Brexit, il tempo necessario per preparare l’uscita

Scenari Brexit, il tempo come variabile per evitare un’uscita No Deal. L’analisi di Nazzareno Tirino.

La recente destabilizzazione dell’attività politica britannica nel tentativo di risolvere la problematica Brexit potrebbe trovarsi presto in una condizione di stallo. Molti dei cittadini londinesi (che non coincidono con l’intera popolazione di U.K.) sottoscriverebbero la necessità di restare in Unione Europea “not to cut ourselves off from the realities of power; not to retreat into a ghetto of sentimentality about our past and so diminish our own control over our own destiny in the future”[1]. Le medesime parole con cui Sir Geoffrey Howe, già Cancelliere dello Scacchiere e poi Vice Primo Ministro si dimise dall’incarico nel 1990 a seguito delle posizioni espresse dal Primo Ministro per non entrare a fare parte della moneta unica (solo tre settimane dopo Margaret Tatcher fu costretta alle dimissioni). Una posizione realista tutt’ora attuale. Il ruolo che il Regno Unito ha avuto nell’Unione Europea si è caratterizzato nell’ultimo ventennio principalmente su tre livelli in parte sovrapposti:

-quello economico,

-quello culturale,

-quello strategico internazionale.

Partendo dal primo forse il rinvio delle scadenze per l’accordo sulla Brexit potrebbe essere la via da seguire. Per ora questa possibilità non si trova ben delineata dal Parlamento Britannico per la speranza di un mix tra Hard e Soft Brexit che consenta l’abbandono senza costi eccessivi. Ad oggi se U.K. abbandonasse immediatamente avrebbe una cifra minima da impegnare che forse non raggiungerà i 39 miliardi di dollari[2] ma se fosse solo per gli impegni del “multi-annual financial frameworks” arriverebbe quantomeno a 10-15 miliardi[3]. In un momento economico delicato in cui gli investitori escono dall’esposizione del mercato britannico per valori di oltre 4 miliardi di dollari tra maggio e agosto[4] l’impatto di una cifra del genere sarebbe certamente un problema. Principalmente bisognerebbe scongiurare la potenziale crisi di liquidità e prendere tempo per indire, invece di un altro referendum (che non è uno strumento che influenzi altamente la credibilità delle istituzioni inglesi), una investitura popolare con nuove votazioni facendo si che si possa ridurre il dovuto per l’uscita, per la progressiva riduzione degli impegni di spesa presi a Bruxelles che andranno verso la diminuzione.

Inoltre vi sono possibilità che la composizione del Parlamento Europeo attuale, risultante dal voto scorso, potrebbe coincidere con un eventuale risultato elettorale in U.K. con dinamiche politiche positive per trovare poi un accordo di uscita. Insomma uscire più tardi potrebbe rendere più facile un accordo in linea con la politica economica del Paese nei prossimi anni. Sarebbe da evitare, a meno di estrema forza politica interna, che qualcuno dica al parlamento inglese “I want my money back!” (frase ricordata con orgoglio da una parte dell’elettorato britannico) mostrando agli investitori globali che il Paese si trovi oggi in una posizione di relativa debolezza internazionale.

Si ha poi la questione culturale di una Nazione che ha ben chiaro quanta cultura europea vi sia soprattutto a Londra e sa altresì che a Londra si ci senta più europei di altre capitali europee. Questo implica che ad esempio il concetto di “Occidente” (cavalcato anche da chi vede nella Brexit un rigido contrasto con un mondo “Orientale” diverso a cui si vorrebbe rispondere con forza) sia estremamente dipendente da quello. In effetti il Regno Unito nel G7 o WTO rappresenta l’Occidente ma per questioni soprattutto culturali è un occidente un po’ più ad est di Washington. È vero che permane una “appartenenza commonwealth” ma la stessa non garantisce più una struttura culturale di riferimento. Un sistema commerciale imperiale senza impero non può costruire un modello. Senza nulla togliere all’importanza culturale di Oxford e Cambridge la cultura che il sedicenne asiatico fa coincidere, nella propria percezione, con la via occidentale al benessere è quella di Palo Alto e non della nuovissima miniera di carbone di Woodhouse Colliery. Se si decidesse di perseguire verso una Hard Brexit l’isolamento non verrebbe percepito da molti come “splendido isolamento” con cui volere rafforzare le relazioni culturali.

Il Progetto Europeo può non piacere ma al suo interno permangono la culla della democrazia, la scuola di gestione amministrativa più seguita nelle cancellerie globali, il modello estetico più studiato nel mondo e la base della Religione che è il nemico principale dall’integralismo islamico. Con una metafora azzardata si potrebbe dire che nella valigia che U.K. porterebbe con sé qualora se ne andasse presto dall’Unione Europea non ci starebbe nulla di tutto ciò per questioni dimensionali.

Infine si ha l’aspetto internazionale, il più interessante tra questi. Forse in effetti l’allontanamento di chi ha svolto il ruolo di Proxy State statunitense in Europa nel processo di ricostruzione post Seconda Guerra Mondiale potrebbe oramai essere limitativo se si immagina di poter ricreare un Impero. Al contempo l’aver garantito una forma di deterrenza nucleare verso la Federazione Russa non delinea quanto il Paese possa richiedere ad una Alleanza Internazionale come quella politica della NATO. Già la Francia nella NATO più volte pose in discussione il proprio ruolo e ad oggi parte dei cittadini francesi discutono se la non partecipazione al NATO Nuclear Planning Group sia un vantaggio. Altresì la posizione di U.K. nello “spostarsi più ad ovest” non pare una scelta convincente considerando che, seppure l’isola britannica avesse modo di navigare nell’Atlantico, la posizione geografica ora presente è la migliore possibile ovvero il luogo di approdo delle proposte di Washington da diffondere in Europa. Oltretutto la posizione statunitense nello scenario globale è indubbiamente preminente rispetto alla Gran Bretagna tuttavia l’incidenza su questo della forma mentis inglese propone spesso la rivendicazione di un pensiero liberale che evolutosi nell’isola europea è approdato dall’altro lato dell’Oceano Atlantico seguendo poi uno sviluppo diverso ed autonomo. Se in effetti la situazione del rapporto U.S.A. – U.K. ha visto il pensiero inglese formare una struttura che dagli Stati Uniti è riuscita ad imporsi nel mondo altresì ad oggi l’autonomia del pensiero globale statunitense ha raggiunto una forma compiuta.

Riassumendo dai tre livelli analizzati pare evidente che l’eventualità di Hard Brexit No-Deal immediata non sia auspicabile nemmeno in prospettiva interna per la Gran Bretagna. Certamente l’esistenza del piano di analisi ufficiale in caso di Brexit No-Deal[5] (peraltro già prospettata in alcune analisi da settimane) ora è nota alla popolazione britannica ed europea e rafforza l’idea che la dicotomia sia in realtà: il Deal subito o il Deal più avanti (comunicabile dai politici ai cittadini inglesi come una forma di No Deal). Infatti chiamare il piano dello scenario apocalittico in caso di No-Deal “Yellowhammer” ricorda a tanti europei i celebri zigoli (uccelli selvatici di colore giallo molto diffusi in tutta Europa) mentre nella tradizione britannica medievale ricorda la connessione con il caos creato dal Diavolo soprattutto per l’intricato nido in cui vengono deposte le uova. Probabilmente il contenuto del piano in cui si parla in caso di No-Deal di: problematiche di ordine pubblico, limitata disponibilità di farmaci e addirittura scarso controllo dei confini a Gibilterra favoriranno la ricerca di una dilazione temporale e il supporto dei cittadini a questa scelta.

Il No-Deal in effetti ha per la Gran Bretagna una forte possibilità di destabilizzazione interna per il rischio che l’assenza di un sistema culturale strutturato proponga reali alternative. Inoltre le istituzioni britanniche, peraltro rimaste ad orientarsi in Unione Europea tra procedure che sono largamente parte di un sistema di civil law difficilmente comprensibile in un ordinamento di common law, potrebbero raggiungere il punto di parlare un linguaggio che sia incomprensibile non solo dagli stati dell’Unione Europea ma dagli Stati Uniti stessi. In tal modo si metterebbe poi a rischio anche la stabilità degli accordi britannici con il Canada che a quel punto sarebbe costretto, in caso di appoggio a U.K., ad un allontanamento definitivo dagli Stati Uniti. Altresì l’isolazionismo, riprendendo lo stesso discorso di Sir Geoffrey Howe, potrebbe avere un impatto devastante in termini di relazioni internazionali: “We should never forget the lesson of that isolation, of being on the outside looking in, for the conduct of today’s affairs.” [6].

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea richiede quindi un po’ di tempo in cui poter fabbricare una valigia con cui i britannici possano portare con sé, a vantaggio dei cittadini inglesi, almeno qualcuno dei tanti aspetti democratici che resistono nell’Unione Europea a vantaggio di tutti.

Nazzareno Tirino


[1] Letteralmente traducibile come “Per non essere estromessi dal potere reale, non ritirarsi in un ghetto di sentimentalismo riguardo il passato e diminuire il controllo sul proprio destino futuro”. Tratto dal video Geoffrey Howe – Resignation Speech all’indirizzo YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=gMRZM9uTd5Q (ultimo accesso 12/09/2019)

[2] Sebastian Payne, Michael Peel, James Blitz, “UK will refuse to pay £39bn divorce bill in no-deal Brexit”, 25 Aug 2019, link: https://www.ft.com/content/31341238-c725-11e9-a1f4-3669401ba76f (ultimo accesso 14/09/2019).

[3] RTE – AFP, Cheque please: How the Brexit bill is calculated, 30 Nov 2017, link: https://www.rte.ie/news/newslens/2017/1129/923737-cheque-please-how-the-brexit-bill-is-calculated/ (ultimo accesso 14/09/2019).

[4] Chris Flood, Siobhan Riding, “Investors pull billions from UK on prospect of no-deal Brexit”, 31 Aug 2019, link: https://www.ft.com/content/e9ed11e0-7fb4-35ec-b2d2-1cfc09fec50a (ultimo accesso 13/09/2019).

[5] Heather Stewart and Peter Walker, Yellowhammer: no-deal chaos fears as secret Brexit papers publishedMinisters forced to publish documents predicting public disorder, rising prices and disruptions to food and medicines, Thu 12 Sep 2019, link: https://www.theguardian.com/politics/2019/sep/11/operation-yellowhammer-fears-no-deal-brexit-chaos-forced-to-publish-secret-papers (ultimo accesso 15/09/2019).

[6] Letteralmente: “Noi non dovremmo mai dimenticare la lezione di questo isolazionismo, dello stare fuori guardando all’interno, per la conduzione degli affair quotidiani”. Tratto dal video Geoffrey Howe – Resignation Speech all’indirizzo YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=gMRZM9uTd5Q (ultimo accesso 12/09/2019)

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