La revisione dell’ordine mondiale nell’analisi di Henry Kissinger e il potenziale delle istituzioni internazionali

Henry Kissinger ha pubblicato pochi giorni fa un importante editoriale sul Wall Street Journal che ha suscitato un ampio dibattito in tutto l’Occidente. Il punto di vista di Nazzareno Tirino

L’analisi internazionale pubblicata sul Wall Street Journal (The Coronavirus Pandemic Will Forever Alter the World Order, 04/04/2020) dal Premio Nobel per la Pace del 1973 Henry Kissinger sottolinea lo stratificarsi di problemi connessi alla gestione del Covid 19. Effettivamente il dramma sanitario è solamente il primo tra i problemi da affrontare mentre i fattori politici ed economici possono essere risolti solo congiuntamente nel medio periodo. Se la “fase 1” ha affaticato numerosi Paesi nella gestione dell’emergenza le fasi successive hanno tempistiche che potrebbero superare le previsioni odierne. Gli effetti sociali altresì dureranno per intere generazioni fondando il rapporto tra i cittadini sulla distanza invece che sulla vicinanza e fratellanza. Questo ultimo è il valore che, rispetto a libertà ed eguaglianza, non ha mai trovato attuazione piena nella modernità occidentale sviluppatasi dai propositi della Rivoluzione Francese. 

Tuttavia il Professore Kissinger non sottolinea che il modello globale delle relazioni internazionali non fornisce alcuna possibilità di progressiva trasformazione sostanziale. Lungamente nei decenni scorsi le mirabili innovazioni tecnologiche o i conflitti asimmetrici globalmente diffusi hanno presagito ad una trasformazione completa mai avvenuta. Lo stato nazione resta l’elemento centrale delle relazioni internazionali e il suo ruolo è proteggere i cittadini in funzioni pubbliche non esercitabili dal singolo. Pertanto, a meno di una distruzione e una rifondazione dell’intera struttura politica, che avrebbe effetti tragici nella quotidianità, non si intravedono margini di trasformazione completa dell’Ordine Mondiale come invece Professore Kissinger lascia intendere. Oltremodo l’ordinamento internazionale ha mostrato sempre una resilienza nel lungo periodo superiore alla sommatoria di quella degli Stati che lo compongono.

Invece ciò che si trasformerà maggiormente sarà il modello sociale interno agli Stati. Ciascun sistema politico nazionale, influenzato dalle diverse culture locali, è solito difendere i propri confini immaginando che i maggiori rischi alla sopravvivenza provengano dall’esterno. Quello stesso modello tornerà a considerare l’impatto della geografia e le variabili ambientali per cui le istituzioni statali hanno assunto forme diverse in ciascun paese. In tal senso quindi, anche protetti al proprio interno, potrebbero svilupparsi in futuro negli stati nazionali minacce globali che richiedono un approccio sovranazionale per la risoluzione. Sarà necessario, per superare la crisi connessa al Covid-19, individuare una sommatoria di decisioni politiche ed economiche che ricadano direttamente sui singoli stati prima di potere intaccare l’ordine internazionale. Il caso che maggiormente ricorda un tentativo internazionale analogo fu il Washington Consensus, un termine inventato dell’economista inglese John Williamson per descrivere nel 1989 una serie di misure atte ad applicarsi in maniera standard ai paesi in via di sviluppo in piena crisi economica. Immaginando infatti un pacchetto di misure condivise tra i paesi allora si potrebbe accettare una soluzione politica ed economica nel lungo termine nell’interesse comune. In effetti, pur non facendo un riferimento diretto al ruolo delle istituzioni internazionali, il Prof. Henry Kissinger tralascia una possibilità, ovvero che siano proprio le istituzioni globali a recuperare il proprio ruolo ed apparire indispensabili quando i problemi sono internazionali. Già nel secolo scorso, a seguito delle due guerre mondiali, la nascita dell’ONU e delle numerose agenzie connesse ha aperto prospettive inaspettate. Forse, come nel Novecento, quelle istituzioni si adatteranno alle necessità per promuovere la pace e i progressi sociali indispensabili negli anni a seguire, come hanno fatto (purtroppo in maniera disomogenea) per i diritti umani, la protezione dei bambini, l’alfabetizzazione, la promozione del ruolo sociale delle donne e per le necessità sanitarie globali. In particolare tornando ancora più indietro, di un ulteriore secolo, la politica internazionale potrebbe tornare ad essere ciò che fu genericamente la politica nelle considerazioni di Otto Von Bismarck del 1833: “l’arte del possibile”. Le organizzazioni internazionali sono ad oggi il maggior risultato raggiunto per la soluzione dei problemi definiti di human security e forse contengono possibilità inesplorate. Nel lungo termine si tratta tuttavia di rimuovere i limiti all’azione di tali istituzioni piuttosto che coordinarne nuove imposizioni. Il Professore Kissinger ricorda le prospettive in caso di mancanza di visione dei leader moderni ovvero il rischio di un fallimento talmente ampio da disgregare il parziale equilibrio mondiale (letteralmente scrive l’ex Segretario di Stato statunitense “Failure could set the world on fire”).

Si può quindi considerare che il superamento della crisi odierna e la preparazione contro le eventuali crisi future potrebbero far si che il nuovo Ordine Mondiale sia “diversamente globalizzato” ma più internazionale.

Nazzareno Tirino

Nell’immagine la Bandiera delle Nazioni Unite


Le posizioni espresse sono strettamente personali e potrebbero non riflettere necessariamente le posizioni di Europa Atlantica

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