Pandemia, un anno dopo. Dall’Italia all’Europa alcuni fatti, ed effetti, su cui riflettere

A un anno dall’inizio della pandemia globale cosa è cambiato e cosa, ancora, sta cambiando intorno a noi? Qualche riflessione che riguardano l’Europa e anche l’Italia

La pandemia globale del Sars Cov-2 è iniziata ormai più di un anno fa, ma ancora non sappiamo con precisione quando terminerà. La diffusione del virus e delle varianti continua in maniera preoccupante in tutto il mondo. Per quanto sia difficile fare previsioni sulla sua fine, consapevoli di alcuni fatti accaduti in questi mesi e di alcuni effetti della crisi, si può intanto provare a riflettere intanto su cosa è già stato, sui dati in nostro possesso ad oggi, e su quello che è già cambiato, in un anno. Alcuni elementi importanti ci sono e possono essere analizzati, perchè certamente la pandemia ha avuto, e potrebbe avere, numerosi effetti su molti aspetti. Quanto questi saranno duraturi o profondi, in molti casi, sia a livello globale che locale, è ancora presto per dirlo. Vale per l’economia, come per la politica o la geopolitica, ma molto semplicemente anche per l’impatto fi alcuni cambiamenti sulla vita quotidiana di ognuno di noi e sui nostri stili di vita. Su molti dinqietsi aspetti proveremo in questi giorni a fare qualche riflessione.

Dopo 1 anno dall’inizio di questo evento drammatico, tutti noi siamo psicologicamente provati e stanchi, e confidiamo di vederne quanto prima la fine. Infatti  tra gli effetti con cui stiamo già facendo i conti, sicuramente, vi sono e vi saranno le ricadute sul piano psicologico e sociale della pandemia che riguardano ampie fasce della popolazione, a partire da quelle più fragili, gli anziani, i più giovani e i bambini, oltre ovviamente a tutti coloro, e a tutte le famiglie, che hanno pagato, e stanno pagando le conseguenze, della malattia, ma anche della crisi. Una crisi sempre più pesante, anche per il suo impatto sul piano economico e sociale e non solo sanitario.

In questo anno di emergenza costante e globale si sono palesate numerose criticità e debolezze, che questa situazione ha permesso di vedere e comprendere. Criticità e debolezze, che probabilmente sono state in alcuni casi anche sottovalutate. Forse può essere utile riflettervi  per poter intervenire sui difetti e sulle lacune emerse, per correggerle o superarle, perché interessano oggi come in futuro sia i nostri sistemi di sicurezza che le nostre istituzioni che i nostri sistemi economici, sociali e produttivi.

Indubbiamente, soprattutto nel mondo occidentale, non tutti i paesi erano pronti ad affrontare una simile emergenza. L’Italia è stato il primo paese europeo ed occidentale in cui il virus è emerso a fine mese di Febbraio 2020, quando furono riscontrati i primi casi locali tra Lombardia  e Veneto. Nonostante le difficoltà il paese, il sistema nel suo complesso, è riuscito a resistere e reagire all’emergenza. Nel tempo altri paesi europei hanno raggiunto e superato l’Italia, sia nel numero di contagi che di vittime. Resta però un dato molto alto di entrambi, a segnalare quanto questa drammatica tragedia abbia colpito il nostro paese sul piano sanitario e sociale. Oltre ovviamente a produrre danni molto elevati all’economia e a particolari settori fondamentali per tutta l’area europea e mediterranea, come il commercio, il turismo, i trasporti, la cultura, l’intrattenimento, e tutti i settori ad essi collegati. Dopo un anno di crisi questi settori sono pesantemente provati, come lo è tutta l’economia internazionale ed europea.

Tutta l’Europa indubbiamente è stata molto colpita da questa tragedia, sia sul piano sanitario che su quello economico-sociale. Perchè se è vero che gli USA sono il paese con le statistiche più alte, se consideriamo l’intero territorio continentale, in Europa i casi sono stati moltissimi, anche nell’area dell’Unione. Quando le condizioni lo permetteranno, sarà importante studiare in profondità le cause e le origini di questa epidemia, le differenze che si sono riscontrate anche sul piano territoriale, il perchè, per esempio, in un continente come l’Europa che possiede probabilmente il più evoluto sistema di welfare e di sanità pubblica al mondo, il virus abbia colpito in maniera così profonda e diffusa. Sicuramente in Europa il sistema di tracciamento e di controllo è stato più esteso e approfondito di altre regioni del globo, così come non sempre i dati che provengono da alcuni paesi o dal alcune regioni del globo sembrano attendibili, e questo non rende certamente facile il compito a chi deve capire anche dalle statistiche globali la reale portata di questa epidemia. Però non è da escludere che in alcuni casi sia le condizioni ambientali, che la presenza delle varianti che, infine, fattori come l’alto tasso di anzianità della popolazione e l’alto tasso di densità abitativa di questa area del mondo possano aver influito, rispetto magari ad altre. Non è escluso anche che numerosi paesi europei abbiano riscontrato difficoltà nella gestione dell’epidemia a fronte anche di una minore preparazione, rispetto ad altre aree del globo, dove eventi simili sono stati più frequenti anche in tempi recenti. Anche su questo una riflessione andrà fatta, sia sul piano tecnico che politico, appena sarà possibile farlo con dati certi. Sicuramente la comprensione di questi aspetti sarà fondamentale per poter programmare in futuro una migliore e più forte capacità di reazione e simili emergenze, che dati i tempi sarà indispensabile prevedere. Rispetto a quanto sta avvenendo ed è avvenuto in Europa è giusto cercare di comprendere i limiti, e le potenzialità, dell’azione avviata dall’Unione contro questa crisi. Per quanto l’UE, soprattutto a inizio crisi, abbia avuto difficoltà di reazione e ritardi, nel tempo ha saputo impostare una risposta importante a livello economico e politico. Pur nei limiti delle competenze e dei mezzi messi a disposizione delle istituzioni dell’Unione, si è cercato di fare il possibile per arginare la pandemia. Purtroppo però, sul piano delle politiche sanitarie, per larga parte di questa emergenza e per molti aspetti che la riguardano, hanno spesso prevalso interessi nazionali e iniziative dei singoli stati. Nel tempo alcuni correttivi sono stati introdotti e si è riusciti a coordinare meglio le scelte, ma restano  alcuni limiti evidenti a livello comunitario, che all’inizio della crisi ha riguardato per esempio la scarsa disponibilità sul territorio europeo di strumenti e dotazioni adeguate a fronteggiare l’epidemia sul piano sanitario, così come per tutti questi mesi la diversità di risposte e divieti disposti nel proprio territorio dai singoli stati. Ma i limiti sono stati evidenti oggi anche nella vicenda vaccini, su cui si può e deve fare meglio, come ha giustamente sollecitato il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi nel recente Consiglio europeo. In futuro, a breve, dovrà anche essere affrontato il tema delle competenze in campo sanitario dell’Unione. Questo ovviamente è un tema ancora più complesso, quanto necessario però, perché rimanda al più generale argomento dell’integrazione politica e del rafforzamento delle istituzioni europee rispetto alle prerogative degli stati nazionali. Di fronte almeno a emergenze simili l’Unione deve poter contare su strumenti normativi, ma anche risorse  e mezzi, che le possano permettere di agire con efficacia. Magari anche in collaborazione con gli Alleati e la struttura NATO, che si è rivelata molto pronta ad attivare il sistema di coordinamento degli aiuti e dei soccorsi ai propri paesi membri, e potrà essere in futuro coinvolta in altre emergenze simili. Sarà indispensabile anche rafforzare un sempre più rapido sistema di integrazione tra i sistemi di sicurezza e di intervento dei singoli stati, tra le forze armate europee e i dispositivi esistenti nel settore della protezione civile, per fronteggiare questo tipo di emergenze, ma anche potenziali crisi ambientali.

L’Unione Europea però in questa crisi è anche  riuscita a mobilitare risorse storiche per la ricostruzione e il sostegno agli stati membri sul piano economico e sociale. Si è trattato di un passo storico, che come tale va valorizzato, raggiunto anche per merito dell’Italia e degli altri grandi paesi. Infatti, la gravità della situazione ha permesso di avviare un confronto tra i governi e le istituzioni, i cui esiti non erano scontati, che alla fine ha portato al Next Generatione EU e al piano di sostegno per il rilancio dell’economia europea, che sosterrà gli sforzi dei paesi membri per rilanciare la crescita e nei prossimi anni garantirà risorse ingenti per accompagnare un processo, indispensabile, di rinnovamento dei processi produttivi in tutti i settori strategici per l’economia europea, investendo nell’innovazione, nella digitalizzazione, nella sostenibilità ambientale e sociale. Questo aspetto può davvero essere un’occasione da sfruttare per rafforzare il percorso di integrazione politica dell’Unione e soprattutto rafforzare anche negli altri settori, come quello sanitario, le competenze europee. Ma questo processo di rinnovamento e di sostegno allo sviluppo, che interesserà anche settori strategici dell’industria europea, deve diventare anche l’occasione per affrontare un altro nodo, che in questi mesi è stato evidentissimo, e che riguarda la fragilità e la resilienza dei nostri sistemi produttivi, delle nostre economie, delle nostre infrastrutture, ma anche delle nostre società e delle isutuzioni politiche e democratiche.

 Si è fatto, giustamente, un gran parlare di resilienza in questi mesi. Ed è verissimo che si tratta di un tema fondamentale, non solo in relazione a questa crisi, ma anche ad altre, possibili, che in futuro potrebbero colpire il mondo, l’Europa o anche singoli paesi o singole aree locali. Investire sulla resilienza dei nostri sistemi produttivi, delle catene di approvvigionamento, dei sistemi di difesa e sicurezza, delle infrastrutture e della logistica, dei sistemi sanitari, scolastici, educativi, è indispensabile e lo diverrà sempre di più, anche nei prossimi anni, nell’ipotesi che le minacce connesse ai cambiamenti climatici o anche eventi come nuove epidemie, catastrofi o eventi causati dall’uomo, possano impattare pesantemente sulle nostre società e sulla nostra economia. La complessità dei nostri sistemi economico-sociali e la tutela della sicurezza e del benessere delle persone esigono una capacità di reazione a questi eventi sempre più performante e dinamica. In futuro, le strumentazioni e le strategie disposte nell’affrontare questo genere di crisi potrebbe determinare la capacità di un paese, o di un gruppo di paesi alleati, come UE o NATO, di reggere il confronto (e la competizione) con altri paesi rivali e le altre potenze globali. Anche perchè in questi mesi, le fragilità emerse sono diventate evidenti non solo per noi, ma anche per tutti gli altri, e per questo andranno corrette rapidamente. Perchè questa crisi, come evidenziato in questi mesi, potrà avere anche un impatto, la cui portata va ancora definita, sul piano geopolitico e di sicurezza internazionale, che non può essere sottovalutato, soprattutto dai paesi democratici e dalle istituzioni internazionali.

E guardando ai paesi occidentali, come giustamente è stato evidenziato in numerosi analisi recenti, il tema della resilienza riguarda anche le istituzioni politiche e le nostre democrazie, che nel corso di questi mesi sono state esposte, durante la crisi, a tentativi di ingerenza esterna ma hanno anche mostrato le fragilità legate ai rischi dell’infodemia o alla diffusione di notizie false. Anche per questi motivi reagire tempetivamente alle crisi di questo tipo, come essere pronti a fronteggiare minacce asimmetriche o emergenti, può mettere anche nelle condizioni di tutelare la stabilità dei sistemi politici ed evitare i rischi di derive autoritarie e l’emergere di tensioni e conflitti sociali. Infine, evidentemente, di fronte ad un evento di questa portata e a quelli che in futuro, ci auguriamo ovviamento di no, potrebbero presentarsi, diventerà indispensabile sempre di più approntare, anche sul piano europeo, tutti gli strumenti adeguati a tutelare e proteggere le istituzioni politiche, i sistemi di informazione, gli asset strategici, la sicurezza economica ed energetica, le produzioni industriali essenziali,  le proprietà intellettuali, la ricerca scientifica, il patrimonio culturale e artistico. Anche da questo punto di vista si può fare molto, e sul piano europeo e atlantico, si possono mettere in campo misure e strategie comuni volte a difenderci tutti meglio. Consapevoli che questa crisi è ancora in corso e tutte le minacce  e i rischi ad essa collegati non sono superati. Ovviamente però, sotto tutti questi punti di vista anche i singoli paesi possono fare meglio e di più. Anche l’Italia può apprendere molto, già adesso, dalla lezione che arriva da questi mesi durissimi, e cercare di riorganizzare le nostre strutture, non solo sul piano sanitario, per essere ancora di più all’altezza, per fronteggiae sia questa crisi ancora in essere che altre, possibili, in futuro.

Con l’inizio della campagna vaccinale si può finalmente iniziare a intravedere un po’ di luce, in fondo al tunnel, dopo mesi di buio. Anche sul tema vaccini si sta giocando una sfida globale, non l’unica durante questa crisi, che riguarda le principali potenze mondiali e coinvolge anche l’Europa. Oggettivamente, a livello occidentale e atlantico, si potrebbe fare di più anche su questo aspetto e confidiamo che le decisioni assunte anche nel recente G7 possano essere utili a rafforzare la collaborazione internazionale e in particolare a livello euro-atlantico. Gli Stati Uniti, con l’inizio della Presidenza Biden e alcune decisioni assunte dal nuovo presidente, stanno cercando di affermare una nuova strategia internazionale, nella lotta al virus, in cui, nuovamente, la possibilità di attivare canali di collaborazione e cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico sono indispensabili. Strutturare sempre di più una risposta euro-atlantica alla crisi pandemica, per quello che riguarda anche il superamento della crisi economica, ma anche in generale gli aspetti di natura politica, tecnologica, geopolitica e di sicurezza, è fondamentale. La pandemia potrebbe lasciarci un mondo diverso, dopo la sua fine, o comunque con alcuni elementi nuovi molto rilevanti, sia sul piano politico che geopolitico. La corsa al primato tecnologico globale e la competizione economica che erano già in atto prima del suo inizio non si sono certamente arrestate e le rivalità esistenti ed emerse negli ultimi anni, come le tensioi geopolitiche che interessano alcune regioni strategiche del mondo, dall’Africa al Medio Oriente, all’Europa fino al Pacifico, non si sono certamente ridotte. Per questo la nostra risposta, intesa come mondo occidnetale, va preparata e messa in campo rapidamente. È  importante non solo cercare di velocizzare quanto più possibile la fine della crisi, ma anche per affrontare tutte le conseguenze che potrebbero prodursi dopo di essa. Per quanto ci riguarda, l’Europa e i paesi occidentali tutti, hanno la necessità di rafforzare i propri legami, a partire dalle istituzioni politiche in comune, per affrontare la crisi di oggi e prepararsi a gestire quelle che saranno le sue conseguenze, domani. Da questo punto di vista la condivisione di valori comuni, quelli propri delle democrazie, e di una visione per il futuro può essere molto utile. Magari, mettendo da parte qualche gelosia di troppo, e cercando di condividere insieme un progetto di ricostruzione, come fu dopo la seconda guerra mondiale.

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