Come la NATO sostiene la ricerca scientifica contro il Covid-19

Una nuova fase si apre nell’azione dell’Alleanza contro il nuovo Coronavirus. La presentazione del finanziamento, attraverso il programma SPS NATO, di un progetto di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità italiano, realizzato in una collaborazione italo-svizzera

Nella giornata di martedì 5 maggio, la NATO, attraverso il Science for Peace and Security Programme (SPS), ha lanciato il finanziamento di un importante progetto biennale in cooperazione con l’Istituto Superiore di Sanità italiano e gli ospedali universitari di Tor Vergata e di Basilea per mettere a punto nuovi “tools” di contrasto al Coronavirus. Obiettivo del breve periodo è immettere sul mercato nuovi strumenti diagnostici, nel medio favorire la salute pubblica attraverso tecnologie innovative riguardanti la telemedicina e una precoce analisi di nuovi rischi di epidemie.

Attraverso questo evento di presentazione, a cui erano presenti e sono intervenuti il Dr. Antonio Missiroli, NATO’s Assistant Secretary General for Emerging Security Challenges, l’Ambasciatore Francesco M. Talo’, Rappresentante permanente italiano alla NATO, l’Ambasciatore Philippe Brandt, Ambasciatore svizero presso il Regno del Belgio e Capo della missione svizzera presso la NATO e il Prof. Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità italiano, è stato illustrato l’impegno e il supporto che la NATO fornirà al progetto e l’avvio di questa interessante collaborazione scientifica.

Si tratta del primo progetto di questo tipo che coinvolge immunologi, virologi e biologi molecolari di più paesi, ma che, soprattutto, in una fase di cambiamento rilevante sul piano geopolitico globale, che potrebbe interessare anche le storiche alleanze costituitesi dopo la Seconda Guerra Mondiale, rimette al centro l’importanza dell’Alleanza Atlantica, in un campo di grande interesse, data anche la drammaticità del momento e l’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto su tutta l’area euro-atlantica. La NATO, con questa iniziativa, passa infatti  a una sorta di “Fase 2” nella lotta al Coronavirus, col finanziamento di progetti di ricerca scientifica e medica contro il virus, dopo l’attività promossa negli scorsi mesi attraverso il sostegno logistico e il lavoro di coordinamento tra alleati nel reperimento e nel trasferimento di aiuti verso i paesi membri e partner che ne manifestavano la necessità. Come per esempio è stato per l’Italia, che ha notevolmente potuto usufruire degli aiuti giunti da numerosi paesi alleati, ma anche per la Spagna.

Il programma, Science for Peace and Security (SPS), è uno dei più importanti programmi dell’Alleanza in supporto di scienza e tecnologie civili rilevanti per la sicurezza collettiva. Oltre a questo progetto innovativo, diverse altre attività del programma SPS stanno anche supportando lo sviluppo di nuove tecnologie e capacità relative alla lotta contro COVID-19. Attraverso anche questo programma di sostegno alla scienza, può contribuire a ridisegnare quindi anche le funzioni che hanno caratterizzato più di 70 anni di storia della NATO, aumentandone le capacità di intervento, incentrate prevalentemente su un’idea di difesa comune e sicurezza collettiva tra i paesi aderenti, oggi esposta anche a nuove forme di insidie e di minacce non più solamente di natura militare e convenzionale. E’ evidente che a questo cambio di prospettiva dell’Alleanza e al suo adattamento alle nuove forme di minaccia e di crisi, tra cui anche quelle di carattere biologico e ambientale, si possa dare anche un’altra lettura e in questo ci viene in aiuto lo storytelling degli ultimi mesi: i media, l’opinione pubblica, i decision makers hanno messo più volte al centro il tema della “guerra” rispetto al Covid-19, paragonandola anche ad altri grandi conflitti della storia. La NATO, con la sua azione in ambito di contrasto al Virus, oltre intervenire in un’emergenza sanitaria, starebbe anche continuando ad agire lungo il crinale del settore della difesa e sta mettendo in atto una nuova policy che riguarda una sorta di “guerra moderna” non comune, stavolta contro un nemico invisibile, il virus, e comunque a tutela della sicurezza collettiva dei cittadini dei paesi membri. Ed è altrettanto evidente che una “guerra” contro un’epidemia come quella attuale si vince anche investendo nel settore della ricerca scientifica.

La NATO anche attraverso il Programma della Scienza per la Pace e la Sicurezza vuole riprendersi la scena e giocare una partita da protagonista in quelli che sono i nuovi equilibri geopolitici mondiali. Già nel 2010, come sottolineato in conferenza stampa, si parlava di un ripensamento dell’Alleanza e della sua strategia per fronteggiare tutti i rischi a cui gli Stati membri potessero andare incontro, a partire da quelli legati al cambiamento climatico: ora, anche con l’emergenza dell’epidemia di Covid-19, si sono create le condizioni affinché si affermasse un nuovo salto in avanti dell’Alleanza, al motto di “United we can make it”.

Alessandro Fonti è membro del Comitato di Direzione di Europa Atlantica

Enrico Casini è Direttore di Europa Atlantica


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