Il ruolo della Francia tra relazioni transatlantiche e prospettive europee

Nel corso degli ultimi mesi il ruolo di Parigi nella politica europea sembra essere cresciuto parallelamente a un nuovo rapporto avviato con l’amministrazione Biden. Dalla NATO all’Africa tutte le sfide aperte nell’ultimo anno di presidenza Macron. Il tema del rapporto con Germania e Italia.

A un anno dalle prossime elezioni presidenziali, che si annunciano particolarmente combattute, il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron appare quanto mai attivo, da alcuni mesi in particolare, sul piano internazionale. Solo negli ultimi tempi Parigi è stata teatro di alcuni importanti vertici bilaterali con il Presidente egiziano Al Sisi, con Mario Draghi e poi con il Segretario Generale della NATO Stoltenberg. Il primo incontro a conferma del ruolo sempre più attivo della Francia come player mediterraneo e di un rapporto sempre più stretto con l’Egitto; il secondo invece a conferma degli ottimi rapporti riavviati negli ultimi mesi con l’Italia e soprattutto con Mario Draghi; infine l’incontro con il vertice della NATO, dedicato al prossimo summit di giugno. Un summit che si annuncia particolarmente significativo per il futuro dell’Alleanza, molto atteso dagli alleati, a cui si lavora da mesi e a cui Parigi dimostra così facendo di essere non solo interessata, ma anche intenzionata a svolgere un suo ruolo. Certamente non un segnale banale.

La storia ci insegna che la Francia, a prescindere dal presidente in carica, ha sempre cercato di interpretare un ruolo di primo piano, da grande potenza, sullo scenario internazionale e continentale. Un po’ per eredità storica, un po’ per vocazione e, anche, per ambizione, questo ruolo è stato talvolta impersonato anche al di là delle proprie effettive capacità. Ma la Francia sotto molteplici punti di vista, è ancora uno dei paesi più rilevanti a livello mondiale. Sul piano europeo l’opinione di Parigi pesa e conta tanto, soprattutto quando è espressa in sintonia con Berlino. In fondo, il processo di integrazione europeo stesso è nato soprattutto per portare la pace lungo quel confine insanguinato da secoli di battaglie tra Francesi e Tedeschi. Ma in questo frangente storico, complice la pandemia, che ha spinto l’Unione Europea a mettere in campo provvedimenti di natura economica possibili grazie anche al lavoro di mediazione svolto da Parigi (in asse con Roma e Berlino) tra i diversi paesi dell’Unione. Probabilmente anche in virtù del ruolo sempre più dimesso della Germania, alla vigilia di un non banale cambio di guardia al vertice del paese dove l’unica certezza al momento è il fatto che non sarà più Angela Merkel a guidarlo, Parigi ha assunto un ruolo sempre più forte a livello europeo e si sta elevando, volenti o nolenti, a una postura sempre più autorevole anche sul piano internazionale. Questo potrebbe anche essere favorito dalla non banale prospettiva rivolta verso l’America, con cui, la storia ci insegna, il rapporto non è sempre stato idilliaco. Vale la pena vedere quale è stato il primo alleato europeo che Joe Biden ha chiamato, all’indomani del suo insediamento.

Oggettivamente, al momento, vi sono alcuni elementi di forza che fanno spiccare la Francia, anche oltre gli effettivi meriti del suo operato, rendendola un potenziale interlocutore sia dentro che fuori Europa. L’Unione Europea stenta a darsi una politica estera forte e unitaria, su molte vicende continua ad apparire divisa e incerta con alcuni paesi sempre più lontani dall’idea dell’impegno internazionale. La Germania non ha poche difficoltà in questa fase, anche per gli errori commessi, ma soprattutto ostaggio di una complessa fase di cambiamento di classe dirigente, dopo più di 15 anni di “dominio” incontrastato e senza alterativa di Angela Merkel. Ma al di là degli errori e dei demeriti degli altri, la Francia è attiva su molti fronti con la capacità di dialogare o confrontarsi con molti paesi, Italia e USA tra questi, cercando di essere allo stesso tempo attore di primo piano in Africa, dove ha legami profondi e forti interessi strategici, ma anche in Medio Oriente, dove dialoga e si confronta con tutte le potenze presenti, e fino al Pacifico (ricordiamoci che la Francia è anche una potenza territorialmente presente nell’Oceano Pacifico). Non può sorprendere la proiezione internazionale della Francia, condita da una certa rappresentazione di se stessa anche maggiore delle reali capacità, dove alla forza, effettiva, si aggiungono spesso un po’ di errori: è connaturata alla storia del paese, alla sua tradizione politica e strategica, ma anche al suo stile e, soprattutto, al modo con cui esercita il suo ruolo verso la sua ampia sfera di influenza e tutela i propri interessi nazionali. Che vengono sempre prima degli altri, e che riesce a difendere e promuovere, va detto, con grande abilità.

Ma oltre a tutto questo, è evidente anche la capacità di essere diventata sempre di più nelle ultime settimane un interlocutore autorevole oltre Atlantico e verso un soggetto, con cui i rapporti non sono sempre stati eccezionali, come la NATO. Si ricordi la nota espressione di Macron circa “la morte celebrale”. Ma si rammenti anche la più volte citata teoria transalpina dell’autonomia strategica, vista in chiave molto “indipendentistica” dell’Europa rispetto agli alleati atlantici. Oggi, dopo l’incontro con Stoltenberg, non sembra rimanere molto di quelle espressioni. Invece, sembra essere iniziata una fase nuova dei rapporti transatlantici nell’asse Parigi-Bruxelles-Washington, che guardano a molti diversi aspetti, tra cui, forse, anche il futuro della stessa NATO e della sua guida.

Negli ultimi tempi sembra che il copione sia cambiato, per effetto, probabilmente, anche di altri fattori non dipendenti solo dalle scelte di Parigi. Certamente il cambio di guarda alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato, con una nuova strategia americana di dialogo con gli alleati e l’interesse a coltivare un rapporto più stretto con gli europei può aver influito. L’America di Biden ha bisogno di alleati solidi, anche in Europa, con cui rafforzare il fronte globale delle democrazie e rilanciare la sfida verso le potenze rivali, come Cina e Russia. La Francia è una media potenza che si sente ancora grande, ma che non si tira indietro nel confronto internazionale. Non è più la potenza di un tempo, ma rimane presente in molti teatri che oggi stanno a cuore a Washington, l’Indo-Pacifico in particolare. Si ricordi, cosa non banale, che dopo Brexit, la Francia rimane l’unico paese dell’Unione Europea con un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’ONU; ma anche l’unica potenza nucleare del continente, e il paese con le forze armate più forti e una consolidata tradizione di missioni “combat” all’estero. Si potrebbe anche ricordare che è l’unico paese in cui, in un tempo in cui sembrerebbe riscoprirsi il ruolo delle marine militari, la Francia è l’unico paese europeo a possedere una portaerei a propulsione nucleare.

Questi elementi, uniti appunto agli effetti di Brexit, alle difficoltà tedesche su alcuni fronti su cui invece gli alleati di oltre oceano sono molto sensibili (rapporti con la Cina, Nord Stream2, Turchia) mettono Parigi nelle condizioni di poter svolgere un ruolo per certi versi nuovo nel panorama europeo e comunque rafforzato anche rispetto a quello tradizionalmente assunto. Un ruolo che va analizzato, compreso e considerato, perchè anche in chiave UE  e NATO potrebbe avere un suo peso considerevole nei prossimi mesi e anni.

Un ruolo nuovo, perchè la Francia potrebbe diventare da un lato un paese con cui gli USA potrebbero cercare con forza un dialogo e un asse strategico a livello continentale, e dall’altro, anche in virtù di questo nuovo asse “priviliegiato” con gli Usa, il paese guida di una nuova strategia politica europea. Che preveda anche un rafforzamento del rapporto con la NATO, basti vedere i toni emersi nel recente incontro tra Macron e Stoltenberg a Parigi, ma anche una visione nuova del ruolo dell’Europa, a partire dalla sua sicurezza e dalla sua economia, in proiezione del mondo nel tempo post-covid dove comunque la competizione tra potenze resterà molto accesa e, probabilmente, gli schieramenti tenderanno a farsi ancora più netti.

Da questo punto di vista agli USA potrebbe interessare stringere le fila degli alleati europei con più forza, partendo dal vertice di Bruxelles della NATO, e aggiungere la Francia a quelli già tradizionalmente più allineati sarebbe una evidente vittoria per Biden.

Ma per diventare sempre più protagonista in Europa e cercare non solo un asse privilegiato con l’America di Biden e con la NATO, Macron dovrà sforzarsi di non entrare in conflitto con  Berlino, mantenendo buone relazioni con i Tedeschi, e dall’altro rafforzando sempre di più la collaborazione proprio con l’Italia di Mario Draghi. Un altro autorevolissimo interlocutore europeo con un canale diretto privilegiato con Washington. Per questo gli incontri recenti con Draghi possono fornire diversi indicatori interessanti, su alcuni dossier importanti che vanno dal tema brevetti per i vaccini, alla risposta alla crisi economica fino all’Africa e alle missioni nel Sahel. Il tema migranti, su cui Italia, Francia e Spagna potrebbero tentare di sviluppare un’azione comune per convincere gli altri partner europei, potrebbe essere un banco di prova significativo per misurare le possibilità di una nuova dinamica rivolta anche alla Germania. Parigi sa che le questioni aperte, e spinose, a livello europeo sono tante e che non può giocarsi l’asse con la Germania; ma volendo provare a essere protagonista su entrambe le sponde dell’Atlantico, e viste le difficoltà tedesche di questa fase, deve anche rafforzare la collaborazione con altri paesi europei con cui vi possono essere elementi di sintonia  e interessi comuni, rassicurando gli Americani e allo stesso tempo ricavandosi uno spazio proprio di visibilità. Ecco che Africa e Sahel, non solo per i migranti, insieme alla stabilità del Mediterraneo possono essere i quadranti verso cui rivolgere un’azione concordata con i paesi alleati, partendo dall’Italia. Non sarà facile, anche perchè in queste aree Parigi conta molti interessi propri in nome dei quali, spesso, è stata portata ad avere traiettorie confliggenti con  gli alleati e probabilmente non ha rinunciato ad una sua esclusiva su molti temi sensibili. Ma può comunque essere un’occasione di collaborazione su cui anche l’Italia, probabilmente, potrebbe tentare di stare al passo, anche con intelligenza, per non perdere eventuali opportunità emergenti, per garantire meglio se stessa, e rilanciarsi. Anche perchè nel Mediterraneo si muovono oggi altri attori, con intenti non sempre “amichevoli” verso i paesi occidentali, che può essere più utile per tutti affrontare non in ordine sparso.

Per l’Italia non mancano le incognite, ma cercare una dinamica competitiva con la Francia, come la storia insegna, non ha mai giovato molto. Ma su alcuni dossier può essere importante, invece, sviluppare una sinergia, anche in linea con quanto stiamo facendo con altri alleati, a partire proprio dagli Americani, ma anche verso la Germania e i gli altri pesi mediterranei, con cui i rapporti sono al momento buoni e improntati alla collaborazione.

L’Italia ha storicamente una forte vocazione europeista, e soprattutto anche un legame molto solido con gli USA: talvolta rimasto stabile anche nel mezzo delle crisi che invece tra Europa e America si sono verificate (e dove spesso la Francia ha avuto un ruolo opposto o diverso). Draghi ha in più un peso personale e una credibilità tali, a livello internazionale, che uscita di scena la Merkel, lo potrebbero rendere il leader europeo più esperto e più considerato nelle diverse cancellerie e anche dalle parti della Casa Bianca.

Non è forse un caso se fin dal suo insediamneto, il Presidente francese ha in più occasioni voluto realizzare un asse forte e condiviso su molti punti proprio con il Premier italiano, che del resto conosceva bene da diversi anni. L’Italia certamente ha bisogno di rafforzare sempre di più il suo protagonismo verso tutti  e tre i tradizionali cerchi della sua politica estera: Mediterraneo, Atlantico ed Europa. Forse può farlo di più se lavora insieme agli altri e non in conflitto con essi (a partire da queli come la Francia che vantano consistenti interessi nele nostre stesse aree di riferimento), investendo nella capacità di tessere reti tra soggetti diversi e rendendosi un interlocutore affidabile per tutti. Sia la Francia, che la Germania, siano anche gli alletai atlantici extra UE come gli USA o la stessa Gran Bretagna.

Di sicuro però, proprio per l’Italia, considerare le mosse e il ruolo che Parigi sta assumendo, probabilmente con le incognite del caso e le possibili necessità derivanti dalla vicina competizione elettorale, può essere utile. Perchè è evidente che qualcosa sta cambiando, e ci interessa da vicino, e che in questo scenario globale in continuo movimento, accelerato ulteriormente dalla pandemia, un paese dalla tradizione di politica estera molto attiva come la Francia, sta cercando di ricollocarsi rafforzando il proprio ruolo. Con questa Francia, a meno di stravolgimenti imprevisti, potremmo in ogni caso doverci confrontare, anche nei prossimi anni, e farlo con intelligenza potrebbe essere utile, considerata la mole di  interessi in comune e il valore delle nostre reciproche relazioni economiche e commerciali.

In conclusione. È certamente presto per fare previsioni sugli scenari futuri, poichè la situazione è ancora molto in evoluzione. Ma i cambiamenti in corso sono evidenti e interessano tutti i principali protagonisti occidentali, a partire dai maggiori paesi europei.

Macron la sera della sua elezione a Presidente, si presentò al mondo sulle note dell’Inno alla Gioia, come una sorta di nuovo “salvatore” dell’Europa. Erano gli anni in cui i partiti e i movimenti euroscettici e populisti erano in forte crescita nel vecchio continente. Oggi, la crisi pandemica sembra aver mutato molto i termini del confronto politico a livello europeo e anche questo potrebbe aver spinto oggi la Francia, attraverso la strategia messa in campo dal suo leader, a sfruttare le opportunità emerse, per ricavarsi uno spazio nuovo di protagonismo internazionale e marcatamente più europeista rispetto anche al recente passato.

Infatti nel corso degli anni aveva dato spesso l’impressione, contraria al propositi dell’inizio, di cercare di tutelare molto gli interessi nazionali francesi. Adesso, nella fase finale di mandato, potrebbe voler cambiare rotta e rispolverare gli intenti e le promesse iniziali cercando di candidarsi non solo alla guida della Francia ma ad essere il leader europeo che uscita di scena la Merkel potrebbe servire nei prossimi anni. È una partita tutta da giocare e che sicuramente risente anche della prossima campagna elettorale.

Ma è pur vero che la Francia punta da sempre essere un paese guida a livello continentale: è un tratto caratteristico della sua storia politica. E il modo con cui si cimenta in questa intenzione può variare molto la reazione degli altri paesi europei. Ecco perchè le mosse di Macron devono comunque essere ben calcolate, per non rischiare di rompere con Berlino e coltivando buoni rapporti con Roma, Madrid, e gli altri.

Ma il dato nuovo, oggi, sembra anche essere il rinnovato rapporto con gli Stati Uniti. Forse questo fatto potrebbe risultate decisivo, da un lato per rafforzarla in chiave europea, e dall’altro per legittimare ancora di più la sua nuova postura internazionale, soprattutto verso quei quadranti geografici o rispetto a quei temi caldi (Clima, Nuove tecnologie) su cui gli USA hanno bisogno di alleati solidi in campo.

Immagini tratte dal sito Nato.int

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