Come la pandemia può influenzare il terrorismo

L’analisi di Lorenzo Vidino, Direttore del programma sull’estremismo della George Washington University.

Come ogni ambito di attività umana, anche il mondo dell’estremismo è stato sconvolto dalla pandemia in corso. Dai sofisticati gruppi islamisti alle chat informali di neo-nazisti, estremisti di ogni tipologia e ogni dove parlano di ogni aspetto del virus, dalle sue origini a come giovarsene. Molti di questi dibattiti avvengono su internet, da anni la cassa di risonanza principale di ogni movimento estremista, ma hanno ripercussioni ben al di là del mondo virtuale, e pertanto preoccupano non poco le intelligence di mezzo mondo che, dal canto loro, operano con nuove e imprevedibili limitazioni imposte dal virus.

La prima reazione, quasi istintiva, di estremisti di ogni colore è stata quella di vedere il virus come un complotto, una macchinazione ordita dai propri nemici classici (e qui il minimo comune denominatore è spesso l’antisemitismo, con gli ebrei visti da islamisti, neo-nazisti e altri come perfidi creatori e diffusori del virus). Ma col passare del tempo il mondo dell’estremismo ha preso posizioni più articolate, per quanto spesso contraddittorie.

Da una parte, infatti, il virus è stato visto come un alleato che flagella i nemici. Gruppi jihadisti hanno prima celebrato il fatto che si fosse abbattuto sulla Cina, dato il trattamento che Pechino riserva alla minoranza musulmana di etnia uigura, e poi sui paesi occidentali. La propaganda dell’ISIS, sempre attivissima online, ha parlato del Coronavirus come di un “soldato di Allah” che semina morte tra le “nazioni crociate.” Al Qaeda ha pubblicato una approfondita analisi dei danni che il virus ha inflitto alle economie occidentali, deducendo che la cosa avrà un impatto sul loro apparati militari e di sicurezza. E l’impreparazione delle democrazie occidentali è stata dipinta dal mondo jihadista come una prova del fallimento di quel modello, una tigre di carta incapace di difendere i propri cittadini.

Quando è però divenuto chiaro che il virus non discrimina e colpisce tutti, il mondo jihadista ha iniziato a dipingerlo anche come una punizione contro i musulmani stessi, colpevoli di non attenersi ai dettami dell’islam e non ottemperare al sacro obbligo della jihad. Non mancano anche guide pratiche per jihadisti, veri propri vademecum in cui gruppi quali ISIS e al Qaeda istruiscono i propri adepti a sopravvivere la pandemia e continuare la propria militanza.

Ed è proprio sul cosa fare che ferve il dibattito in seno ai network estremisti di ogni denominazione. Il virus porta infatti una serie di difficoltà e, al tempo stesso, opportunità imprevedibili solo qualche mese fa. Per gruppi terroristi che controllano territorio, quali Hamas e Hezbollah, il virus li mette davanti all’arduo compito di provvedere alla popolazione che governano. I talebani, freschi di accordo di pace con gli Stati Uniti, hanno distribuito cibo e inaugurato in pompa magna centri medici (abili operazioni mediatiche mentre fino a qualche mese fa attaccavano operatori sanitari che cercavano di vaccinare la popolazione). Per altri, come varie affiliazioni dell’ISIS in Africa, il virus è un’opportunità per espandersi sfruttando la distrazione della comunità internazionale.

In Occidente non si sono visti attacchi significativi legati al jihadismo da quando è scoppiata l’emergenza. Si sono però registrati eventi problematici legati all’estremismo di destra, in particolare negli Stati Uniti. Il virus e il conseguente lockdown hanno scatenato il mondo eterogeneo e non strutturato, ma vastissimo e stra-armato, dell’estremismo interno a stelle e strisce. La folta presenza di manifestanti con fucili automatici, cosa legale ma chiaramente problematica, davanti ai parlamenti di vari stati sono indicativi della potenziale deriva violenta del fermento che cresce in quel mondo. Particolarmente temuti sono gli “accellerazionisti,”estremisti bianchi che vogliono far precipitare attraverso atti spettacolari quella che loro ritengono una inevitabile guerra di razza. E già a marzo l’FBI ha intercettato un estremista con simpatie razziste e anti-governative che pianificava di far saltare un ospedale che cura casi di corona in Missouri.

E’ innanzitutto su internet che le varie idee complottistiche, estremiste e violente si diffondono. E ciò è ancora più vero oggi, con mezzo mondo chiuso in casa in isolamento e a navigare sul web. Il seme dell’odio si muove non più tanto come anni fa su Facebook e Twitter, ma su una miriade di piccole piattaforme e app, spesso altamente criptate e pertanto difficili da monitorare.

Nessuno sa quanto durerà l’emergenza, ma è chiaro che, anche nelle migliore delle ipotesi, le sue ripercussioni sociali, politiche ed economiche saranno percepite a lungo termine, creando gli spazi ideali dove cresce l’estremismo. Ciò è vero a livello globale come da noi— non a caso una recente circolare del Ministero dell’Interno metteva in guardia sul “manifestarsi di focolai di espressione estremistica” in Italia. L’anti-terrorismo è più che comprensibilmente diventato un argomento di nicchia, oscurato dai drammi sanitari ed economici causati dalla crisi che stiamo vivendo. Purtroppo però a un minore interesse nostro non corrisponde necessariamente una minore severità del problema estremismo, anzi.  

Lorenzo Vidino è Direttore del programma sull’estremismo della George Washington University

Fonte immagine sito Nato.int


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