Vertice UE-Cina: Europa spaccata al cospetto del Dragone

L’analisi di Domenico Bevere dedicata al confronto tra Unione Europea e Cina. Rischi, opportunità e problemi potenziali per i paesi europei di fronte al gigante asiatico

Il 9 aprile scorso Bruxelles è stato teatro del 21° vertici UE-Cina, il forum di discussione al più alto livello per intensificare le relazioni in materia di programmi bilaterali e multilaterali, che ha visto partecipare da un lato il Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, l’Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini, ed il Premier cinese Li Keqiang dall’altro.

Alla base dell’incontro vi è la volontà, da parte dell’Unione Europea, di avere una politica unitaria nei confronti della Cina, fondata sulla promozione di un ordine internazionale basato su regole che consentano di sviluppare gli scambi e gli investimenti, così da “rendere il mondo un luogo più forte, più sicuro e più prospero”. In particolare, l’Europa riconosce il potenziale dell’economia cinese, seppur segnata dall’imposizione di dazi americani che ha comportato una diminuzione della produzione industriale del 3,15% rispetto al periodo precedente, ad oggi nostra principale fonte di importazione e secondo più grande mercato di esportazione dopo gli Stati Uniti (v. Grafico 1), ma allo stesso tempo aleggia la sensazione che si sia creato un disequilibrio tra sfide ed opportunità.

Grafico 1: Scambi di merci extra UE-28 per principale partner commerciale, UE-28, 2007-2017, miliardi di euro, Eurostat

A tal fine, il recente “UE-China Strategic Outlook” prodotto dalla Commissione Europea ha proposto 10 azioni per equilibrare la relazione sino-europea, rivalutando la posizione cinese da “partner strategico” a “partner negoziale”.

Il summit ha permesso alle parti di approfondire il loro partenariato strategico, adottando un vero e proprio programma di cooperazione incentrato sul rispetto del diritto internazionale e delle norme che regolano le relazioni internazionali, compresa la riforma del World Trade Organization (WTO).

Le relazioni economiche tra Pechino e Bruxelles dovranno essere improntate all’apertura e non alla discriminazione, cosi da favorire gli investimenti che garantirebbero una corretta reciprocità in termini di accesso ai mercati, sebbene un recente studio prodotto dal Mercator Institute for China Studies “Chinese FDI in Europe 2018 trends and impact of new screening politicies” abbia dimostrato come gli IDE cinesi in Europa nel 2018 siano diminuiti del 40% rispetto al 2017 e del 50% rispetto al 2016 (v. Grafico 2).

Grafico 2: Valore annuo delle transazioni IDE cinesi completate nell’UE-28 (2010-2018), Rhodium Group

Secondo il rapporto, i principali beneficiari sono stati UK, Francia, Germania e Italia (terzo posto), soprattutto nel periodo 2000-2014. Recentemente, invece, si è assistito ad una diversificazione degli investimenti, con una crescita nei confronti di Benelux e Paesi scandinavi (v. Grafico 3).

Grafico 3: IDE cinesi nell’UE-28 per gruppo di Paesi 2010-2018 in valori percentuali, Rhodium Group

Alla base della riduzione degli investimenti vi sarebbero fattori interni ed esterni alla Cina. Pechino, alle prese con aziende e banche altamente indebitate, ha modificato la propria politica di investimento, approvando la legge per frenare le ingenti spese di M&A, con l’obiettivo di risanare il settore. Cosi facendo diversi investitori cinesi hanno venduto asset in Europa per un valore di 4 miliardi di euro, tra i quali spicca la vendita di partecipazioni quali Avalon, Tip Trailer Services, Deutsche Bank, HNA.

Dal canto suo l’UE ha modernizzato i sistemi degli IDE, rendendoli più rigidi così da bloccare, a partire da Ottobre 2020, le offerte nei settori strategici in cui vi rientrano circa l’82% delle transazioni M&A cinesi in Europa. Parallelamente, la Cina ha adottato la Legge sugli Investimenti Esteri “中华⼈民共和国外商投资法” (conosciuta come FIL ed in vigore anch’essa dal 2020) che, in risposta alle pressioni commerciali degli Stati Uniti, dovrebbe aprire settori dell’economia fino ad ora vietati alle imprese straniere. La FIL poggia le basi sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale degli investitori, enfatizzando la necessità di ravvedere eventuali responsabilità giuridiche di soggetti che agiscono in violazione.

A margine del vertice, le parti hanno valutato nuove modalità per creare sinergie tra la strategia UE “Connecting Europe and Asia”, compresa la rete transeuropea dei trasporti, e l’iniziativa cinese BRI.

In questo quadro di riferimento, la Cina e l’UE hanno stabilito di svolgere una studio congiunto, affidato ad un soggetto terzo, riguardante l’individuazione di opportunità di sviluppo di trasporti ferroviari a livello complessivo, così da individuare limitazioni e strozzature esistenti della rete e favorire gli scambi commerciali.

Nell’occasione è stato affrontato anche il tema della cyber security e dello sviluppo della rete 5G, in cui l’UE ha sottolineato l’importanza dell’applicazione del diritto internazionale e della cooperazione per contrastare le attività informatiche ritenute dolose, soprattutto in chiave dei furti di proprietà intellettuale, onde garantire un “ciberspazio aperto, stabile e sicuro”

Il dialogo strategico è poi continuato sul tema della politica estera e sicurezza dove, tra i vari punti, sono state toccate le questioni inerenti la governance globale e le nuove sfide internazionali, dall’Iran e l’accordo sul nucleare (PACG), sottolineando la necessità di individuare soluzioni pacifiche e concertate, alla questione nordcoreana, sino alla crisi in Venezuela e in Ucraina, ribadendo l’applicazione degli accordi di Minsk.

Il vertice si è concluso con la pubblicazione di una dichiarazione congiunta volta a regolarizzare ed equilibrare i rapporti tra i due attori, in particolare:

  • Un memorandum d’intesa relativo al dialogo sul controllo degli aiuti di Stato e del sistema di

analisi dell’equità delle condizioni di concorrenza;

  • Un accordo sul mandato per il dialogo UE-Cina in materia di politica di concorrenza;
  • Una dichiarazione congiunta sull’attuazione della cooperazione UE-Cina in materia di energia;
  • Un mandato per uno studio congiunto volto ad identificare i corridoi di trasporto ferroviario più sostenibili tra l’Europa e la Cina

La strategia cinese suscita enorme preoccupazione negli Stati membri dell’UE, i quali lamentano maggiori garanzie per la produzione nazionale, a partire dalla tutela della proprietà intellettuale. L’Europa si trova dinanzi una sfida, creare un fronte unito e compatto attraverso una politica comune, evitando di muoversi in maniera frammentata così da beneficiare in pieno degli investimenti cinesi e scongiurare una politica aggressiva di divide et impera. L’imminente uscita del Regno Unito e l’ascesa dei partiti anti-europeisti e nazionalisti non fanno che accentuare il rischio di un declino geopolitico dell’Europa.

Fondamentale sarà valutare la posizione degli Stati Uniti, alla luce della politica protezionista degli ultimi tempi, facendo convergere i suoi interessi alla creazione di una relazione transatlantica forte, nonostante vi sia una corrente di pensiero – diffusa anche in Italia tra politici ed intellettuali – che ritiene Trump l’occasione per rompere l’alleanza con Washington e rafforzare l’Unione Europea con nuovi accordi strategici.

Dal canto suo la Cina sa bene che gli Stati Uniti hanno ancora molta influenza sull’Europa e non può rischiare di perdere in un colpo solo due mercati di enorme valore, considerato il caso del 5G dove gli USA, per ragioni commerciali e di sicurezza nazionale, hanno tentato di bilanciare il rapporto con le proprie Big Tech. Viceversa, gli Stati Uniti sono consapevoli del fatto che la Cina sta rafforzando i rapporti con la Russia, penetrando in Africa e iniziando ad influenzare l’Europa con il piano BRI. Un esempio ne è l’Italia con cui ha concluso accordi per 2,5 miliardi di Euro, per un potenziale di 20 miliardi di Euro e la cui partecipazione ha suscitato timori e incomprensioni da parte di Stati Uniti, Francia e Germania. Dunque, gli sforzi di Pechino sono incentrati nella conquista di una “testa di ponte” in Europa, creando dipendenze economiche e manipolando i sistemi politici così da minare la sovranità nazionale.

Sul fronte del 5G, standard tecnologico destinato a rivoluzionare le catene globali del valore, l’Unione Europea è in netto ritardo ed esposta alle incursioni del colosso di Shenzhen Huawei, inserita recentemente da Washington nella Entity List. In questo contesto l’UE ha assunto un atteggiamento di tutela, rimandando agli Stati membri il compito di condurre valutazioni circa gli effetti economici, politici e di sicurezza nazionale legati alla scelta di ammettere Huawei nel proprio mercato 5G, senza deludere gli alleati atlantici.

L’Italia, a sua volta, complice l’inadeguatezza di risorse e strutture, sembrerebbe non aver ancora reso operativo il Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale (CVCN), ideato allo scopo di arginare le minacce sul 5G.

Infine, con riferimento alla connettività sino-europea, le opportunità prospettate da Pechino sono improntate alla realizzazione di infrastrutture in grado di collegare strettamente i due continenti. Nota dolente è la volontà, o strategia, cinese di non trattare direttamente con l’UE, preferendo il metodo one-to-one con i singoli Stati membri ed in particolare con quelli finanziariamente meno solidi.


Domenico Bevere è dottore magistrale in Economia Aziendale. Ha conseguito: presso l’Università degli Studi di Firenze il Master in Intelligence e Sicurezza Nazionale con una tesi avente ad oggetto il Finanziamento al Terrorismo e, presso la LUISS Guido Carli, un Executive Master  in Affari Strategici con tesi sulle Catene Globali del Valore ed Interesse Economico Nazionale.

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