Tutti i rischi, per i paesi occidentali, di una competizione sui vaccini

Ci sono necessità evidenti dei singoli stati di cui tenere conto, nella campagna vaccinale e nella lotta la virus, e interessi diversi che si confrontano. Ritrovare una strategia comune, tra i paesi occidentali, evitando polemiche interne e divisioni, è una necessità, anche per superare la crisi economica. Evitando i rischi connessi alla competizione globale in atto.

La decisione di pochi giorni orsono di bloccare l’esportazione di 250000 dosi di vaccino Astrazeneca, infialati in Italia, diretti verso l’Australia, presa da parte del Governo italiano, ha suscitato, come prevedibile, numerose reazioni. Trattandosi di una decisione molto rilevante, che in realtà non ha fatto che dare seguito a quanto già disposto durante il meeting dei leaders europei del 25 e 26 febbraio scorsi[1], ha avuto un impatto significativo nell’odierno dibattito sulla distribuzione dei vaccini e il confronto con le aziende farmaceutiche.

La questione della produzione e distribuzione dei vaccini anti-Covid è un tema che riguarda tutto il mondo e ha ripercussioni non solo di natura sanitaria, ma anche economica, industriale, e soprattutto politica. Un tema complesso, su cui negli ultimi giorni si sono innestate diverse polemiche e su cui si stanno contando anche varie prese di posizione.

Sicuramente, viste le inadempienze da parte della case farmaceutiche verso l’Unione e gli accordi presi con la Commissione europea negli scorsi mesi, e vista la situazione che un po’ in tutti i paesi si sta determinando nel rallentamento della campagna vaccinale, la scelta di Mario Draghi è sembrata ai più come opportuna e necessaria. L’atto è stato definito anche come una forma di “sovranismo europeo”[2], e forse non per caso. Trattandosi di mettere in atto una misura decisa dall’Unione, Draghi ha perseguito una strada che è sembrata necessaria proprio per rendere ancora più evidente la volontà europea sul tema soprattutto verso le case farmaceutiche, ma anche l’opinione pubblica. Del resto la situazione della pandemia, in Italia e in Europa, e i rallentamenti nella campagna dei vaccini, necessitano al momento decisioni forti, che possano preservare non solo gli interessi dei singoli paesi, ma in generale gli interessi e la strategia di lotta al virus di tutta l’Unione. Da questo punto di vista la mossa di Draghi, ovviamente sostenuta trasversalmente a livello europeo in sede istituzionale e politica, è stata anche utile a supportare le istituzioni europee stesse.

La polemica, in alcuni casi anche strumentalizzata, verso le istituzioni europee, per errori o difficoltà nella campagna vaccinale, ma anche rispetto alle case farmaceutiche, è sempre più forte in molti paesi. Tra l’altro è una polemica scivolosa, perchè può diventare un argomento anche per le campagne anti-vacciniste o per chi, attaccando su questo tema l’UE, ha in realtà in mente un depotenziamento generale dell’Unione stessa, in una fase storica in cui, invece, sta comunque acquisendo un peso sempre maggiore.

Per certi versi però, vi possono essere anche delle ragioni di fondamento, in talune  critiche espresse su alcuni possibili errori di valutazione compiuti nei mesi scorsi, per esempio riferite agli eventuali errori compiuti nella trattativa di acquisto dei vaccini[3], o su altri aspetti di questa crisi, che hanno palesato difficoltà dell’UE. Difficoltà che però derivano sia da un difetto originario di competenze comunitarie in queste materie, che dalla difficoltà di mettere in campo una strategia comune che potesse tenere uniti i paesi dell’Unione, spesso spinti invece a cercare soluzioni in solitario. Va anche detto, che uno dei temi più presenti nelle critiche, è la questione della presunta lentezza ed eccessiva burocrazia dell’EMA, nel rilasciare le sue autorizzazioni all’impiego dei vaccini, rispetto agli analoghi enti degli altri paesi.

Evidentemente, vista l’eccezionalità della situazione e la oggettiva problematicità di organizzare una campagna vaccinale, in pochi mesi, per centinaia di milioni di persone, l’Unione, e i suoi singoli stati, hanno probabilmente reso evidenti anche alcune debolezze e lacune, che riguardano non solo la  burocrazia troppo lenta o l’approvvigionamento dei vaccini, ma anche la capacità di riuscire ad utilizzarli rapidamente. Un problema diffuso in molti paesi, di cui sicuramente l’assenza di vaccini, e i continui ritardi e i rallentamenti nelle consegne, sono un elemento rilevantissimo. Senza certezza di numeri e consegne non è facile programmare una così complessa campagna vaccinale. Da qui anche la volontà, e la necessità, per poter avere più rapidamente più dosi disponibili, anche nei prossimi anni, di attivare quanto prima possibile la produzione dei vaccini anche nei diversi paesi europei, convertendo alcune aziende farmaceutiche. Una necessità per cui comunque serviranno probabilmente dei mesi e su cui ritorna il tema del confronto con le case farmaceutiche.

Vista la dinamica di questa crisi a livello globale, con le pesanti ricadute occupazionali ed economiche degli ultimi mesi, è chiaro che, i paesi industriali soprattutto, necessitano di uscirne in tempi rapidi. Purtroppo però i tempi dell’epidemia non è detto che possano essere particolarmente rapidi, visto che a oggi il virus, soprattutto attraverso le sue varianti, sta continuando a diffondersi e contagiare migliaia di persone ogni giorno. I dati mondiali da questo punto di vista sono abbastanza evidenti[4].

Va anche detto però che la tempistica con cui si è arrivati ai primi vaccini efficaci, alla loro produzione e distribuzione è stata comunque incredibilmente rapida, se si considera che l’epidemia è iniziata ufficialmente poco più di  un anno fa.  Inoltre, a livello europeo, ritenere che l’UE non abbia fatto nulla in questi mesi contro la crisi pandemica, considerata invece la portata storica delle scelte fatte a livello economico e politico con il Next Generation EU e anche con le varie iniziative messe in campo per sostenere i paesi durante l’emergenza sanitaria, sarebbe ingeneroso. E andrebbero anche ricordati errori, egoismi e responsabilità, fin dall’inizio della crisi, compiuti anche dai singoli stati. Ma in questa fase cruciale della lotta al virus, sono proprio le polemiche da evitare, e invece diventa necessario perseguire una strada comune con determinazione. La decisione italiana, concordata con le istituzioni comunitarie, apre adesso una nuova strada anche nel complicato confronto con le case farmaceutiche, che peraltro potrebbe essere seguito anche da altri grandi paesi, a cui potrebbe seguire una sempre più forte presa di posizione  verso i produttori. Il tutto con l’impegno dei singoli paesi di accelerare i propri programmi di vaccinazione nazionale.

Data la natura della crisi pandemica in atto, e tutti i complessi risvolti di natura politica, economica e geopolitica che la circondano, che il tema vaccini potesse diventare oggetto di confronto tra i paesi, anche aspro, era purtroppo un rischio evidente da tempo. Ma anche rispetto a questo rischio di natura soprattutto geopolitica, sarebbe un errore se dovesse diventare sempre di più un argomento di divisioni e polemiche strumentali all’interno dei singoli paesi europei, dell’Unione o del campo politico occidentale. Per questo è necessario insistere su una strategia comune condivisa ed efficace.

Infatti, fatte salve le legittime prerogative dei singoli stati nel dover perseguire il bene dei propri concittadini, la sicurezza e i propri interessi nazionali, il rischio concreto è che le polemiche, e le eventuali divisioni, interne ai paesi europei e occidentali, potrebbero indebolire l’azione comune della lotta al virus.  Questo vale sia per il tema della distribuzione dei vaccini, ma anche quello oggi molto diffuso dell’impiego di nuovi vaccini e delle autorizzazioni al loro utilizzo.  Su questo specifico punto può essere necessario fare una premessa: trattandosi di temi che riguardano sia la sicurezza, in tutti i suoi aspetti, che la salute delle persone, non si possono ne banalizzare come usare come grimaldello di polemica politica. Negli ultimi giorni, anche il tema dell’utilizzo del vaccino russo Sputnik V sembra essere diventato oggetto di un diffusa polemica. Alcuni paesi europei avrebbero già avviato il confronto con le autorità russe per poter acquisto dibattito politico. Vaccino su cui l’EMA e l’AIFA però devono ancora pronunciarsi.

Al di là delle questioni attinenti alla validità medica di questo altro vaccino (in Europa la momento sono 3 i vaccini utilizzati, Pfizer, Moderna e Astrazeneca, in attesa del quarto di Johnson and Johnson) su cui si pronunceranno istituti e enti preposti, è evidente che intorno a questa vicenda possano inserirsi anche valutazioni di ordine politico più generale, e anche geopolitico, che la rendono ancora più complessa e per questo non banalizzabile. Per questo, sarebbe meglio non rischiare di aumentare divisioni e polemiche interne a livello europeo, su tematiche che invece dovrebbero essere soprattutto di natura sanitaria e scientifica su cui dovrebbero pronunciarsi soprattutto enti e soggetti preposti. Prima di lasciare a chi di dovere le eventuali valutazioni politiche successive.

Tenendo conto che, soprattutto per i paesi occidentali, una competizione sui vaccini, e eventuali divisioni, interne ai paesi e al campo atlantico, pongono numerosi rischi. 

A livello internazionale infatti, anche attraverso la cosiddetta “diplomazia dei vaccini”, si sta giocando l’ennesima competizione tra potenze, di cui i paesi occidentali sono parte, e di cui non si può non tenere conto nel nostro dibattito interno. Si tratta di un altro pezzo del confronto strategico internazionale, in atto da alcuni anni ormai, che con la pandemia non si è ridotto, e anzi, se dovesse subire nuove accelerazioni dovute a questa crisi potrebbe rendere ancora più instabile il già precario contesto geopolitico globale.

Proprio questa nuova fase di competizione internazionale ha visto oggettivamente Russia e Cina giocare a tutto campo, in questi mesi, nel promuovere e garantire a molti paesi, per esempio in Africa o America latina, il loro aiuto o la disponibilità dei vaccini da loro prodotti, in taluni casi anche approfittando di indecisioni o errori dei paesi occidentali. I vaccini, come in generale gli aiuti contro il virus e contro la crisi, possono diventare strumenti di soft power, importanti, da sfruttare proprio nella competizione globale o nell’affermazione del proprio status internazionale e per la ricerca di propri vantaggi economici. Ma questa competizione nasconde anche numerosi rischi, sia a livello internazionale, che per i paesi coinvolti, in particolare anche per i paesi occidentali; rischi che connessi a quelli derivanti da una iniqua ripartizione dei vaccini, potrebbero comportare anche la possibilità che a pagarne le conseguenze sia alla fine la battaglia globale contro il virus. Come del resto più volte la stessa OMS ha segnalato.

Quali sono i rischi, per i paesi occidentali? Intanto vi sono rischi derivanti dalle divisioni interne allo stesso campo, e interne ai singoli paesi, derivanti dalla competizione nella distribuzione dei vaccini. Inoltre vi sono i rischi sul piano geopolitico, per cui i paesi occidentali divisi al loro interno e tra di loro, potrebbero lasciare spazi di azione agli altri, soprattutto verso il  resto del mondo. Qui si inserisce il tema, noto da tempo, di come Russia o Cina, approfitterebbero dell’”egoismo” dei paesi occidentali, nell’estendere il loro soft power verso alcune regioni del mondo, grazie alle campagne di promozione dei loro vaccini. Ma si pone anche un altro rischio, che riguarda soprattutto i paesi più poveri, ovvero il rischio  dell’assenza completa di vaccinazione nella aree più disagiate  e povere del mondo, con i rischi connessi a livello globale nella lotta alla diffusione del virus.

Dall’altro lato però, è giusto dire che, se le divisioni interne al campo occidentale sono effettivamente un rischio politico, i paesi occidentali hanno anche la necessità impellente di ridurre l’impatto economico della crisi, grazie alle campagne vaccinali, sia per evitare che altri paesi possano approfittare a proprio vantaggio delle loro difficoltà economiche, sia perchè i costi della crisi si stanno facendo sempre più pesanti e hanno ricadute che non riguardano solo i paesi ricchi, ma tutta l’economia globale. Compresa quella dei paesi più poveri, i quali oltre ai ritardi nei vaccini continuerebbero a pagare il prezzo delle ricadute economiche della crisi globale.

Tanto più la crisi economica e pandemica non sarà superata, quanto gli effetti economici e le ricadute sui livelli di benessere e su quelli occupazionali, si potrebbero fare pesanti. Un rischio che i governi occidentali non possono oggettivamente sostenere, non solo sul piano economico e sociale, ma anche a livello politico. Anche perchè, contrariamente alla narrazione che talvolta viene fatta, vi è una sostanziale differenza tra le democrazie occidentali e molti altri dei loro rivali globali: l’esistenza al loro interno, in quanto democrazie, di opinioni pubbliche e minoranze politiche che possono, legittimamente, criticare e giudicare le azioni e le scelte dei governi. Una crescita della crisi economica, e ulteriori ritardi nelle vaccinazioni, potrebbero diventare politicamente insostenibili. Certo, un conto è il legittimo dibattito pubblico e il diritto di critica, la libertà di stampa e di pensiero, che sono pilastri irrinunciabili delle libertà politiche e individuali dei sistemi politici democratici, dall’altro, va tenuto conto che possono sussistere invece i rischi derivanti da eventuali campagne disinformative esterne, miranti ad aumentare le divisioni e le polemiche, sfruttando fake news e social network, di cui i paesi occidentali possono essere oggetto. Ecco perchè questa competizione globale, esacerbata dalla crisi pandemica, in cui da ultima si è inserita la vicenda vaccini, può essere molto rischiosa per i paesi occidentali ed europei e non può essere sottovalutata. Infatti che la competizione sui vaccini potesse prestarsi ad un uso propagandistico come strumento potenziale di influenza verso altri paesi fosse un’eventualità probabile lo si era intuito già da alcuni mesi. E questo è un doppio rischio, sia rivolto all’interno dei paesi dmeocratici, che all’esterno, verso il resto del mondo, che comunque abbiamo il dovere di tenere seriamente in considerazione.

Anche per questi motivi, gli USA dopo l’elezione di Joe Biden, stanno cercando di riproporsi a livello globale come leader nella lotta alla pandemia. Una scelta importante, che dovrebbe spingere tutti i paesi atlantici ad agire in sinergia, poichè la battaglia al virus potrebbe essere ancora lunga, ed è evidente che il confronto, anche geopolitico, ad essa collegato potrebbe continuare anche nei prossimi mesi.

Però per agire in sinergia, occorre ritrovare una maggiore unità e una strategia comune di azione. Se, soprattutto all’interno del campo occidentale, non solo sui vaccini, dovessero invece emergere sempre di più nuovi sentimenti protezionistici o nazionalisti, aumentando le divisioni, questo potrebbe non giovare non solo sulle reciproche relazioni, ma anche nel più generale confronto globale contro il virus. Ma, va detto, potrebbe avere ricadute anche sul piano economico e originare nuove campagne protezionistiche in una fase storica in cui, invece, il rilancio delle relazioni euro-atlantiche può passare anche dai rapporti di natura commerciale ed industriale. Per questo è importante fare chiarezza, in tempi rapidi, soprattutto verso le case farmaceutiche, e sgombrare il campo da possibili nuove divisioni. E anzi, come era stato discusso durante il recente G7, sarebbe importante ritrovare uno spirito più unitario e collaborativo, nella lotta al virus e nella campagna vaccinale globale, che è una necessità fondamentale per tutti, in maniera uguale, e non solo per i singoli paesi. Anche per fare fronte sul piano politico e geopolitico globale.

La lotta al COVID è una delle priorità sia della nuova amministrazione Biden che dei governi dell’UE. Su questo, anche partendo da un chiarimento forse oggi sempre più necessario, non solo sul tema vaccini, sarebbe importante recuperare una maggiore cooperazione tra i paesi occidentali e condividere insieme una strategia globale, concreta e praticabile, di lotta alla pandemia e di superamento della crisi economica. Perchè, al di là delle legittime esigenze e la necessità di tutelare gli interessi strategici dei singoli stati, fin tanto che il virus non sarà sconfitto del tutto, saremo tutti sempre più a rischio.


[1] https://www.repubblica.it/esteri/2021/03/04/news/vaccini_italia_prima_in_ue_blocca_esportazione_astrazeneca-290304415/

[2]file:///C:/Users/enrico/Desktop/COMPETIZIONE%20VACCINO/Draghi%20blocca%20l’export%20sul%20vaccino%20Astrazeneca.%20Un%20atto%20di%20sovranismo%20europeo%20_%20L’HuffPost.html

[3] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/europa-vaccini-e-veleni-29499

[4] https://covid19.who.int/

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