La Nato di fronte all’ascesa cinese. Il punto dopo il Vertice di Londra

Il confronto interno alla Nato da tempo è interessato anche dal tema dell’ascesa cinese. Prospettive e problematiche dopo il Vertice di Londra. Il punto di vista di Federica Santoro

Il Vertice per i settant’anni dell’Alleanza atlantica che si è tenuto a Londra, si è concluso con la firma da parte dei 29 Stati membri di una dichiarazione congiunta dove, tra le altre questioni di sicurezza per la prima volta l’Organizzazione riconosce il bisogno di dare una risposta condivisa alla crescente influenza, militare ma anche economica della Cina.

Tradizionalmente focalizzata prima sull’Unione Sovietica e poi sulla Russia, la Nato si dice pronta a misurarsi con l’influenza di Pechino e con la sua ascesa come potenza mondiale e ad interrogarsi su quale possa essere il principale obiettivo della Cina nel contesto internazionale. “Abbiamo riconosciuto che la crescente influenza della Cina così come il suo coinvolgimento nelle politiche internazionali presentano sia opportunità che sfide che dobbiamo affrontare insieme come Alleanza”, hanno affermato i leader della Nato nella dichiarazione congiunta rilasciata a chiusura del Vertice londinese, senza tuttavia fare di Pechino un avversario.

Accanto al dossier cinese, durante il Vertice si è discusso anche delle relazioni fra l’Alleanza e Mosca in seguito al dispiegamento missilistico russo, si è concluso che la Nato potrebbe fare di più per cercare il dialogo con la Russia e trovare il modo di resuscitare il controllo degli armamenti dopo la morte del Trattato INF. Si è affrontata anche l’annosa questione curdo-siriana e la recente destabilizzazione in territorio siriano da parte delle forze armate turche. Si è poi ovviamente ulteriormente discusso il tema della spesa per la difesa, il Segretario Stoltenberg ha osservato che nove membri della Nato già raggiungono l’obiettivo previsto del 2% e che la maggior parte degli alleati ha in programma di soddisfare la richiesta entro il 2024. Dopo la fine della Guerra Fredda, i paesi della NATO hanno lasciato cadere i loro budget per la difesa, tuttavia, ha commentato Stoltenberg, il nuovo scenario di sicurezza impone che ciascuno Stato sia in grado “di aumentare anche le spese per la difesa quando le tensioni aumentano”.

A settant’anni dalla sua fondazione, l’Alleanza atlantica si riconferma il forum essenziale per le consultazioni in materia di sicurezza nei Paesi Euro-atlantici e la base di una risposta di difesa collettiva assieme agli Stati Uniti. Per la prima volta la Cina si trova al centro di una riflessione da parte alleata in quanto sfida concreta alla sicurezza dei Paesi membri. Nel comunicato finale rilasciato a chiusura del Vertice, i 29 leader hanno individuato collegialmente due principali questioni sulle quali occorre cominciare a lavorare: la prima riguarda il dominio cyber e la ben nota minaccia tecnologica legata all’implementazione della rete 5G; la seconda evidenzia invece le crescenti capacità militari cinesi che interessano diversi contesti geografici, dal Mar Cinese Meridionale, all’Africa, all’Artico.

Con riferimento alla gestione delle infrastrutture critiche, come quelle tecnologiche, è emersa, come si legge al punto 4 della dichiarazione[1], la volontà di affrontare l’ampiezza e la portata delle nuove tecnologie in ambito di sicurezza e difesa preservando valori e norme condivise. Si è discusso della necessità di aumentare la risposta agli attacchi informatici, rafforzando la capacità di difendere l’Alleanza dalle tattiche ibride che cercano di minarne la sicurezza, accrescendo la resilienza della società e riconoscendo la necessità di tutelare il campo delle comunicazioni e delle tecnologie di comunicazione di nuova generazione da eventuali minacce di sicurezza, incluso il sistema 5G. Un terreno di scontro sul quale da mesi i governi e le intelligence europee si interrogano in un ampio dibattito politico che vede gli Stati Uniti accusare il principale vendor di tecnologia 5G cinese Huawei, di essere troppo vicina al governo cinese, sollevando dubbi sull’affidabilità dell’azienda nella costruzione dell’infrastruttura e facendo pressione sugli alleati Occidentali per una messa al bando della compagnia, dalle gare per la realizzazione delle proprie infrastrutture nazionali.

Secondo gli Stati Uniti, la rete 5G cinese sarebbe potenzialmente utilizzabile a scopi di spionaggio, essendo legata a doppio filo al Partito Comunista Cinese, da una legge adottata a Gennaio 2018 dal Congresso, la National Intelligence Law[2], che obbligherebbe l’azienda a collaborare con l’agenzia di sicurezza su richiesta, compreso l’accesso ai dati. Negli ultimi anni il governo cinese ha ampliato la sua capacità di raccogliere dati per motivi di sicurezza nazionale e ha scritto nuove leggi che ampliano la portata delle operazioni di raccolta di informazioni[3].

In Europa quasi tutti i Paesi hanno dovuto affrontare la richiesta americana di mettere al bando la compagnia cinese, tuttavia la risposta è stata alquanto cauta: sebbene in molti paesi le agenzie di intelligence abbiano aumentato il livello di allerta in ambito di cyber security, come l’Italia o la Francia, applicando aggiornamenti in materia di sicurezza delle reti, e di recente anche la Germania che ha dichiarato di aver pianificato di inasprire le norme sulle acquisizioni extra-UE delle sue aziende hi-tech, a seguito delle preoccupazioni sulle acquisizioni da parte delle società cinesi, ad oggi nessun governo europeo ha vietato l’uso della tecnologia Huawei per la costruzione della propria rete 5G pure avendo avviato un dibattito pubblico sull’argomento.

Nonostante la firma del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki di un accordo sulla politica del 5G come parte dei Protocolli di Praga, altrove nel continente, gli alleati europei sono stati fino ad oggi riluttanti nel prendere una posizione dura contro Huawei. La Cina per conto suo ha continuato a promuove la propria tecnologia come la più avanzata sul mercato e la più economica rispetto ai concorrenti. Avviando anche una campagna pubblicitaria di grande impatto visivo, durante le elezioni del Parlamento europeo, chiedendo un voto “per il 5G”[4].  Neppure troppo tra le righe, Pechino ha poi chiarito che un potenziale divieto contro Huawei in Europa avrebbe incrinato pesantemente le relazioni economiche sino-europee, rivolgendo direttamente ai singoli paesi le proprie rimostranze attraverso dichiarazioni diplomatiche alla stampa[5].

Un’altra punto al centro della discussione in seno al Vertice Nato ha riguardato le crescenti capacità militari cinesi.

La Cina ad oggi vanta il secondo budget di difesa più grande al mondo, dopo gli Stati Uniti, qualora una corsa agli armamenti dovesse partire, Pechino può già contare su forze missilistiche in grado di garantirle un vantaggio iniziale sotto forma di arsenale esistente, capacità produttiva, posizione geografica e possibilità di influenzare gli alleati di Washington, compresi i nuovi missili balistici a raggio intermedio. Questi sistemi d’arma hanno la capacità strategica di poter colpire l’Europa o gli Stati Uniti – tema che ha costretto l’Alleanza[6] a pronunciarsi sulla necessità di coinvolgere anche la Cina nel controllo internazionale degli armamenti nel Trattato INF – Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, il trattato firmato da Stati Uniti e Russia nel 1987, oggi sospeso dal Presidente Trump in seguito alle presunte violazioni russe. Quanto alle tensioni nell’Indo-Pacifico “sarà necessario lavorare a stretto contatto con i nostri partner nella regione” – Australia, Nuova Zelanda, ma anche Giappone e Corea del Sud tuttavia, ha tenuto a precisare ancora Stoltenberg, “non si tratta di spostare la Nato nel Mar Cinese Meridionale, ma di tenere conto del fatto che la Cina si sta avvicinando a noi”. Sotto la Presidenza di Xi Jinping, la Cina ha adottato un atteggiamento più assertivo nei confronti delle relazioni estere. Il mandato di difesa della Nato è limitato all’Europa e al Nord America, ma Stoltenberg ha affermato che l’influenza della Cina sta iniziando a raggiungere le sue coste.

La NATO, all’indomani del vertice di Londra, si riconferma non solo come una grande alleanza militare, ma anche come un’importante arena politica. Nonostante, le dichiarazioni del Presidente Macron che il mese scorso aveva usato parole dure definendo la Nato in stato di “morte cerebrale”, è possibile leggere nella comunicazione congiunta dei 29 leader una rinnovata intesa volta a rispondere in modo “forte” e “attivo” all’attuale situazione di instabilità del mondo, alle impellenti necessità di sicurezza del nuovo scenario globale comprese le nuove sfide poste dalla Cina, cercando di identificare, valutare e rispondere a queste con un’unica visione.

“L’Organizzazione atlantica”, ha concluso Stoltenberg “è l’alleanza di maggior successo nella storia perché siamo sempre stati in grado di cambiare, e finché continueremo a cambiare, continueremo ad esserlo.”[7]

Federica Santoro


[1] Dalla Dichiarazione conclusiva dei 29 capi di Stato e di governo al Summit Nato di Londra, https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_171584.htm

[2] National Intelligence Law, People Republic of China http://cs.brown.edu/courses/csci1800/sources/2017_PRC_NationalIntelligenceLaw.pdf

[3] Dal Financial Times, “Is Huawei compelled by Chinese law to help with espionage?”, https://www.ft.com/content/282f8ca0-3be6-11e9-b72b-2c7f526ca5d0

[4] Dal sito ufficiale della Campagna Huawei “Vote for 5G” https://huawei.eu/story/vote-5g

[5] “Huawei: China warns of investment blow to UK over 5G ban”, BBC https://www.bbc.com/news/business-48377235

[6] Dalla Conferenza Stampa del Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, https://www.nato.int/cps/en/natohq/opinions_171554.htm?selectedLocale=en

[7] Intervista della BBC al Segretario Generale Jeans Stoltenberg, https://www.bbc.com/news/av/world-50620691/nato-is-changing-as-the-world-is-changing-secretary-general

Fonte immagine sito ufficiale Nato

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