Biden, l’Unione Europea e la nuova stagione delle relazioni transatlantiche

Biden lancia un messaggio chiaro all’Europa, partecipando alla riunione del Consiglio Europeo. L’occasione per aprire una nuova stagione dell’atlantismo e la possibilità di un protagonismo dell’Italia. L’editoriale di Andrea Manciulli ed Enrico Casini

La riunione del Consiglio europeo, convocata per affrontare le priorità attuali dell’Unione e in particolare il tema dell’emergenza pandemica e della campagna vaccinale, questa volta non si tiene tra i soli 27 leader dei paesi dell’Unione, ma prevede la presenza anche di un ventottesimo partecipante, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

Rispondendo all’invito del Presidente del Consiglio Michel, Biden ha accettato di partecipare alla video conferenza insieme agli altri capi dei governi europei, per un confronto sulle comuni prospettive di cooperazione e collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico. Rilanciare la relazione transatlantica sta diventando un punto sempre più fermo nell’azione diplomatica e politica della nuova amministrazione americana, come questo segnale concreto conferma, arrivando peraltro dopo la riunione dei ministri degli esteri della NATO.

 La riunione è un passaggio importante, in ambito europeo, per quanto riguarda soprattutto anche  la strategia comune, fondamentale, per la campagna vaccinale e la lotta al virus. Riuscire a incrementare le vaccinazioni nel vecchio continente, anche attraverso un aumento delle dosi disponibili e risolvendo l’annoso problema dell’approvvigionamento, è diventata una priorità per tutti gli stati membri e per la Commissione. Non possiamo perdere tempo, perchè l’importanza della campagna vaccinale, anche sul piano economico e sociale, è ormai evidente a tutti. Ma vi sono anche altre questioni urgenti e importanti, che riguardano le relazioni internazionali dai rapporti con Russia e Turchia, alla sicurezza, l’economia, l’agenda digitale. Ecco dunque che la partecipazione di Biden assume un valore ancora più significativo proprio in relazione alla collaborazione che su alcuni di questi dossier si può sviluppare tra le due sponde dell’Atlantico. Partecipando all’incontro, in questa precisa fase storica dove in Europa è sempre più  pesante la crisi economica derivante dalla pandemia, Biden può lanciare un messaggio chiaro ed inequivocabile. Un messaggio verso i paesi alleati europei, tutti compresi, con una mossa politicamente molto forte, ma anche un messaggio rivolto alle altre potenze, extra UE. La cosa più rilevante è la manifesta intenzione di rompere nettamente i precedenti quattro anni e investire con decisione nel rapporto con l’Europa. Anche guardando al Pacifico e alla sfida strategica che sta  fortemente a cuore agli USA. Certamente questa mossa, come i passaggi di Blinken nei giorni scorsi tra NATO e Pacifico, esemplifica la svolta sul piano politico e diplomatico americano, incentrata su un ritorno al multilateralismo e una precisa volontà di rafforzamento dei legami con i paesi alleati, vecchi e nuovi.

Rispetto ai paesi europei restano alcuni nodi aperti, che nei prossimi mesi necessariamente dovranno essere affrontati. Alcuni temi potranno essere al centro del confronto tra USA e paesi UE, ed è evidente che potrebbe essere necessario trovare una sintesi tra le parti e le diverse esigenze. Ma confrontarsi in un clima costruttivo e di dialogo è sicuramente più facile, e potenzialmente utile, che farlo in un contesto litigioso o condizionato dalla diffidenza e dalla distanza. Ricostruire un rapporto incentrato sulla fiducia e la lealtà reciproca è imprescindibile per poter lavorare insieme e ritrovare una sinergia: anche per questo i segnali lanciati da Biden in questi primi mesi sono importanti, perché vanno proprio in quella direzione.

I rapporti tra le due sponde dell’Atlantico hanno vissuto momenti di alti e bassi nel corso degli ultimi venti anni. Oggi si può davvero aprire un capitolo nuovo, di cui entrambe le parti sembrano, finalmente, manifestare convintamente davvero il bisogno. La necessità del resto deriva sia dalla gravità della crisi in corso che dalla importanza delle sfide che abbiamo davanti: dalla rivoluzione tecnologica alla lotta ai cambiamenti climatici solo per citarne due che segneranno in maniera indelebile il nostro futuro prossimo. Ecco dunque che il tempo che stiamo vivendo, così carico di incognite e di cambiamenti, dove il vento della competizione tra potenze è tornato a soffiare sempre più forte negli ultimi anni, e le minacce sono sempre più ibride e imprevedibili, i paesi democratici hanno la necessità di difendere insieme  i propri sistemi economici, politici e valoriali. A questo fine l’Occidente politico ed economico, di cui Europa e Nord America sono i pilastri, deve tornare ad essere più unito e coeso.

Non vogliamo fare questa riflessione per un esercizio retorico, la nostra è una valutazione che partendo dai dati oggettivi come la complessità e conflittualità del contesto internazionale, la crisi pandemica, la sicurezza comune, la necessità della difesa delle istituzioni e dei principi democratici, cerca di sostenere il bisogno di una forte cooperazione tra i paesi che condividono valori, storia, alleanze e interessi. E che, per non rinunciare a svolgere un ruolo globale, devono necessariamente rinnovare i propri legami reciproci.

Dalla crisi del 2008 il mondo ha subito una svolta repentina e i processi di cambiamento in corso hanno visto diverse accelerazioni di cui anche la crisi pandemica potrebbe essere un altro passaggio. La crisi che sta colpendo anche i paesi occidentali ci obbliga a fare scelte decisive per il nostro futuro, su temi che saranno il cuore della sfida strategica globale: nuove tecnologie, transizione ecologica ed energetica, sicurezza e sviluppo economico. Affrontare queste sfide, avendo a cuore i valori democratici, la tutela e la promozione dei diritti umani e dello stato di diritto, la difesa dell’ambiente, del benessere e della nostra sicurezza, può essere una prerogativa di cui i paesi democratici dovranno farsi carico, a livello mondiale, anche per difendere i propri interessi. Ritrovare unità e convergenza programmatica, partendo da ciò che ci accomuna, limitando egoismi e timori reciproci, è una necessità di cui non possiamo fare a meno per questi motivi. Al contrario, in un mondo che correrà sempre più veloce nei prossimi anni, sempre più multipolare e competitivo, potremmo rimanere al palo, soprattutto noi europei, concentrati nelle nostre divisioni interne e nella difesa ognuno dei propri interessi nazionali, mentre gli altri si allontanano veloci. È un rischio che non possiamo permetterci.

La mano tesa da Biden va afferrata senza indugi. Ma non per andare a rimorchio, i primi che non lo vogliono sono gli stessi americani, bensì per fare insieme, ancora una volta, un pezzo di strada comune. L’Europa non può attardarsi e anche i più reticenti, in questa fase, devono capire che non possiamo più perdere tempo. L’Italia, proprio in questo momento, anche alla luce degli impegni futuri (G20, G7, COP26), del ruolo che sul piano politico e diplomatico sta riacquisendo in Europa e nel Mediterraneo e, infine, grazie all’esperienza e alla credibilità sul piano internazionale di Mario Draghi, può ora più che mai svolgere un ruolo da protagonista nel contribuire alla tessitura di questa nuova rete transatlantica, indispensabile alla nostra sfida comune. Si tratta di un’occasione unica, e importante, che, sia per la sua storia che per la tutela dei suoi interessi e del Sistema Paese, non possiamo perdere. La fedeltà all’asse euro-atlantico, più volte confermata sia dal Presidente Mattarella che dal Premier Draghi non è mai stata in discussione: la sfida, oggi, è mettere a frutto questa nostra coerente scelta strategica per fare dell’Italia un attore centrale nella nuova stagione dell’atlantismo.

Andrea Manciulli è Presidente di Europa Atlantica

Enrico Casini è Direttore di Europa Atlantica

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