La NATO nei Balcani: l’impegno per la sicurezza e contro il Covid-19

L’area balcanica è da molti anni al centro dell’impegno della NATO per la sicurezza europea. L’emergenza Covid-19 ha visto nelle ultime settimane numerose attività degli alleati nella regione.

Tutto il continente europeo è stato duramente colpito dalla diffusione del nuovo Coronavirus SARS-Cov2, con alcuni grandi paesi, membri fondatori dell’Alleanza Atlantica, come Italia, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Germania, Belgio colpiti in maniera particolarmente grave dalla pandemia.

In questi mesi di emergenza la NATO è stata molto coinvolta nell’intervenire in soccorso sia dei propri membri, come avvenuto per esempio per Italia e Spagna nelle settimane più acute della crisi, ma anche verso paesi partner, in Europa, nel bacino del Mediterraneo o verso altre aree esterne. Gli USA, nonostante la gravità della crisi in corso nel territorio nazionale, sono stati anche in ambito NATO, tra i più impegnati nel prestare soccorso anche in Europa e nel resto del mondo.

Un’area in Europa che, a fronte di dati comunque non tra i più elevati nei contagi, sembra aver subito conseguenze rilevanti dalla pandemia è stata indubbiamente quella dei Balcani occidentali. La diffusione del virus sembrerebbe, a fronte dei dati ufficiali, aver interessato particolarmente sopratutto la Serbia, il paese più grande, ma non ha risparmiato gli altri, a partire dai più recenti paesi divenuti membri dell’Alleanza come Montenegro e Macedonia del Nord. Ma a fronte della diffusione del virus nella regione, in parte apparentemente contenuta come in tutta l’Europa orientale probabilmente anche per l’applicazione di stringenti misure di contenimento fin dagli inizi della crisi, la regione balcanica ha comunque risentito della gravità della  crisi, facendo appello al sostegno e al soccorso dei paesi alleati che ovviamente non è mancato.

Durante tutto il periodo dell’emergenza, fino a questi giorni, numerosi voli e trasporti coordinati in ambito NATO hanno condotto nei paesi balcanici, dal Montenegro alla Macedonia del Nord, all’Albania, ma anche verso Bosnia, Serbia, e Kosovo, un costante afflusso di aiuti di natura medica e sanitaria. Ultimi in ordine di tempo quelli giunti nei paesi della regione dalla Polonia, ma è doveroso ricordare il contributo arrivato anche dagli altri paesi alleati, in forme diverse, per esempio da Stati Uniti, Germania, Olanda, e anche dall’Italia (a partire da quello che riguarda l’impegno italiano in Kosovo).

I paesi balcanici sembrano scontare, in questa emergenza, i problemi strutturali e le carenze derivanti dai loro sistemi sanitari, più fragili rispetto a quelli europei, e anche l’assenza di personale medico. Ma oltre ai problemi di tipo sanitario, ciò che più preoccupa è l’impatto economico e sociale, con le relative conseguente di natura politica, che la crisi pandemica sta avendo e potrà avere anche nei prossimi mesi nei paesi dell’area. La brusca riduzione di rimesse economiche dall’estero, da parte dei lavoratori originari di questi paesi immigrati in particolare in Italia, Germania, Austria, e nel resto d’Europa, sono risultati particolarmente rilevanti e posso incidere con gravità nelle economie locali, insieme alla riduzione della produzione industriale, agli scambi commerciali, ai rischi per gli investimenti esteri fino all’impatto della pandemia sui flussi turistici. I rischi, in una regione dove ancora oggi i problemi legati alle tensioni sociali e politiche sono moltissimi e dove la fragilità dei sistemi istituzionali è sempre molto elevata, sono numerosi. Interessano sia la stabilità politica che la sicurezza della regione, che rimane una cerniera strategica tra est e ovest Europa e tra sud e nord del Mediterraneo. I Balcani sono anche, da anni, crocevia anche di flussi migratori e di traffici illegali, con alcune aree, in particolare il Kosovo e la Bosnia, dove non sono in tempi recenti mancati l’emergere di numerosi casi di radicalizzazione violenta anche di tipo jihadista e dove le tensioni, derivanti dai conflitti degli anni novanta, possono sempre riesplodere. Con le conseguenti possibili ripercussioni in tutta Europa, Italia in primis.

La NATO sta prestando un’opera di soccorso fondamentale, non solo per i paesi membri dell’Alleanza presenti nell’area, ma anche per rafforzare il suo costante impegno, per garantire stabilità e sicurezza nella regione.  Un impegno iniziato negli anni novanta del Novecento. Infatti, i Balcani sono stati il primo banco di prova per la costruzione della NATO post- Guerra Fredda. Data la violenza e la gravità degli eventi che interessarono la ex Yugoslavia a partire dai primi novanta, non a caso è stato proprio in questa regione martoriata dai conflitti, all’apice della guerra in Bosnia, che l’Alleanza è stata impegnata nelle sue prime operazioni militari e nelle prime missioni internazionali. L’intervento del 1999 in Kosovo è stato il più rilevante nella regione e ha dato poi vita ad una missione, KFOR, che da venti anni coinvolge i paesi NATO (Italia in particolare) proprio per garantire il processo di stabilizzazione e la sicurezza dell’area.

Proprio in Kosovo le attività per la sicurezza e l’impegno della NATO, e dell’Italia, contro la diffusione del Coronavirus sono state in queste settimane tra le più importanti. A partire dal lavoro degli uomini dei contingenti presenti nel piccolo paese nel quadro di KFOR, di cui l’Italia detiene il comando, il lavoro di soccorso alla popolazione e alle istituzioni locali è stato particolarmente utile, in un momento così grave di crisi e di emergenza. Un lavoro che si conferma nel solco dell’impegno e dell’interesse NATO in tutta la regione, iniziato molto tempo fin dal vertice di Oslo del 1992 e proseguito attraverso missioni ed operazioni che hanno avuto un ruolo determinante anche nel processo evolutivo della stessa Alleanza fino ad oggi.

In questa fase di crisi globale, con rischi e minacce alla sicurezza internazionale che derivano sia dal contagio ancora in corso ma anche dalle conseguenze e dagli effetti che la pandemia potrebbe avere o produrre, l’area dei Balcani occidentali potrebbe risultare particolarmente esposta. Essa non solo è gravata da numerosi problemi che possono influire sulla stabilità dei suoi governi, ma è al centro del confronto strategico e delle mire geopolitiche di numerosi paesi e potenze esterni all’Europa.

  Le attività che la NATO vi sta svolgendo possono risultare molto importanti per garantire stabilità e sicurezza non solo per superare l’emergenza attuale, ma anche in prospettiva, guardando al dopo pandemia, per rafforzare il processo di integrazione dei paesi balcanici e il loro coinvolgimento in Europa. Dagli anni novanta ad oggi sono stati fatti passi da gigante nelle relazioni con i paesi dell’area, lavoro in cui anche l’Italia ha dato un contributo decisivo, e non è un caso se già oggi Slovenia e Croazia sono diventati membri sia della NATO che dell’Unione Europea mentre Montenegro, Albania e Macedonia del Nord sono membri NATO, con ambizioni anche di ingresso nell’UE.

Come la storia insegna, il coinvolgimento dei Balcani occidentali sarà rilevante, sia in ottica economica e politica, ma anche per promuovere la sicurezza europea, anche dopo la crisi del Covid-19. Il ruolo che la NATO, anche in questa partita strategica, potrà giocare, sarà decisivo.


Fonte immagine sito ufficiale NATO.int

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *