Pandemia, Infodemia e diffusione delle Teorie Cospirative

Con la pandemia da Coronavirus si sono moltiplicate le teorie del complotto, in modo particolare quelle che considerano il Sars-Cov2 come un atto politico-strategico portato avanti dall’elite contro il popolo. Ma cosa sono e come si strutturano? Il punto di vista psicologico.

Le teorie cospirative, o meglio definite “Cospiracy Miths” dato il carattere antiscientifico o pseudoscientifico, sono sempre state presenti nel pensiero umano e spesso ne hanno accompagnato le vicende ed i fatti politici. Il problema è che possono arrecare un danno ad una società, o ad un processo, in diversi modi riducendo, ad esempio, la credibilità nelle istituzioni, l’intenzione ad impegnarsi in attività politiche, oppure, non attuando comportanti consoni alla riduzione dell’impatto ambientale. Nel caso in cui ad essere messa in discussione è la scienza medica rappresentano anche un vulnus per la sicurezza del singolo e della comunità in cui vive.

L’incredibile infodemia a cui abbiamo assistito con la pandemia da Sars-Cov2 ne è un chiaro esempio: incertezza di durata e severità di malattia, minaccia sostenuta e scarso controllo sui risultati, Governi costretti ad applicare misure limitanti la libertà personale hanno creato il terreno fertile per il proliferare dei cospirazionisti nell’area Euro-Atlantica.

Le teorie cospirazioniste possono essere definite come un sistema di pensiero finalizzato ad interpretare, con spiegazioni semplici, problemi complessi. Proprio per questo possono essere attrattive, perché offrono la possibilità di interpretare, anche senza basi scientifiche consolidate, molti aspetti della realtà, che invece si presenta complicata e dolorosa.

Già Karl Popper, nel 1949, aveva affermato che per coloro che credono in tali forme di pensiero “qualsiasi cosa succeda nella società, è il risultato di un diretto disegno concepito da qualche individuo o gruppo di potere”. Egli riteneva questo pensiero come una moderna rappresentazione della secolarizzazione del pensiero superstizioso religioso; difatti al posto degli dei ci sono i monopolisti, i capitalisti, i banchieri che gestiscono il mondo e le vite dei comuni mortali. Anche in anni più recenti Keely (1999), Basham (2006), Beunting e Taylor (2010) hanno sostanzialmente confermato questa definizione sottolineando che con l’aumento delle fonti informative, le fonti ufficiali possono venir inficiate da notizie non confermate e, la spiegazione di un evento, spesso è data come opposta o contraria alla spiegazione ufficiale ricevuta dal mainstream.

Da un’analisi di Sapountzis e Condor (2013) si denota che esistono, in psicologia,  due principali filoni di ricerca su queste tematiche: un filone esplora i tratti di personalità o le circostanze situazionali che potrebbero predisporre particolari individui o gruppi ad abbracciare le teorie cospirazioniste, mentre un secondo tratta le teorie cospirative come una caratteristica di un particolare sistema di credenze piuttosto che di tratti personologici e si focalizza molto sull’uso di queste teorie nelle ideologie dei movimenti estremisti o dei movimenti anti-semiti. Difatti non è corretto concepire ogni cospirazionista come un soggetto paranoico o delirante, perché questo porta ad una svalutazione del fenomeno che, in realtà, è molto più complesso. In molti casi, la spiegazione cospirazionista è solo il sistema di pensiero di persone “sane” che non riescono semplicemente a concepire eventi storici o politici molti complessi (Galliford e Furnham, 2017).

A tal proposito gli studi di Kahneman e Tversky (1972) avevano già rivelato che le persone tendono a considerare che le cause e gli effetti di un evento avvengono in proporzioni simili, per cui a grandi effetti devono corrispondere grandi cause. Secondo uno studio effettuato da Leman e Cinnirella (2007) gli individui mostrano un bias nei processi inferenziali di scelta basati sul concetto di “Massimo evento-Massima Causa” e, che tra l’altro, questo bias non è correlato con l’avere o meno idee cospirazioniste precedenti; quello su cui influisce il credere in miti cospirazionisti o meno è la capacità di giudizio sulla veridicità di un’informazione o sull’accuratezza di un dettaglio riportato.  Questo determina un errore di valutazione dei fatti e degli eventi.  Non a caso il cospirazionista tende a mostrare una difficoltà con la consistenza interna del suo pensiero, spesso contraddittorio: tende ad essere iperscettico con qualsiasi informazione che collida con la propria teoria, sovra-interpretando le prove a suo favore o sottostimando i dettagli contrari che confutano le proprie convinzioni. In termini non inferenziali le persone con forti credenze cospirative tendono a considerare con minor accuratezza i fatti o i dettagli di un evento rispetto a chi ci crede meno, ma compiono inferenze sistemiche alla ricerca delle loro convinzioni (Harrison e Thomas, 1997). In accordo poi con la teoria dell’identità sociale (Tajfel, 1978) dove si assume che il mondo sociale è gerarchicamente organizzato e che le persone sono inclini ad agire nei riferimenti del sistema simbolico del loro gruppo di riferimento e che la potenza di un gruppo è esercitata attraverso l’influenza del gruppo stesso, si assiste ad una tendenza dei gruppi che si percepiscono in minoranza ad una maggiore coesione verso il gruppo ritenuto elitario. 

I gruppi cospirazionisti ragionano spesso in termini duali attraverso una rigida visione tra in-group ed out-group: gruppo dominante verso subordinato, potente verso debole, élite verso svantaggiati, presentando gli eventi politici come il risultato di un disegno diretto da parte di un gruppo di potere antagonista al bene comune (Sapountzis & Condor, 2013).  Il pensiero cospirazionista si sviluppa sull’auto percezione di essere simultaneamente una vittima ed un eroe ed è associato a sentimenti di minaccia e perdita del controllo. Spesso si ritrova, nei gruppi più radicalizzati un senso elevato di “Narcisimo Collettivo”, mentre in altri si rileva un maggior senso di minaccia della propria “identità di sistema” specialmente in coloro che non sposano direttamente le teorie, ma creano un supporto di base alla loro diffusione. Quando si pensa di avere meno controllo di una situazione o di se stessi, il pensiero cospirazionista aumenta perché bisogno di ordine e certezze creano sicurezza (Federico et al, 2018).

Si possono riscontrare dei punti comuni ad ogni teoria cospirazionista come il “Niente avviene per caso” oppure “Niente è come sembra” ed “Ogni cosa è connessa”. Allo stesso modo ritroviamo anche altri tre concetti comuni come il “noi contro loro: Noi siamo superiori, solo noi conosciamo la verità”, oppure “Loro contro noi: noi siamo le vittime, siamo minacciati da forze occulte e malvagie” ed infine quella che viene definita la “Dimensione apocalittica: la minaccia per noi è esistenziale, dunque la violenza è legittimata”. Esse offrono la possibilità di far sentire il singolo come un eroe di una minoranza che lotta contro un’élite nascosta nella battaglia dei buoni contro i cattivi. Federico ed at (2018) hanno dimostrato, in una ricerca che necessita comunque di maggiori approfondimenti, che la minaccia percepita al sistema di identità sociale, intesa come la percezione da parte degli individui di possibili cambiamenti ai valori fondamentali della società, è più intensa in chi ha elevati livelli di autoritarismo e conservatorismo ed inoltre correlata con un basso livello di informazione politica o impegno nel dibattito politico, alimentando di fatto la ricerca della spiegazione semplice.

Come affermato all’inizio, credere nelle teorie cospirazioniste di natura medica comporta un danno per i soggetti perché possono non seguire terapie mediche raccomandate per le proprie patologie. In uno studio Galliford e Furnham (2017) effettuato sui fattori di differenza individuale e credenza nelle teorie cospirative mediche e politiche, hanno dimostrato che c’è una base comune nel credere nelle teorie cospirative a sfondo politico e quelle a sfondo medico. Interessante è la dimostrazione che più profonda è la credenza in determinate teorie e più bassi sono i livelli di autostima delle persone coinvolte nello studio, e quindi più è implettente la necessità di coesione sociale. Inoltre la visione politica, l’età, la religiosità e la stabilità emotiva sono variabili correlate in maniera proporzionale alle credenze cospirative. Gli studi di Federico e collaboratori (2018) aggiungono che le persone che credono alle teorie mostrano alti livelli di credenza nel paranormale, alti livelli d’ansia ed ideazione paranoide, ricerca di nuove esperienze, bisogno di unicità e narcisismo, così come bassi livelli di autostima e sposano maggiormente le posizioni estremiste e conservatrici. L’identificazione politica-movimentista, in questo caso, determina l’identificazione sociale, si pensi per esempio ai movimenti no-mask ai no-vax. Specialmente sugli ultimi però il tema è complesso perchè non tutte le persone che rifiutano i vaccini credono fermamente in un complotto, molti hanno solo paura di qualcosa di nuovo e di poco sperimentato, mettendo in campo un pensiero critico, anche se basato su scarse considerazioni scientifiche.

Ad oggi però credere nel complotto globale di natura sanitaria riduce la possibilità di gestione della pandemia, riduce, nel lungo period, la libertà perchè le continue ondate non faranno altro che aumentare il numero dei morti e delle persone che sperimenteranno a vari livelli disturbi psicologici post-pandemici.

David Simoni

BIBLIOGRAFIA

Basham, L. (2006). Malevolent global conspiracy. Conspiracy Theories: The Philosophical Debate, 93-106.

Buenting, J., & Taylor, J. (2010). Conspiracy theories and fortuitous data. Philosophy of the Social Sciences, 40(4), 567-578.

Federico, C. M., Williams, A. L., & Vitriol, J. A. (2018). The role of system identity threat in conspiracy theory endorsement. European Journal of Social Psychology, 48(7), 927-938.

Galliford, N., & Furnham, A. (2017). Individual difference factors and beliefs in medical and political conspiracy theories. Scandinavian journal of psychology, 58(5), 422-428.

Guimond, S., & Palmer, D. L. (1996). The political socialization of commerce and social science students: Epistemic authority and attitude change 1. Journal of Applied Social Psychology, 26(22), 1985-2013.

Harrison, A. A., & Thomas, J. M. (1997). The Kennedy Assassination, Unidentified Flying Objects, and Other Conspiracies: Psychological and Organizational Factors in the Perception of”” Cover‐up”. Systems Research and Behavioral Science: The Official Journal of the International Federation for Systems Research, 14(2), 113-128.

 Kahneman, D., & Tversky, A. (1972). Subjective probability: A judgment of representativeness. Cognitive psychology, 3(3), 430-454.

Keeley, B. L. (1999). Of conspiracy theories. The Journal of Philosophy, 96(3), 109-126.

Leman, P. J., & Cinnirella, M. (2007). A major event has a major cause: Evidence for the role of heuristics in reasoning about conspiracy theories. Social Psychological Review, 9(2), 18-28.

Popper, K. R. (1949, April). Prediction and prophecy and their significance for social theory. In Proceedings of the Tenth International Congress of Philosophy (Vol. 1, pp. 82-91).

Sapountzis, A., & Condor, S. (2013). Conspiracy accounts as intergroup theories: Challenging dominant understandings of social power and political legitimacy. Political Psychology, 34(5), 731-752.


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