vista di Fabio Indeo

Nell’attuale scenario globale NATO e Cina sono sicuramente tra gli attori internazionali di maggiore influenza. Se il ruolo dell’Alleanza Atlantica si è consolidato nel secondo dopoguerra, nel corso degli ultimi anni la Cina ha gradualmente intrapreso una politica estera proattiva, che implica un crescente coinvolgimento di Pechino nell’architettura di sicurezza globale.

In quest’ottica, appare intrigante approfondire la fattibilità di una potenziale cooperazione in ambito securitario tra la NATO e la Cina in Asia Centrale, finalizzata al comune obiettivo di garantire la stabilizzazione e pacificazione dell’Afghanistan, impedendo che la minaccia terrorista possa propagarsi nelle cinque repubbliche post sovietiche dell’Asia Centrale, minando la sicurezza interna e regionale.

Infatti, nonostante le tradizionali divergenze geopolitiche che contrappongono questi due attori, essi condividono profonde preoccupazioni sull’insorgere di una condizione di instabilità nella regione centroasiatica, che alimenterebbe un flusso di rifugiati tra i diversi stati: questo scenario risulta ulteriormente complicato dall’intricato mosaico etnico che connota la regione, con consistenti minoranze delle cinque repubbliche ed afghane distribuite nei vari stan.

Inoltre, la combinazione tra la minaccia rappresentata dai Taliban e l’attivismo dei foreign fighters locali – tornati in patria dopo aver combattuto tra Siria ed Iraq sotto la bandiera dello Stato Islamico -, gli irrisolti problemi interni (povertà, corruzione, crescente autoritarismo, conflitti etnici), il traffico transfrontaliero di narcotici e di armi attraverso confini debolmente controllati, costituiscono le principali fonti di instabilità regionale, minacce potenziali alla sicurezza dell’Asia Centrale.

Il ritiro delle truppe ISAF dall’Afghanistan nel 2014 e il nuovo ruolo assunto dall’Alleanza Atlantica con la Resolute Support Mission rappresentano la cartina di tornasole nello scenario securitario regionale, in quanto ora il compito principale della NATO è circoscritto ad attività di supporto e di addestramento delle forze armate e dell’esercito afghano. In considerazione degli enormi interessi economici e strategici nella regione e in Afghanistan, la Cina ha ricoperto un ruolo crescente nel garantire la sicurezza nella regione, per preservare gli ingenti investimenti (ad esempio la miniera di rame di Aynak in Afghanistan, la seconda più grande al mondo) e le infrastrutture realizzate nell’ambito della Belt and Road Initiative: la Cina intende proteggere il proprio confine con l’Afghanistan, evitando destabilizzanti incursioni transfrontaliere di terroristi islamico-radicali, evitando un pericolo “contagio” nelle popolazioni turcofone uigure che abitano nella provincia autonoma dello Xinjiang. Questa provincia occidentale cinese – che rappresenta il confine cinese con l’Asia Centrale ovvero con Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan – rappresenta un hub strategico nell’ambito della “moderna via della seta”, snodo principale dei corridoi energetici (dal Caspio e dalle repubbliche centroasiatiche verso la Cina) e dei corridoi economici che trasportano le merci e i prodotti cinesi verso i mercati europei.

Questi elementi rafforzano la convinzione che possa esserci un margine di manovra per un miglioramento delle relazioni tra NATO e Cina in ambito securitario con l’obiettivo di raggiungere l’obiettivo condiviso della stabilità regionale.

La cooperazione militare tra la NATO e l’Asia Centrale è cominciata con l’indipendenza nazionale del 1991, attraverso il Partnership for Peace program (PfP), ed ha raggiunto il culmine nel periodo 2001-2005, quando per la prima volta nella storia le truppe dell’Alleanza Atlantica fecero la loro comparsa nello spazio post sovietico: Uzbekistan e Kirghizistan concessero basi militari alle forze NATO (rispettivamente Karchi-Khanbad e Manas), mentre il Kazakhstan divenne il principale partner della regione, con la creazione di un battaglione (KAZBAT) e di una brigata (KAZBRIG) kazaka che dovevano contribuire a garantire la sicurezza regionale.

Dal 2009 al 2014 inoltre, il coinvolgimento delle repubbliche centroasiatiche nel Northern Distribution Network (un corridoio terrestre, aereo e ferroviario di approvvigionamento per le truppe NATO in Afghanistan, sviluppato in alternativa al corridoio pachistano) costituiva una piattaforma sulla quale sviluppare la cooperazione militare incentrata nella lotta contro il terrorismo, permettendo inoltre di bilanciare il ruolo tradizionale della Russia come security provider in Eurasia.

Ciononostante, la distanza geografica e la condizione che solo le nazioni europee possano aderire all’Alleanza Atlantica (articolo 10) di fatto complicano una piena cooperazione tra la NATO e repubbliche centroasiatiche.

La cooperazione della Cina con le repubbliche centroasiatiche in ambito securitario si è sviluppata sia sul piano bilaterale – coinvolgendo prevalentemente le tre repubbliche confinanti con lo Xinjiang – che su quello multilaterale attraverso l’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (creata nel 2001 assieme alla Russia) istituita per combattere i “tre diavoli”(terrorismo, separatismo etnico ed estremismo religioso).

Con il lancio della BRI la stabilità e la sicurezza regionale sono diventati degli obiettivi prioritari per la Cina, concentrando attenzione e sforzi sui confini interstatuali maggiormente a rischio come quello tra Tagikistan e Afghanistan: nel 2016 Pechino ha creato il cosiddetto meccanismo quadrilaterale di cooperazione con Tagikistan, Afghanistan e Pakistan (prima organizzazione securitaria regionale – in fieri – che non prevede la partecipazione della Russia), per rafforzare la sicurezza regionale e per un impegno congiunto nella lotta contro il terrorismo.

Per fronteggiare le sfide poste dal terrorismo internazionale e per preservare la sicurezza e la stabilità nello spazio post sovietico – con l’ulteriore obiettivo strategico e condiviso di contenere le ambizioni russe e l’influenza militare di Mosca nell’area – si potrebbe auspicare una crescente collaborazione tra la NATO e la Cina, che dovrà necessariamente fondarsi sull’istituzione di un forum regolare di dialogo sulle minacce condivise.

Questa cooperazione dovrebbe essere specificatamente mirata alla soluzione di alcune tra le minacce più urgenti e delicate (sicurezza transfrontaliera, iniziative congiunte antiterrorismo, azioni contro il narcotraffico), come piattaforma iniziale per sviluppare un coordinamento graduale della cooperazione in ambito securitario.

Fabio Indeo

Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni di Europa Atlantica

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