Emergenza Coronavirus: “Fase 2”, nuove tecnologie e sicurezza

L’analisi di Alberto Pagani sull’inizio della prossima “Fase 2” nella gestione dell’epidemia di Covid-19 in Italia e l’impiego di tecnologie digitali.

Dal prossimo 4 maggio l’Italia e gli italiani, dopo un periodo di lockdown che ha prodotto una riduzione significativa della curva dei contagi da Covid 19, affronteranno il passaggio alla cosiddetta Fase 2, di parziale riapertura delle attività chiuse. Lo stesso Presidente del Consiglio ha dichiarato che l’inevitabile allentamento delle restrizioni comporterà molto probabilmente una ripresa del contagio. Tuttavia la Fase 2 non è rinviabile, se non si vuole che il sistema economico debba pagare un prezzo insostenibile. L’individuazione dei positivi per contenere la ripresa del contagio sarà la sfida più complessa ed importante dei prossimi mesi. Sarà essenziale, per fermare la catena dei contagi, ricostruire ed individuare i contatti dei contagiati, e ridurre  al minimo i rischi di una seconda ondata epidemica.

Gli esperti sostengono che la tecnologia, ed in particolare alcune specifiche applicazioni informatiche, potranno essere utili per l’individuazione dei positivi e di eventuali loro contatti. Occorre tenere presente l’importanza della velocità di intervento nell’individuazione e nella localizzazione, nel tracciare gli spostamenti e la catena di contatti.

E’ esclusa l’applicabilità pedissequa del modello cinese per il distanziamento sociale, in relazione all’isolamento, alla quarantena e  al tracciamento elettronico.  Non è replicabile con le stesse modalità in Italia e in tutti i paesi occidentali, che si fondano su valori liberali e democratici e tutelano la privacy delle persone. Al momento, tra l’altro, non sono ancora chiari i dati relativi ai contagi ed ai decessi totali in Cina, per cui non vi sono parametri scientifici che possano far pensare all’efficacia del modello stesso nemmeno dal punto di vista sanitario.

La soluzione individuata in Italia relativa ad una applicazione informatica di tracciamento individuale, acquisita dal modello cinese e/o dal modello della Corea del Sud, dovrà essere applicata senza limitare in alcun modo le libertà costituzionalmente garantite, per cui richiede necessariamente un’adesione volontaria dell’utente.Si presenta però una serie di problemi pratici che rischiano di portare ad una scarsa efficacia dello strumento:

– il fatto che la app debba essere scaricata volontariamente ed utilizzata correttamente; quand’anche venisse scaricata, ma il dispositivo non seguisse tutti i movimenti dell’utente (fosse lasciato a casa), il tracciamento della persona sarebbe scorretto ed ingannerebbe il sistema, che registrerebbe informazioni non veritiere ed agirebbe di conseguenza;

– Ci sono persone che abitualmente usano piu telefoni (il sistema registrerebbe un assembramento individuando falsi positivi)(www.agendadigitale-eu)

– Lo strumento informatico presenta maggiori difficoltà di utilizzo per la popolazione anziana, considerata la fascia di età più rischio.

– Vi sono diversi problemi e tecnici e tecnologici: c’è imprecisione del sistema relativamente a dispositivi che ricevono segnali bluetooth fino a 30 metri, senza essere in grado di determinare la distanza; le interferenze posso anche impedire che due dispositivi si connettano tra di loro anche entro due metri. Secondo lo studio dei ricercatori Ada Lovelace molti contatti andrebbero persi, mentre altri verrebbero registrati per errore (www..0585news.comCoronavirus: Perché ci sono dubbi sulle app di tracciamento dei contatti?)

– la tracciabilità dei contatti digitali potrebbe essere vulnerabile a potenziali forme di frode ed abuso da parte di malintenzionati che utilizzano più dispositivi, false segnalazioni di infezione, attacchi di negazione del servizio ecc.” (www..0585news.com)..

– per tutelare maggiormente i dati degli utenti verrà adottato un modello decentralizzato, senza alcuna banca dati centrale, che lascia le informazioni nei singoli dispositivi e attiva la segnalazione solo quando emerge un positivo

– È emerso nel dibattito politico e giornalistico il tema della violazione della privacy e delle ricadute sulla vendita dei dati personali (big data), e questo è probabile che abbia già determinato nell’opinione pubblica una sfiducia tale da rendere insufficiente il numero delle persone che decideranno di scaricare la app.

Risolte tutte queste criticità, comunque sia, una volta individuato il caso positivo ed i potenziali contatti, al fine di svolgere un’azione efficace, dovranno necessariamente intervenire i sanitari ed i poteri preposti a livello locale, per verificare la possibile catena di contagi (attività che è già stata svolta, fino ad oggi).

 Che fare nel caso Immuni fallisse?

Occorre sempre avere un “piano B”, quando non si ha la certezza assoluta del successo del “piano A”. Se l’importanza del tracciamento dei positivi sarà davvero strategica, ciò che accadrà nella fase 2 non può dipendere esclusivamente dal successo di “Immuni”. Forse il solo piano B realizzabile a questo punto è il tracciamento manuale, basato sull’interazione tra municipalità e aziende sanitarie, che permetta di aggiornare un database regionale ed attivare messaggi di allerta per la quarantena. In realtà, pur avendo un potenziale tecnologico impressionate, con telecamere di sorveglianza e riconoscimento facciale e quant’altro, anche gli stessi cinesi hanno adottato per raccogliere i dati il vecchio metodo del dispiegamento di funzionari nel territorio, e di presenza diretta nelle comunità. Questa modalità, sicuramente è più impegnativa dal punto di vista organizzativo di un sistema totalmente automatizzato di raccolta dati, è però anche più preciso, perché non soffre del limite dell’adesione volontaria, copre l’intera popolazione, e se è immediatamente supportata da una applicazione informatica specifica è anche tempestiva, anonima e non invasiva sulla privacy. L’ipotesi di fattibilità per il tracciamento manuale si basa su di un modello organizzativo che comporta la suddivisione del territorio nazionale in quadranti di circa 10.000 abitanti. Ogni quadrante è sotto la responsabilità di un coordinatore (che potrebbe essere il Sindaco, che è già Autorità sanitaria e responsabile della protezione Civile, o un suo delegato, nelle municipalità o quartieri)  ed un team tecnico per il tracciamento che, in collegamento con le autorità sanitarie (ASP) e con la protezione civile, che si attivi immediatamente e intervenga per individuare la catena dei contatti. I dati acquisiti, trasmessi alle regioni, ed immessi in forma anonima in un Data Base,  attivano l’allert per la quarantena ai contatti del positivo, in maniera anonima e tempestiva. Lo sforzo organizzativo di un sistema di tracciamento manuale è sicuramente maggiore di un sistema automatico, ma il principio di ridondanza che garantisce la robustezza dei sistemi (caratteristica essenziale per assicurarne l’efficienza nelle condizioni di criticità) imporrebbe lo studio dettagliato del modello organizzativo, sono all’individuazione delle responsabilità e delle strutture operative, alla codifica delle procedure, alla predisposizione del database e del sistema informatico di caricamento decentrato dati e lancio degli allert. Per essere realmente pronti ad ogni evenienza si dovrebbe fare anche la sperimentazione in quadranti tipo, finalizzata alla correzione degli errori ed al perfezionamento dei sistemi.

Auspico che si risolvano tutti i problemi relativi alla sicurezza dei dati e che Immuni funzioni perfettamente, quindi che non ci sia bisogno di tracciamento manuale. Tuttavia è saggio predisporre e perfezionare anche il piano B, perché l’Italia non si può permettere di affrontare la cosiddetta Fase 2 scommettendo tutto sul successo di un progetto il cui esito al momento appare ancora abbastanza incerto.

Alberto Pagani


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