La sfida della Difesa europea: perché ritardare ancora sarebbe un errore

La Difesa europea è sempre di più una necessità per tutta l’Unione. Un progetto ormai sempre più decisivo anche per il futuro dell’Europa. Per realizzare questo percorso l’Italia, grazie anche al lavoro fatto in questi anni dalla Difesa italiana, potrà svolgere un ruolo centrale.

A seguito della crisi afgana il tema della difesa europea, e più in generale della necessità di una politica estera e di sicurezza dell’UE, è tornato prepotentemente al centro del dibattito politico in tutto il Vecchio Continente. La crisi afghana ha colpito anche l’Unione Europea, come tutti i paesi occidentali, evidenziando errori, difficoltà e titubanze dell’Unione, soprattutto quando si tratta di affrontare decisioni di rilevanza strategica nel settore della sicurezza e della politica internazionale. Ma le difficoltà di oggi erano già emerse anche in passato, di fronte ad altre situazioni di crisi nelle immediate vicinanze dei confini meridionali ed orientali dell’Unione. Di fronte alle difficoltà riscontrate davanti al precipitare della crisi e all’incapacità di poter condividere un’azione comune da parte dei paesi europei, anche a causa delle note divisioni interne all’Unione e alle diverse prospettive tra i paesi membri proprio nel campo della sicurezza e della politica estera, è diventato sempre più chiaro, che l’unica possibilità per rilanciare l’Europa sul piano internazionale sia procedere speditamente sul percorso di costruzione della difesa comune. Base essenziale sia per rafforzare il processo di unificazione e integrazione politica e, conseguentemente, di rilancio della politica estera comune.

Citando le parole del Generale Claudio Graziano, che guida il Comitato militare dell’UE, il momento per realizzare la Difesa europea è adesso, altrimenti rischierà di essere troppo tardi. Le crisi e le minacce presenti soprattutto intorno ai nostri confini, il quadro di potenziale instabilità che circonda il bacino del Mediterraneo, ma anche il contesto internazionale di crescente competizione geopolitica tra grandi e medie potenze, non può non vedere l’UE protagonista. Per esserlo però è necessaria una capacità di proiezione esterna comune unita ad una comune visione della politica estera, soprattutto sulle questioni di maggiore rilevanza. Del resto il tema è noto, e discusso, da tempo. E la stessa presidente della Commissione Europea, nel suo discorso di insediamento nel 2019 aveva annunciato la sua intenzione di rendere l’Unione anche una potenza “geopolitica”.

Da alcuni mesi è stato avviato il percorso di approvazione dello Strategic Compass, con il confronto sui documenti ad esso collegati che dovrebbero dargli attuazione, e già dalla scorsa legislatura l’Unione discute della sua capacità di proiezione esterna, delle sue priorità strategiche e ha dato avvio a tutto il percorso, oggi entrato nel vivo, su PESCO e EDF. La via dunque è stata segnata da tempo e non poteva, probabilmente, essere altrimenti. Forse è arrivato il momento di accelerare il passo e procedere al raggiungimento di nuovi concreti obiettivi.

Anche dopo le prese di posizione di questi ultimi giorni, e gli annunci della Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen rispetto all’intenzione di dare vita ad un primo embrione di “esercito europeo”, il percorso sembra essere sempre più marcato. Inevitabilmente, non può che vedere anche il nostro paese protagonista. Il Premier Mario Draghi è uno dei più convinti sostenitori del rafforzamento dell’Unione sul piano politico anche attraverso la costruzione della difesa comune. Forte del suo ruolo e del credito di cui gode a livello internazionale, Draghi può essere effettivamente uno dei leader attorno cui l’Unione, in questo delicato passaggio storico, può stringersi per fare un passo in avanti importante. E affrontare il nodo della difesa e sicurezza comune può essere uno dei passi più importanti, lungo il sentiero dell’integrazione europea in chiave di un suo rilancio. Anche a costo, come è stato recentemente ribadito, di affrontare decisioni non unanimi tra i paesi membri. Indecisioni e titubanze non possono essere più all’ordine del giorno: giusto tutelare gli interessi legittimi degli stati e le prerogative di ognuno, ma queste non possono rischiare di inficiare un progetto che si fa di giorno in giorno sempre più indispensabile. Se sul versante industriale alcuni passi importanti, grazie a EDF e PESCO, sono stati comunque fatti, è chiaro che oggi servano scelte soprattutto a livello politico e strategico rispetto alla dimensione militare e la capacità di proiezione esterna dell’UE. Superando difficoltà del passato recente e investendo, realmente, in una costante e maggiore integrazione delle capacità e in una maggiore coordinamento tra i paesi per rendere l’Unione capace di agire internazionalmente e autonomamente anche a livello militare. Tutto questo ovviamente, in costante coordinamento anche con la NATO, che resta non solo il consesso fondamentale del dialogo transatlantico, ma anche il pilastro centrale della sicurezza euro-atlantica.

La NATO non è un soggetto superato ne superabile, ma può vedere un maggiore protagonismo dei paesi europei al suo interno e una sempre più forte cooperazione con l’Unione stessa. Soprattutto a riguardo dei teatri di crisi che sono sempre di più concentrati intorno ai confini europei, tra sud ed est.  Come del resto ha recentemente affermato anche il Presidente Mattarella, proprio sul fronte della politica estera e di difesa europea, e in riferimento all’esperienza afgana, quanto sia chiaro e indispensabile “costruire una una credibilità maggiore dell’Unione in termini di sicurezza; una credibilità ovviamente complementare con la Nato e tesa al rafforzamento della cornice del reciproco sostegno e rispetto tra gli Stati”.

La Difesa europea non potrà essere alternativa alla NATO, ma dovrà invece lavorare per rafforzare la cornice comune di sicurezza e cooperazione tra i paesi occidentali. Anzi, la sfida della Difesa europea, per essere vinta, richiederà investimenti economici, volontà politica, e anche un cambio di passo da parte dell’Unione e dei paesi membri. A partire da quelli più importanti.

Il tempo degli indugi è finito, perchè le crescenti forme di instabilità e di minaccia che si affacciano sul nostro presente e si proiettano anche sul futuro prossimo, che si intersecano con sfide altrettanti complesse e grandi, dai cambiamenti climatici a quelli demografici, dalla transizione energetica alla rivoluzione tecnologica,  necessitano di una capacità di risposta diversa da parte dell’Europa. Una capacità che non può prescindere da un lato dal supporto e dalla collaborazione con gli alleati storici dei paesi Europei, dalla NATO agli USA, dall’altro dalla definizione di una visione comune di politica estera e di sicurezza di cui, la difesa comune, dovrà essere uno dei pilastri portanti. L’Italia in tutto questo, grazie alle sue capacità, competenze, storia, potrà fare molto. Negli ultimi anni molto del lavoro svolto per mantenere l’Italia al centro di questo percorso è stato svolto indubbiamente anche dal Ministero della Difesa italiano. Lorenzo Guerini è stato uno dei più attivi, tra i ministri europei, non solo nel cucire una rete di rapporti e confronto su questo tema, per sostenere la necessità del progetto comune sul versante della sicurezza e difesa, ma anche, contemporaneamente, per svilupparlo in un quadro di collaborazione con la NATO e gli alleati. A partire dalla lettera sottoscritta circa un anno fa con i suoi colleghi di Francia, Germani e Spagna, l’iniziativa presa dal ministro e dal suo dicastero è stata sempre orientata a promuovere la massima collaborazione nel settore della sicurezza comune. E i punti posti da quell’iniziativa comune sono oggi ancora validissimi e possono fungere da ottima base su cui operare per promuovere questo progetto ambizioso. Con la convinzione che una solida Difesa europea potrà essere anche un elemento di rafforzamento per tutto il sistema di sicurezza euro-atlantica

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