Un anno di pandemia: salute e clima come agenti del cambiamento europeo

A un anno dall’inizio della pandemia del nuovo Coronavirus quali sono stati gli effetti e le ricadute politiche piu rilevanti in Europa? Ne parla Teresa Coratella in questa analisi

Ad un anno dalla pandemia, la crisi globale Covid19 rimane, dopo quella economico-finanziaria e quella migratoria, il più grande shock sistemico affrontato dall’Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Shock sistemico le cui conseguenze geopolitiche sono già visibili e tangibili mentre quelle sociali ed economiche a breve si manifesteranno.

Tra le conseguenze politiche più evidenti, un acceleramento e cambio di rotta del processo di integrazione europeo realizzatosi con il Next Generation EU, pietra miliare senza precedenti che porrà le basi per ulteriori integrazioni, successi e fallimenti negli anni a venire. Molti commentatori hanno provato a paragonare il piano europeo di investimenti al piano Marshall, tuttavia questo potrebbe sembrare un tentativo riduttivo di spiegare i tempi attuali. Le condizioni politiche ed economiche sono diverse, senza contare quelle sociali. Se le forze non tradizionali e antieuropee sono protagoniste oggi in Europa, nel 1945 la tendenza maggioritaria era quella di diventare il prima possibile veramente europei e sempre più vicini a Washington; se nel 1945 l’economia europea era totalmente spaccata, oggi abbiamo l’Europa competere come attore economico globale per proteggere la propria sovranità e per trovare una posizione credibile nella competizione delle Grandi Potenze: tutto questo nelle cornici multilaterali dell’ONU, G7 e G20.

Abbiamo lasciato il 2020 con la grande speranza dei vaccini e grandi piani di distribuzione. Tuttavia, siamo entrati nel 2021 con grandi preoccupazioni e problemi e con le tipiche divisioni interne europee. Se nel 2020 gli stati membri dell’UE sono stati colpiti da una crisi nella produzione e distribuzione di dispositivi medici, che ha influenzato duramente la capacità europea di reagire in modo indipendente, nel 2021 potremmo rischiare di trovarci di nuovo bloccati in un’altra crisi riguardante la produzione e distribuzione di vaccini. Se la corsa alle mascherine cinesi ha dominato la prima ondata pandemica, quella per i vaccini guida la seconda, con l’agenda politica europea monopolizzata dalle frizioni interne e il dibattito pubblico focalizzato sulle catene di produzione e distribuzione. I vaccini sono già diventati sia un problema politico per i processi interni dell’UE, uno strumento di propaganda politica interna utilizzato dagli stati membri ed un fattore destabilizzante per gli obiettivi strategici di sovranità dell’UE, soprattutto nei confronti dei produttori e fornitori globali.

Prima dell’inizio della pandemia, la salute non è mai stata una priorità dell’agenda europea, essendo uno dei campi di competenza esclusiva degli stati membri. Da un lato, l’Europa oggi non dovrebbe permettere che la contrattazione interna diventi uno strumento politico per il populismo antieuropeo; dall’altro, la solidarietà dovrebbe tornare al centro dell’azione europea per evitare che gli stati membri dell’UE si rivolgano verso altri fornitori e partner più facili e veloci, come nel caso dell’Ungheria oggi con i vaccini cinesi e come è stato per l’Italia e la fase della China Mask Diplomacy.

Nell’attuale quadro della terza ondata, se la questione della solidarietà europea non sembra più in pericolo, siamo di fronte a una crisi del processo decisionale, delle forniture di vaccini, della produzione e della distribuzione. È qui che l’Europa dovrebbe imparare dagli errori del passato ed evitare di lasciare che attori esterni, come la Russia con i suoi vaccini Sputnik, alterino le dinamiche e gli equilibri europei. Ed è qui che l’Italia, con il Global Health Summit in programma il 21 maggio 2021, potrebbe giocare un ruolo per rafforzare la Salute come strumento multilaterale di cooperazione e coordinamento.  

La salute rimane dunque protagonista in un quadro in cui la questione climatica si è gradualmente  inserita politicamente: il dossier climatico sarà fondamentale per tutti gli stati membri dell’UE, specialmente alla luce dei grandi finanziamenti dell’UE. Dal punto di vista europeo sarà centrale per adempiere al mandato dell’UE e per utilizzare i fondi allocati, la maggior parte dei quali è stata assegnata agli obiettivi verdi e alla trasformazione digitale. Dal punto di vista esterno, sarà fondamentale per rafforzare la posizione dell’UE come attore geopolitico a livello regionale e multilaterale e per ri-coinvolgere gli Stati Uniti sulla scia del motto America Is Back.

Clima e salute si dimostrano dunque, ad un anno dalla pandemia, due inaspettati agenti di cambiamento che potrebbero influenzare il percorso europeo ed il ruolo che l’Europa vorrà svolgere come attore nell’era post Covid, sia come attore multilaterale che nella gestione di rapporti fondamentali come quello transatlantico o di quelli mutevoli come nel caso di Cina e Russia.

Teresa Coratella, Program Manager ECFR Roma


Immagini tratte da Pixabay.com

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