Kissinger e il mondo dopo il Coronavirus

L’articolo di Henry Kissinger pubblicato sul Wall Strett Journal alcuni giorni fa ha posto alcuni interrogativi sul futuro del mondo dopo la pandemia di Coronavirus su sui è giusto confrontarsi. Cosa ci aspetta dopo la fine di questa crisi e cosa potrà accadere nei prossimi anni a livello internazionale? Che ruolo potrà avere l’Italia? Sul nostro blog il dibattito è aperto.

Henry Kissinger, è ancora oggi uno dei maestri viventi della politica internazionale. Già Segretario di Stato e Consigliere per la sicurezza nazionale dei Presidenti Nixon e Ford, protagonista nei primi anni Settanta dell’apertura del confronto diplomatico tra Stati Uniti e Cina, ha pubblicato pochi giorni fa, sulle colonne del Wall street Journal, un lungo editoriale dedicato all’analisi della crisi globale generata dalla pandemia del nuovo Coronavirus. Un’analisi incentrata non solo sull’attualità dell’emergenza sanitaria, quanto anche suoi possibili effetti che nei prossimi mesi e anni  potrebbero determinare un cambiamento radicale degli equilibri mondiali, a livello politico ed economico.

Sulle colonne di questo nostro blog Nazzareno Tirino ha provato a commentare l’analisi di Kissinger aprendo anche una riflessione sulle prospettive possibili del dopo crisi. Ma come Kissinger, da diversi giorni in tanti tra esperti, analisiti, accademici, stanno proponendo analisi e opinioni, più o meno autorevoli, in riferimento ai possibili cambiamenti che questa emergenza nuova e improvvisa sta producendo sul mondo e sulle relazioni tra stati.

L’autorevolezza e l’importanza della voce di Henry Kissinger ha però gettato probabilmente una luce diversa su questa discussione. Non solo per la profondità del suo pensiero, ma anche perché indubbiamente ha posto alcuni interrogativi rilevanti e decisivi su cui è giusto riflettere su quelli che potranno essere gli assetti futuri del mondo dopo questa crisi.

Sembra oggi difficile, molto, porsi questo genere di domande, e sicuramente lo è. L’emergenza non è affatto finita, non sappiamo ancora molto del virus, della sua diffusione, di molte sue caratteristiche. Non sappiamo quanto la pandemia sarà lunga, se vi sarà una seconda ondata e quando potremo mettere in campo un vaccino e cure efficaci in grado di sconfiggere questo virus. Ma oltre ad augurarci che prima o poi la crisi sanitaria possa finire, dovremo prepararci anche ad affrontare il mondo che sarà, dopo la sua fine. Perché, oltre alla possibilità di dover convivere a lungo con questo stesso virus, o al rischio che altre emergenze simili si possano presentare di nuovo, siamo consapevoli che il mondo che verrà sarà diverso da quello che l’ha preceduta. Per questo motivo potrebbe essere utile una riflessione di ordine politico e strategico, intorno a una nuova possibile forma di ordine mondiale che possa governare i cambiamenti che terminata questa crisi si potrebbero presentare con un carattere stabile e duraturo. In estrema sintesi mi pare sia ciò che anche Kissinger si augura.

Purtroppo a oggi, anche per l’incertezza che aleggia intorno agli eventi presenti, è molto difficile intercettare con precisione le possibili evoluzioni future in una materia già complessa come la politica internazionale. Per provare a farlo è indispensabile tenere di conto che già prima dell’esplosione della pandemia stavamo assistendo, e vivendo, una fase di cambiamento profondo della politica, della società, dell’economia a livello globale. Un cambiamento in corso da alcuni anni, che stava mutando sia le relazioni tra stati che gli equilibri internazionali, con una sostanziale ridistribuzione di potere e influenza nel globo e una messa in discussione dell’ordine precedente.

Se ci concentriamo sul versante geopolitico ed economico, questa crisi, con il suo impatto dirompente su equilibri già precari, potrebbe accelerare il cambiamento già avviato e imprimere una svolta ad esso, aprendo davvero le porte di una nuova epoca.

Non è detto al momento che nessuna potenza globale o alleanza di paesi sia in grado di condizionare questa fase di trasformazione. Certamente per condizionare un processo così ampio e complesso, occorrono idee e strategie molto chiare che al momento sembrano mancare, almeno in Occidente. E già questo potrebbe bastare per spingerci a iniziare un ragionamento di ordine strategico finalizzato proprio a immaginare un ordine al mondo dopo la crisi.

Certamente Kissinger ha provato con il suo scritto a dare un’interpretazione alle possibilità che ci potremmo trovare ad affrontare dal punto di vista di un esperto politico e accademico di scuola realista che guarda con attenzione e consapevolezza non solo alla complessità del sistema internazionale, conoscendolo molto bene, ma anche al ruolo che l’America può e deve avere nell’ordine mondiale. Per noi, il ruolo che l’America e tutto l’Occidente, potranno avere nel costruire un “nuovo ordine internazionale”, o comunque contribuire a portare equilibrio nel disordine possibile dei prossimi anni, è tema di grande interesse.

Che genere di mondo potrà nascere dopo la fine della Pandemia è tutto da vedere. Intanto sarà fondamentale verificare l’impatto di questa crisi sulla psicologia collettiva e gli orientamenti individuali, anche nella stessa percezione dell’insicurezza e della paura. Può essere necessario tenere conto della possibilità che questa emergenza possa cambiare, o meno, l’approccio umano verso l’ambiente e verso anche le possibili emergenze ambientali che il mondo potrebbe offrirci in futuro. E va visto come, nel mondo post-Covid, processi come la rivoluzione digitale e la globalizzazione potranno evolvere.

Ma sul piano più stretto delle relazioni internazionali nel mondo del dopo crisi potremmo assistere all’affermarsi di varie ipotesi diverse. Potrebbe affermarsi una nuova forma di internazionalismo e di multilateralismo, magari con nuove istituzioni globali o con un rinnovamento di quelle esistenti, ma potrebbe anche formarsi un nuovo multilateralismo strutturato intorno a organizzazioni regionali, vecchie e nuove, oppure, affermarsi un nuovo sistema multipolare, magari sbilanciato in favore di alcune grandi potenze in competizione. Alla fine potrebbe anche formarsi un nuovo bipolarismo, con Usa e Cina su fronti opposti.

Che prevalga una logica multilateralista capace di sconfiggere competizione e rivalità nazionali per affermare la necessità di un “governo mondiale” non è certo, ma guardando indietro nella storia è più probabile il contrario, ovvero che un evento come questo potrebbe portare al riemergere dirompente di sentimenti nazionalistici, ambizioni egemoniche e vecchi/nuove conflittualità tra stati. In uno scenario simile, di competizione e rivalità ancora più marcate, il mondo potrebbe davvero avvampare. Forse proprio per scongiurare il rischio che la competizione e la tensione tendano sempre di più verso il disordine e l’insicurezza, o per limitarne i possibili pericoli, portare il sistema ad un nuovo equilibrio e cercare di definire una nuova guida, anche collettiva, o nuove regole comuni per stabilizzare il sistema potrebbero essere un obiettivo da perseguire in tempi rapidi.

Il mondo politico, diplomatico, accademico sono oggi chiamati ad interrogarsi sulle possibili traiettorie che si potrebbero determinare, nei prossimi anni, negli assetti politico/economici globali.  Non si tratta di una discussione banale ne semplice, ma è necessaria, anche in relazione al futuro dell’Europa e dell’Italia. Iniziare a cercare alcune risposte, anche in questa fase in cui la crisi non è finita ma è sempre più impellente iniziare a immaginare un “dopo”, può essere non solo utile, ma  necessario. Soprattutto in un paese poco abituato alla riflessione strategica e al confronto sulla politica estera, come l’Italia, lo può essere ancora di più.

Per quello che ci riguarda proveremo a dare il nostro contributo a questo confronto, dalle colonne del nostro blog, per immaginare un “dopo crisi” in cui l’Italia e l’Occidente siano ancora protagonisti.   

Enrico Casini

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