Europa, NATO, Mediterraneo. Intervista al Prof. Gaiser.

Pubblichiamo una conversazione con il Prof. Laris Gaiser, membro dell’ITSTIME (Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies) presso l’Università Cattolica di Milano e docente presso l’Accademia diplomatica di Vienna, dedicata a temi di grande attualità, in particolare, al rapporto tra UE e NATO, ma anche alla centralità geopolitica del Mediterraneo e alla necessità di collaborazione in occidente.

Europa Atlantica è uno spazio aperto a punti di vista diversi, e in questo anno di ricorrenze e di appuntamenti importanti per l’Europa vogliamo raccogliere spunti differenti, utili a promuovere un confronto sulle priorità strategiche e le principali sfide per il nostro continente. Di sfide prossime per l’Europa e la NATO, guardando soprattutto al Mediterraneo, ma anche di geopolitica e politica internazionale, ne abbiamo parlato con il Prof. Laris Gaiser, che ci ha dato il suo punto di vista, su molti di questi temi.

Professor Gaiser Dal 1949 ad oggi molto è cambiato: la fine della Guerra Fredda, le nuove sfide che minacciano la sicurezza euro-atlantica e nuovi attori globali come la Cina. Qual è il bilancio di 70 anni di presenza NATO in Europa?

L.G. Direi eccellente! Ancora 29 anni e potremmo raggiungere il risultato record del periodo di pace, stabilità e progresso più lungo della storia per ora rappresentato dagli schemi generati al Congresso di Vienna nel 1815. Attraverso le strutture realizzate e i concetti geopolitici adottati in quel consesso l’Europa si è garantita per l’unica volta nella Storia ben cento anni continuativi di stabilità e sviluppo. La Nato e l’Unione europea per ora sono la seconda migliore soluzione. Un risultato di tutto rispetto per un continente dilaniato da migliaia di anni di conflitti.

Il Mediterraneo è teatro da diversi anni di crisi internazionali. Nel corso degli ultimi anni l’attenzione della NATO si è spostata anche al ‘Fianco Sud’, penso all’Hub per il Sud di Napoli reso pienamente operativo. Quanto è rilevante il Mediterraneo per la sicurezza di tutta l’Alleanza e anche dell’Europa?

L.G. Il Mediterraneo è sempre stato di vitale importanza per l’Alleanza e per l’Europa. Purtroppo alcune scelte geopolitiche disastrose dell’era Obama hanno scatenato un periodo di forte crisi nell’area di cui pagheremo le conseguenze sul lungo periodo e che spero saremo in grado di gestire. Ad un certo punto è parso che a Washington ed in alcune capitali europee non comprendessero più che la zona Euro-Mediterranea  rappresenta da sempre e ancora oggi l’incontro, lo scontro e l’incrocio di quasi tutte le complessità geopolitiche globali. La dichiarazione fatta da Barack Obama di considerare la zona euro-mediterranea una priorità di terzo rango per gli USA ha scatenato un putiferio nel MENA e un tentativo di riedizione del colonialismo vecchio stampo in Europa che devono farci riflettere.

L’Unione Europea e la NATO possono essere players actors nel Mediterraneo?

L.G. Ecco, questo è esattamente il punto sul quale dobbiamo riflettere.  L’Unione europea e la Nato devono essere players actors nel Mediterraneo. E’ la zona di massima frizione per la sicurezza Nordatlantica e ogni arretramento rappresenterebbe un segno di debolezza del quale gli avversari saprebbero approfittare. Nonostante la complessità dello scenario asiatico è nel Mediterraneo che si gioca il futuro bilanciamento dei poteri globale. Chiunque dovesse andare in un istituto cinese a spiegare che l’Occidente deve concentrarsi principalmente sul quadrante asiatico in quanto il Mediterraneo è da considerarsi alla periferia del mondo geopolitico verrebbe tacciato di completa incompetenza. In fondo a Pechino conoscono bene l’adagio secondo cui l’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi e la difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare. Pare che qualcuno dalle nostre parti sia effettivamente caduto nella trappola del disorientamento.

Come vede il percorso di costruzione della Difesa europea? Pensa che potrà realizzarsi compiutamente senza entrare in competizione con la NATO?

L.G. Sic rebus stantibus non vi può essere una Difesa europea veramente indipendente. Per quanto non sia politicamente corretto affermarlo e per quanto gli europeisti puri non vogliano ammetterlo, l’Unione europea è parte di un progetto strettamente sinergico all’Alleanza. La Nato e l’Ue sono due pilastri di una medesima struttura socio-politica. L’Unione europea, se tralasciamo gli Stati neutrali, procede all’allargamento dei suoi membri sempre seguendo la falsariga della Nato. Non è necessario essere dei professori di relazioni internazionali per comprenderne le ragioni e le implicazioni. Viviamo in un periodo geopoliticamente assai fluido in cui è impossibile predire il futuro, tuttavia sul medio periodo possiamo ipotizzare un momento di radicale, e mi permetto da sincero europeista di dire positiva, rivoluzione dei ruoli con cui l’Unione europea potrebbe aumentare il proprio valore dal punto di vista del contributo alla sicurezza divenendo il motore di una fusione di capacità che semplificherebbe assai i futuri scenari strategici. Per la Nato e l’Unione è fondamentale coordinarsi dividendosi i ruoli anziché rimanere ostinatamente in un rapporto d’eterna – fasulla- competizione a causa delle velleità egemoniche di alcuni suoi membri. Ebbene, il campo della guerra ibrida che per definizione si evolve in gran parte su campi differenti da quello militare potrebbe avvicinare le due istituzioni rendendole reciprocamente essenziali l’una all’altra. Gioco forza è stata l’Unione europea ad istituire il Centro d’Eccellenza per le minacce ibride a cui si appoggia la Nato. E’ la prima volta che l’Unione diventa partner fondamentale dell’Alleanza. Si tratta di una rivoluzione che spero possa dare buoni frutti e mostrare la strada per lo sviluppo futuro delle relazioni euro-atlantiche.

Le sfide comuni di fronte ai nuovi attori globali (Cina, Russia e paesi asiatici) faciliteranno l’integrazione euro-atlantica con i paesi dell’est?

L.G. Potrebbero. L’importante è avere una visione strategica di cosa vogliamo fare in futuro. Se abbiamo chiaro che un sistema comunista non può garantire stabilità sociale, sviluppo politico o umano sfruttando un sistema di mercato che alla fine, da sempre, pretende il delinearsi di una classe media che a sua volta esige una rappresentanza pluripartitica e che l’altra grande sfida per la nostra sicurezza arriva dal terrorismo estremista, allora forse saremo capaci di delineare una strategia di governance mondiale efficiente e coinvolgente. Il sistema euro-atlantico rappresenta il 75% del Pil mondiale, rappresenta l’area più ricca e benestante del pianeta, rappresenta il fulcro delle relazioni internazionali. Per tali motivi non possiamo non puntare sull’esempio della nostra efficienza, delle nostre capacità, e della nostra comprensione degli interessi altrui per coinvolgere altri attori che condividono il nostro stesso retaggio storico-culturale, quali ad esempio la Russia, in un progetto stabilizzante di largo respiro con cui gestire le condivise minacce all’ordine internazionale. Credo che tutti quanti vogliano un mondo senza terrorismo e con una Cina benestante ma rispettosa della dignità umana e governata da un Parlamento capace d’attutire le tensioni sociali che il mercato crea durante i suoi cicli di sviluppo. Il comunismo ha dimostrato d’essere incapace di gestire le crisi, figuriamoci crisi sociali legate ad un sistema tanto antitetico quale quello di mercato.

Quali prospettive future vede per  NATO e UE, anche nel rapporto con gli USA, rispetto alle sfide del mondo multipolare?

L.G. Come si deduce dalle mie precedenti risposte spero che i membri dell’Unione europea comprendano che appartengono ad un mondo unico che Churchill, nel 1946 a Zurigo, ebbe il coraggio di definire continente nobile. Per non essere tacciato di scorrettezza politica preferisco continuare a descrivere l’Europa con le parole di Churchill: continente che comprende nel suo insieme le regioni più ricche e più favorite della Terra, gode di un clima temperato ed uniforme ed è culla di tutte le grandi etnie del mondo occidentale. Qui è la fonte della fede cristiana e dell’etica cristiana. Qui è l’origine di gran parte delle culture, delle arti, della filosofia e della scienza, nell’antichità come nei tempi moderni. Ecco, se noi europei saremo capaci di risvegliarci dai torpori della Guerra Fredda durante la quale le grandi potenze contavano sulla nostra passività geopolitica, di riconoscere nuovamente l’importanza del nostro ruolo nella Storia ovvero nello sviluppo del Mondo e saremo capaci di comprendere che esiste un filo comune che lega Mosca a Washington attraverso le nostre capitali, allora il mondo sarà meno complicato da gestire. Gli stravolgimenti socio-politici sono un accidente inalienabile delle relazioni internazionali ma in un mare in tempesta l’importante è essere consci delle proprie qualità e della rotta da seguire. Se l’Europa non rinuncerà alla propria cultura e alle proprie tradizioni ritroverà il suo ruolo guida e farà da cerniera tra due zone geopolitiche storicamente in frizione, quella russa e quella occidentale, ma che in futuro avranno molte più ragioni per collaborare in maniera fattiva e per trovare una governance mondiale condivisa. Più che un mondo multipolare il futuro ci riserba una multipolarità differenziata, ovvero aree geografiche al proprio interno eterogenee ma sufficientemente compatte da porsi in bilanciamento di potere tra se stesse a livello globale. L’euro-atlantico, con il suo Mediterraneo, culla delle grandi civiltà, ha tutte le strutture necessarie per essere un attore protagonista proattivo. Non dovesse essere così… saranno guai seri.

Emanuele Lorenzetti

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