Italia e Covid19. Tra solidarietà europea e scelte strategiche.

Durante l’emergenza pandemica chi sono stati i paesi che hanno maggiormente sostenuto l’Italia? Quale è la percezione sul posizionamento internazionale del paese e sull’Europa a quattro mesi dallo scoppio della crisi. L’analisi di Teresa Coratella (ECFR)

Con la fase emergenziale temporaneamente alle spalle e nel pieno di difficili negoziati europei sul piano di rilancio Covid19, emergono due interessanti considerazioni sull’ Italia in tempi Covid19.

La prima, come si evince da un nuovo rapporto ECFR pubblicato il 24 giugno a cura di Mark Leonard ed Ivan Krastev, sulla base di dati raccolti in nove paesi membri dell’ UE che rappresentano i due terzi della popolazione europea, la maggioranza degli italiani vorrebbe più azione europea coordinata e meno populismo per rispondere alla crisi covid19. Nello specifico, sebbene il 63% degli italiani abbia considerato inefficace l’azione europea di risposta al virus ed il 58% ritenga che la performance delle istituzioni europee sia peggiorata, il 77% di essi è tuttavia convinto che la crisi del coronavirus abbia dimostrato la necessità di una maggiore cooperazione all’interno dell’UE: questo significa che dopo una fase iniziale di abbaglio dal “Sogno Cinese”, ed in parte russo, gli italiani guardano nuovamente all’Europa come principale attore e sostegno nella gestione della fase economica della crisi. Il dato italiano è il più alto tra i nove paesi intervistati (Portogallo, Spagna, Italia, Polonia, Germania, Francia, Bulgaria, Danimarca, Svezia) e segue solo il Portogallo (91%), paese tra i meno colpiti e tra i più grandi sostenitori della solidarietà europea, e la Spagna (80%).

Dato non scontato se pensiamo al focus della narrazione pubblica italiana degli ultimi 3 mesi in cui l’Europa è apparsa inizialmente timida ed incerta nell’ intraprendere azioni per sostenere cittadini e stati europei in uno dei momenti più bui della storia europea dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ed in cui Cina e Russia sembravano emergere come pilastri della gestione emergenziale della crisi.

Il che ci porta alla seconda considerazione su quanto l’Italia abbia realmente beneficiato della solidarietà europea, insieme a quella delle Grandi Potenze in competizione a livello globale, tra esse Cina, Russia e Stati Uniti. Come dimostrano i dati della Mappatura interattiva di ECFR Solidarity Tracker, l’Italia è stata tra i primi beneficiari del sostegno e dell’azione europea da parte di cittadini, istituzioni e governi, constatazione che contrasta una parte della narrativa pubblica italiana meno europeista.

Tra i principali sostenitori dell’Italia, paesi colpiti in simile misura, come la Francia con una donazione di 1 milione di mascherine; come anche stati membri con cui l’Italia solitamente non stringe particolari coalizioni in seno all’UE e con cui le posizioni a livello europeo, soprattutto sulle questioni finanziarie e fiscali, divergono sostanzialmente. Questo è il caso degli stati membri più piccoli come Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania e Slovenia. O dei Visegrad e Frugali i quali hanno offerto materiale sanitario, personale medico e strutture nazionali per accogliere i pazienti italiani.

La solidarietà pan-europea è stata resa possibile grazie a strumenti UE, come il Meccanismo di protezione civile come anche NATO, nel caso del Centro di coordinamento euro-atlantico per la risposta alle catastrofi. La componente atlantica della solidarietà all’Italia è stata dunque presente, costante ed importante, soprattutto se pensiamo a come la pandemia stia oggi colpendo gli Stati Uniti. Tuttavia, è stata narrata, a livello nazionale come anche europeo, in toni minori rispetto a quella cinese e russa, più dirette ed efficaci. Basti pensare al piano da 100 milioni di dollari annunciato dal Presidente Trump il 31 marzo come anche alle azioni concrete di invio di materiali dalla base militare americana di Ramstein e dalla Defense Security Cooperation Agency.

Con lo scoppio della crisi Covid19, ha avuto luogo un riposizionamento dell’ago della bilancia del sistema di narrazione pubblica delle tradizionali alleanze dell’Italia, temporaneamente sbilanciato verso Oriente a scapito dell’Atlantico, dato notevole considerati il tradizionale atlanticismo ed europeismo, pilastri della politica estera italiana. Tuttavia, come recenti sondaggi SWG hanno dimostrato, Europa e Washington sembrano nuovamente in cima alla classifica degli interlocutori con cui il governo italiano dovrebbe stringere alleanze, seguite da Russia e Cina, rispettivamente con il 41%, 13%, 11% e 10%.

Ad arricchire questo quadro della visione italiana degli Stati Uniti in tempi Covid19, i dati del sondaggio di ECFR secondo cui, alla domanda su come sia cambiata la percezione degli Stati Uniti durante la crisi, il dato più negativo è rappresentato dalla Danimarca con il 71%, Portogallo con il 70%, seguito da Germania con il 65% e poi con l’Italia al 48%. 

La crisi Covid19 segue quella finanziaria e migratoria. Tre crisi che hanno colpito l’Italia, stati membri UE ed Europa in diversa misura e attraverso differenti sfumature e dimensioni. Superata la fase emergenziale ed entrati in quella economica, determinante sarà come il governo italiano deciderà di posizionarsi, in Europa ed a livello globale, come raccontare tale posizionamento agli occhi dell’opinione pubblica italiana ed europea ma soprattutto quali alleanze rafforzare, in quale chiave farlo e se tenere o meno conto di quei pilastri a cui tradizionalmente guardiamo. Queste scelte saranno importanti per la salute, l’economia, per la strategia di lungo periodo del paese e per il ruolo che vogliamo avere a livello regionale e globale.

Teresa Coratella


Le opinioni espresse sono personali e potrebbero non necessariamente rappresentare le posizioni di Europa Atlantica

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