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Mentre aumentano i contagi anche nei paesi europei, cresce anche la paura per l’inizio di una seconda ondata, in vista soprattutto dell’Autunno. Un breve aggiornamento su dati e paesi colpiti dalla pandemia

Il timore di una seconda ondata è ormai sempre più diffuso anche in Europa. I dati sulla diffusione del Coronavirus nel Vecchio Continente provenienti non solo dai paesi dell’Europa Orientale e dai Balcani ma anche da Grecia, Francia e in particolare dalla Spagna, dove dallo scorso venerdì sono stati riscontrati numerosi nuovi contagi, appaiono sempre più preoccupanti. Anche in Italia, per quanto i numeri restino più contenuti, si è tornati a prime misure di contenimento per evitare la diffusione del virus soprattutto tra i più giovani (l’età media dei contagiati si è infatti abbassata nelle ultime settimane).

I paesi UE e il Regno Unito, che erano stati pesantemente colpiti in primavera e che comunque, grazie  a misure molto dure di chiusura e riduzione delle attività pubbliche erano riusciti a contrastare la diffusione del virus, devono oggi fare i conti con una nuova crescita di contagi, in questa fase finale dell’estate, che preoccupa esperti e analisti in vista sopratutto dell’autunno. Non sono infatti pochi i paesi che già oggi, anche in presenza di numeri comunque più bassi e contenuti rispetto ad alcuni mesi fa, si pongono seriamente il tema di come affrontare un eventuale rischio di nuova crescita della diffusione e una possibile seconda ondata. Nuovi focolai potrebbero prodursi nei primissimi mesi, con l’arrivo della stagione fredda, e il tema di come gestire la ripresa delle attività a settembre, in particolare delle scuole, è un tema centrale per tutti i governi europei e oggetto del confronto pubblico in molti paesi.

Di fatto mentre la corsa verso vaccino e cure sempre più efficaci accelera sempre di più, assumendo per certi versi i contorni di una autentica gara per chi riuscirà ad aggiudicarsi per primo il traguardo, la pandemia continua a crescere ed estendersi, facendo registrare di giorno in giorno nuovi record nei dati di contagio.

In Europa in alcuni paesi sono state reintrodotte nuove misure di contenimento e sono stati introdotti controlli obbligatori al rientro in patria dai paesi a rischio (si pensi all’Italia per i rientri da Croazia, Grecia, Spagna, Malta). Fuori dai confini europei, intorno ai confini dell’Unione, partendo da Russia, Mediterraneo orientale e Nord Africa la situazione è sempre  preoccupante. In alcuni paesi non è solo la gravità dell’emergenza sanitaria a destare preoccupazione ma anche le sue ricadute economiche e sociali, che potrebbero determinare anche pesanti ripercussioni sul piano politico sulla stabilità di regimi già molto fragili. La drammaticità della crisi e la lunghezza dell’emergenza sanitaria stanno provando duramente sistemi socio-economici già duramente a rischio, mentre i conflitti e le tensioni in corso, in molte aree del pianeta a partire dal Mediterraneo, sono tuttora in essere e non sembrano attenuarsi. I crolli vertiginosi del Pil dei paesi ricchi e le ripercussioni della pandemia sul commercio internazionale, il turismo, i trasporti, alcune produzioni industriali, sono il segno di una crisi davvero senza precedenti nella storia recente che potrebbe contribuire a cambiamenti anche sul piano politico internazionale.

Nel mondo ormai sono stati superati i 22 milioni di contagiati dall’inizio della pandemia. Il virus sta continuando a diffondesi e crescere a prescindere apparentemente dalla condizioni climatiche. India e Pakistan in Asia, America Latina, Sud Africa sono alcune della aree dove nelle ultime settimane il Covid ha fatto più contagi ed è continuato a crescere. Paesi come Brasile e Messico in America sono tra i più colpiti a livello internazionale, ma non destano minori preoccupazioni i dati provenienti dall’India e dall’Africa del Sud. Gli Usa restano ancora in assoluto il paese più colpito, alla vigilia delle elezioni presidenziali, e la gestione della pandemia rimane uno dei temi di maggiore scontro tra i candidati. La Convention democratica, che si sta svolgendo in queste ore, si tiene in gran parte in formato virtuale proprio per evitare rischi di contagio. Si tratta di una novità assoluta che sta cambiando anche il modo stesso di condurre le campagne elettorali, spostandole sempre di più dalle piazze reali a quelle virtuali.

Intanto il Covid e la crisi pandemica restano al centro anche del confronto politico, sia a livello internazionale che all’interno di molti paesi. Non solo per le accuse di strumentalizzazioni e di disinformazione legate a fakenews diffuse durante la crisi, scambiate reciprocamente tra diversi paesi in queste settimane, ma anche per le tensioni geopolitiche crescenti che con la crisi sembrano essersi in taluni casi accresciute, soprattutto in presenza di tensioni e rivalità già precedenti la pandemia.

La gravità della crisi però, come sulle colonne di questo blog è stato più volte segnalato, si potrebbe manifestare ancora di più a partire anche dalle prossime settimane, soprattutto sul piano economico, in particolare se i dati dei contagi dovessero ancora restare così alti. La corsa verso il vaccino diventa ogni giorno sempre più rilevante, ma è sempre più evidente, che le conseguenze non solo economiche, di questa lunga crisi pandemica potrebbero condizionare i prossimi anni sia a livello politico che sociale. La spinta verso lo smart working, l’e-commerce, la riduzione dei grandi eventi pubblici, le ripercussioni sul traffico aereo, sul turismo, sui consumi, la ristorazione, in molti paesi, potrebbero determinare, anche dopo la fine della pandemia cambiamenti significativi nelle stili di vita e nel modo di lavorare, viaggiare, consumare.

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