Europa Atlantica https://europaatlantica.it/ Atlantic Europe Sun, 18 Jun 2023 15:08:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.3 150592548 Come la NATO si rinforza sul fronte Nord https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2023/06/come-la-nato-si-rinforza-sul-fronte-nord/ https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2023/06/come-la-nato-si-rinforza-sul-fronte-nord/#respond Sun, 18 Jun 2023 15:08:53 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3923 L’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per la rivista Airpress di Giugno 2023 Il

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L’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per la rivista Airpress di Giugno 2023

Il 4 aprile la NATO ha celebrato il settantaquattresimo anniversario della sua fondazione, accogliendo anche un nuovo membro, la Finlandia.
Una richiesta di adesione, quella finlandese, scaturita all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, come comprensibile reazione all’invasione russa e al nuovo contesto strategico che ne è derivato. Del resto, Finlandia e Russia hanno una lunga storia di conflitti e tensioni, che affonda le sue origini dai tempi degli Zar fino alla Seconda guerra mondiale e oltre. Nel dopoguerra, durante la guerra fredda, la Finlandia si mantenne come paese neutrale, tanto da ospitare la famosa Conferenza di Helsinki negli anni Settanta, rimanendo fuori sia dalla NATO che dall’Unione Europea. Fino al 1995, quando, caduta l’URSS, aderì proprio all’UE.
Entrando nella NATO, la Finlandia diventerà il paese membro che condivide con la Russia il più lungo confine terrestre. Ma come nel caso dell’adesione dei paesi dell’Europa orientale alla NATO, anche l’ingresso della Finlandia non è stato il frutto di alcuna imposizione, bensì la semplice reazione alla paura suscitata dalla nuova aggressività russa dopo un lungo trascorso di rapporti complicati, sviluppati nel corso degli ultimi secoli, e anche la comprensibile scelta di entrare nell’ampio spazio atlantico, quale garanzia di protezione e di sicurezza comune.
Oggi la Finlandia, ieri Polonia, paesi baltici, Romania, Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, avevano chiesto di aderire alla NATO proprio dopo la fine dell’Unione Sovietica, una volta riconquistate libertà e democrazia. Una scelta libera, che ha allargato il campo di scurezza, di libero mercato e di democrazia dell’Europa. Tutti, nella storia, avevano fatto i conti con la durezza dei regimi comunisti e, in alcuni casi, anche con la brutalità, o la minaccia, della repressione della Armata rossa. Basti ricordare il 1956 in Ungheria o il 1968 a Praga.
L’odierno allargamento della NATO a Nord, con l’ingresso della Finlandia, paese che, come l’altra candidata Svezia, aveva a lungo avuto una tradizione di neutralità, non fa altro che palesare quanto molti popoli e governi europei abbiamo, oggi, un crescente timore delle iniziative russe, soprattutto dopo l’ingiustificata invasione dell’Ucraina. E proprio per i trascorsi della Finlandia rappresenta davvero un evento di portata storica. Ma rivela inoltre due importanti elementi su cui riflettere, che evidenziano bene le evoluzioni strategiche e geopolitiche in corso. Il primo è il consolidamento del processo di rafforzamento dell’Alleanza Atlantica. Che acquisisce un autorevole nuovo membro, tecnologicamente avanzato, con un livello di organizzazione sul piano militare molto elevato e con una posizione geografica fondamentale, vista la crescente rilevanza che il fronte artico e nordico avranno nei prossimi anni. Infatti, il secondo elemento riguarda proprio la proiezione euro-atlantica sull’Artico, nuovo epicentro di tensioni, presenti e future, con Russia e Cina. Nei prossimi anni questa regione sarà sempre di più, come il Mediterraneo, al centro della contesa geopolitica globale, non solo per ragioni di natura militare. La NATO, forte della presenza della Finlandia al suo interno, insieme a Norvegia, Islanda e Danimarca, può rilanciare la propria forza in questa area sempre più strategica per gli equilibri e la sicurezza europei.
Inoltre, con questo passo storico, la NATO si consolida, proprio in ragione delle minacce provenienti anche da nord, oltre che quelle meridionali e orientali, sempre più importante per la sicurezza europea e mondiale e si conferma come un soggetto politico e militare globale, indispensabile per la difesa della democrazia e dell’ordine liberale internazionale. In un tempo in cui non sono poche le minacce per l’una e per l’altro.

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La guerra tiepida. L’ultimo libro di Enrico Casini e Andrea Manciulli https://europaatlantica.it/osservatorio-strategico/2023/06/la-guerra-tiepida-lultimo-libro-di-enrico-casini-e-andrea-manciulli/ https://europaatlantica.it/osservatorio-strategico/2023/06/la-guerra-tiepida-lultimo-libro-di-enrico-casini-e-andrea-manciulli/#respond Sun, 04 Jun 2023 19:43:51 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3915 “La Guerra tiepida. Il conflitto ucraino e il futuro dei rapporti tra Russia e Occidente”

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“La Guerra tiepida. Il conflitto ucraino e il futuro dei rapporti tra Russia e Occidente” è il titolo del nuovo lavoro di Enrico Casini e Andrea Manciulli

Si intitola “La guerra tiepida. Il conflitto ucraino e il futuro dei rapporti tra Russia e Occidente il nuovo libro curato da Enrico Casini e Andrea Manciulli ed edito dalla Luiss university press.
Il testo, arricchito dei contirbuti di numerosi autori ed esperti, indaga le origini storiche del conflitto e dell’invasione russa avvenuta nel mese di febbraio 2022, ma si sforza anche di valutare le conseguenze del conflitto e tracciare alcune possibili linee di evoluzione del rapporto tra Russia e Occidente.
Nel contesto della competizione tra grandi potenze, in particolare tra Cina e Stati Uniti, e del confronto tra paesi democratici e paesi autocratici, la guerra in Ucraina si inserisce come un eventi di rottura, che ha camhiato radicalmente il quadro geopolitico internazionale.
La Guerra Tiepida è un testo che raccoglie punti di vista diversi, cercando di mantenere salda una prospettiva di natura storica, oggetiva e fondata sui fatti. Cercando di fare chiarezza su alcune questioni controverse e dibattute, il libro si pone l’obiettivo di rilanciare la riflessione sul futuro delle relazioni tra paesi occidentali, Russia e Cina, alla luce degli effetti che la guerra sta provocando. Ponendo amche alcune domande sul futuro della sicurezza europea e delle relazioni transatlantiche. Un testo che grazie ai diversi contributi degli autori offre varie analisi differenti su molte delle questioni al centro del confronto. Approfondimenti utili per comprendere la complessità di questa vicenda e le sue origini.

Il testo sarà disponibile nei prossimi giorni in libreria, ma è già in preorder negli store online e in particolare sul sito della casa editrice.
Per informazioni più precise si suggerisce il link al sito della Luiss University Press:

La guerra tiepida

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La guerra tiepida: alla Luiss la presentazione del nuovo libro sulla guerra in Ucraina https://europaatlantica.it/eventi/2023/06/la-guerra-tiepidaalla-luiss-la-presentazione-del-nuovo-libro/ https://europaatlantica.it/eventi/2023/06/la-guerra-tiepidaalla-luiss-la-presentazione-del-nuovo-libro/#respond Fri, 02 Jun 2023 07:39:40 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3908 Martedi 30 maggio presentato alla Luiss il nuovo libro di Enrico Casini e Andrea Manciulli

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Martedi 30 maggio presentato alla Luiss il nuovo libro di Enrico Casini e Andrea Manciulli

Nella splendida cornice di Villa Blanc alla Luiss Guido Carli a Roma si è svolta in anteprima la presentazione de “La guerra tiepida. Il conflitto ucraino e il futuro dei rapporti tra Russia e Occidente” ultimo libro curato da Enrico Casini e Andrea Manciulli pubblicato dalla Luiss Univerity press.
All’evento hanno preso parte il Ministro della Difesa Guido Crosetto, insieme a Marco Minniti, Monica Maggioni, Nicola Latorre e Flavia Giacobbe, i quali hanno commentato il testo insieme ai curatori.
Grande partecipazione di pubblico per questo primo incontro. Prossimamente si terranno altre presentazioni in cui verranno discussi e approfonditi i contenuti di questa nuova pubblicazione curata dal Direttore e dal Presidente di Europa Atlantica e dedicata alle origini storiche e alle conseguenze geopolitiche della guerra in Ucraina.

Per rivedere il video dell’evento CLICCA QUI https://formiche.net/2023/05/guerra-tiepida-russia-occidente-libro-casini-manciulli/

A questo link al sito di Formiche.net è possibile rivedere la galleria fotografica dell’evento https://formiche.net/gallerie/presentazione-libro-manciulli-crosetto-foto-pizzi/

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Usa e Cina: rivalità e alleanze globali https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2023/05/usa-e-cina-rivalita-e-alleanze-globali/ https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2023/05/usa-e-cina-rivalita-e-alleanze-globali/#respond Fri, 12 May 2023 15:36:25 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3905 L’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per il numero di aprile di Airpress Nel

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L’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per il numero di aprile di Airpress

Nel 2017 un famoso politologo americano, Graham Allison, pubblicò un libro, intitolato “Destined for War. Can US and China escape thucydide’s trap” che suscitò tra gli esperti un ampio e acceso dibattito. Citando Tucidide e la Guerra del Peloponneso, l’autore ipotizzava che Stati Uniti e Cina, potenze sempre più concorrenti nello scenario globale, potessero entrare violentemente in rotta di collisione. Con il rischio, come documentato nel libro con vari esempi storici precedenti, di una guerra tra le due potenze.
L’ipotesi di un possibile scontro militare tra Cina e Stati Uniti è ormai molto diffusa nella comunità degli studiosi di politica internazionale. Certamente, le tensioni sono nel corso degli ultimi anni andate enormemente crescendo, al netto del colore delle amministrazioni americane, e con la guerra in Ucraina non hanno fatto altro che accrescersi. E la vicenda Taiwan potrebbe essere solo che uno dei possibili elementi di frattura anche in futuro.
Il recente incontro tra Xi e Putin e il ruolo assunto a livello globale dalla Cina, palesano sempre di più le intenzioni cinese di rivendicare una postura di primaria importanza sul piano internazionale, in palese alternativa a quello svolto dall’Occidente. E anche le recenti affermazioni cinesi, nei confronti degli Usa, per quanto possano essere viziate da una certa strumentalità, evidenziano un chiaro tentativo di costruire un fronte politico anti-occidentale di cui la Cina sembra volersi candidare ad essere la guida. Che possa diventare nel tempo una sorta di nuovo “polo antagonista” al mondo libero è difficile da dire. Certamente l’eterogeneità tra i diversi regimi autocratici che potrebbero comporlo è ben maggiore di quella che caratterizzava nel Novecento il fronte comunista. Questa eterogeneità ideologica e culturale, che spesso nasconde diversi interessi nazionali, potrebbe non impedire la formazione di una coalizione di paesi non-democratici contrapposta a quelli democratici, ma potrebbe anche essere un limite.
Negli ultimi anni, soprattutto sul versante economico e tecnologico, lo scontro si è fatto sempre più aspro. E non a caso la stessa NATO, e l’Europa, hanno iniziato a guardare alla Cina come ad una rivale strategica. La “NATO globale”, disegnata con il nuovo concetto strategico, potrà essere uno dei nuovi protagonisti di questa nuova stagione di competizione tra potenze globali, di cui Usa e Cina saranno, inevitabilmente i principali attori. E potrà essere anche il consesso perfetto, per unire i paesi democratici euro-atlantici.
In futuro, la temperatura del confronto potrebbe scaldarsi ancora, con alcuni possibili punti di rottura. Dalla crisi ucraina, ancora lontana da essere risolta, alle tensioni nel Pacifico. Ma sarà soprattutto la competizione sulle nuove tecnologie, dal digitale all’energia, a rappresentare il cuore dello scontro tra i contendenti.
Anche per questo, il fronte dei paesi occidentali, necessariamente, dovrà rafforzarsi non solo cementando alleanze e collaborazione con i paesi del pacifico come Corea del sud, Giappone e Australia, ma avrà di fronte anche la grande scommessa di tentare di riaprire il dialogo e rafforzare i legami con i paesi africani e quelli mediorientali, aree del mondo dove la Cina è sempre più attiva. In tutto questo restano due grandi incognite, fondamentali per i futuri equilibri globali: da un lato il ruolo che in questa sfida vorrà giocare l’Europa, al fianco dei suoi alleati. E dall’altro, il destino del gigante indiano, un paese democratico e in grande ascesa, che sta sempre di più giocando un ruolo autonomo sul piano internazionale. I contorni di questa sfida sono comunque già ben delineati ed è chiaro quale sia la posta in gioco: il futuro degli equilibri geopolitici globali.

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Un anno dopo l’inizio della guerra, il mondo sta cambiando https://europaatlantica.it/europea/2023/05/un-anno-dopo-linizio-della-guerra-il-mondo-sta-cambiando/ https://europaatlantica.it/europea/2023/05/un-anno-dopo-linizio-della-guerra-il-mondo-sta-cambiando/#respond Mon, 08 May 2023 11:48:10 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3896 Con lo scoppio della guerra in Ucraina si è accelerato un processo competitivo a livello

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Con lo scoppio della guerra in Ucraina si è accelerato un processo competitivo a livello globale che apre una fase nuova nelle relazioni internazionali. A prescindere da quando il conflitto si concluderà, siamo entrati in una nuova epoca, a cui forse non eravamo preparati.

A più di un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina non è semplice trarre un bilancio di questo tragico evento. Migliaia di morti, un paese devastato, milioni di rifugiati, rappresentano in maniera plastica la drammaticità del conflitto scatenato 14 mesi fa.
La scelta scellerata della Russia di Putin di attaccare l’Ucraina ha avuto una serie di conseguenze imprevedibili, anche dopo le prime settimane di conflitto. Certamente, il primo, concreto fatto rappresentato dal conflitto è stata la rottura drammatica, epocale, che ha prodotto a livello storico e geopolitico. Il ritorno di una guerra ad alta intensità, interstatuale, nel cuore dell’Europa tra due paesi indipendenti, è un evento senza precedenti negli ultimi 80 anni. Dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Un evento che, appunto, ha prodotto una frattura a livello politico internazionale e avrà ricadute, rilevantissime, non solo sul piano dei rapporti tra Ucraina e Russia, ovviamente, e tra Russia e paesi euro-atlantici, ma in generale sugli equilibri e le dinamiche geopolitiche ed economiche internazionali.
L’Europa, dopo decenni, si è ritrovata coinvolta direttamente in una guerra violenta a sanguinosa, assolutamente distruttiva e potenzialmente a rischio di escalation. Una guerra voluta da Putin e arrivata dopo otto anni di crisi in Ucraina, che molti, anche in Italia, avevano sottovalutato e sottostimato nel rischio di esplodere. Una guerra lunga, durata già più di un anno, con milioni di profughi e migliaia di vittime, che cambierà il volto dei due paesi coinvolti e sposterà, sempre di più, verso un clima di tensione e rivalità crescenti i rapporti tra Russia e paesi occidentali. Con Europa e paesi atlantici, che in questa guerra hanno rinnovato e rilanciato il senso della comune adesione alla stessa comunità politica e valoriale, rafforzando notevolmente anche il ruolo, la presenza e la necessità della NATO. Sempre più impegnati non solo a fronteggiare la minaccia dell’autocrazia russa, ma in generale contro tutte le minacce provenienti contro la democrazia e l’ordine liberale.
Il tema della sicurezza euro-atlantica, con lo scoppio della guerra, è di nuovo al centro delle agende dei governi europei, e americano, e non riguarda più solo minacce o pericoli di natura ibrida e asimmetrica o derivanti da fenomeni ambientali, sanitari, climatici, terroristici. Oggi torna ad essere un tema in cui anche la componente militare e convenzionale, oltre che quella nucleare, hanno un peso consistente. Notevole. E si aggiungeranno alle diverse minacce ibride sviluppate in questi anni contro le democrazie europee dai loro vari, diversi, rivali, statuali e non.
Nel mondo, la guerra è arrivata dopo i due terribili anni di pandemia, aggravando una crisi economica, già seria, che stava coinvolgendo molti paesi. I costi dell’energia e delle materie prime hanno toccato punte che mettono a repentaglio la sostenibilità di molti sistemi produttivi, mentre le famiglie e i consumatori, soprattutto nelle fasce sociali più fragili di molti paesi, compresi quelli europei, hanno pagato un prezzo elevatissimo. Soprattutto a causa dei costi energetici e di quelli alimentari cresciuti con il conflitto. Contemporaneamente, la guerra ha determinato l’inizio di una crisi alimentare, in parte scongiurata con lo sblocco dei porti ucraini, non del tutto superata, che anche a causa dell’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura di molti paesi poveri, soprattutto in Africa, rimane una variabile di massima allerta per il prossimo anno. Il Mediterraneo, tra le regioni sconvolte dalle conseguenze della guerra, si è ritrovato ancora più che negli ultimi anni al centro di una serie di tensioni e crisi, alcune amplificate dagli effetti del conflitto, che hanno reso questa regione ancora di più centrale nella competizione che si è aperta. Scoprendo un fianco, quello meridionale, in cui l’Europa si è ritrovata particolarmente esposta alle ingerenze e alle interferenze russe. Oltre che alle conseguenze delle differenti crisi aggravate dalla guerra.
Infatti, sono soprattutto effetti di natura geo-politica ad essere scaturiti dalla guerra, anche sul piano internazionale. Il nuovo (dis)ordine mondiale, iniziato fin dal 2001, aggravatosi tra crisi finanziarie e primavere arabe, si è nel tempo consolidato sempre di più con l’emergere non solo di nuove potenze, grandi e medie, ambiziose e pronte ad esercitare sullo scenario globale un ruolo spesso muscolare o ambizioso. Ma ha visto una sorta di nuova polarizzazione, in cui, nei fatti, la Russia sempre di più è diventata un partner per la Cina e uno dei paesi guida di una sorta di virtuale fronte dei paesi autocratici, contrapposto agli Stati Uniti, leader del mondo libero e dell’Occidente. Con alcune incognite, determinate dal ruolo, e dal gioco, che paesi come Turchia o soprattutto India, stanno giocando e giocheranno nei prossimi anni, più per interessi propri che per un disegno comune ad uno o all’altro schieramento. Infatti, in questo nuovo multipolarismo nascente, molto disordinato, al di là dei punti fermi, rappresentati da Cina e Stati Uniti, come due grandi superpotenze, ed Europa e Russia in aggiunta, si registrano nuove geometrie variabili, che vedono spesso alcuni paesi, di differente importanza, partecipare al grande gioco globale sposando a seconda delle occasioni, o dei contesti, partner e cause diverse. Più funzionali a promuovere i propri interessi nazionali. Non c’è da meravigliarsi, se nella nuova competizione tra potenze di questo 21°secolo, molto diversa dalla guerra fredda del Novecento, assisteremo ad alleanze in continua evoluzione e a nuove forme di neutralismo, in cui alcuni paesi, tra quelli emergenti, proveranno a costruirsi un proprio ruolo distinto, rispetto alle grandi potenze in gioco.
La guerra in Ucraina ha già dato un assaggio di tutto questo. Ma ci ha anche fatto entrare, dopo i cambiamenti emersi con il Covid, in una fase nuova delle relazioni internazionali in cui, sempre di più, chi vorrà contare dovrà mettere sul piatto una certa determinazione, politica, oltre a un peso specifico maggiore, militare, tecnologico ed economico. Il tempo della globalizzazione che avevamo conosciuto è forse finito. Il mondo sta cambiando, e non saranno più solo l’interdipendenza economica e gli scambi commerciali a garantire pace e sicurezza o una forma di ordine globale. È iniziata un’epoca nuova, ben diversa da quanto trenta anni fa avevamo, illusoriamente, immaginato.
La guerra russo-ucraina ci conferma in realtà che conflitti violenti possono anche esplodere tra paesi economicamente molto legati tra loro ed interdipendenti. Come la storia ci aveva già dimostrato in passato. E dopo un anno dall’inizio del conflitto, con i paesi occidentali impegnati nel sostenere con forza la resistenza ucraina contro l’aggressione russa, in nome dei valori democratici e del diritto internazionale, l’unica certezza rimane il fatto che non potremo che prendere atto, del nuovo contesto geopolitico emerso repentinamente. È una necessità a cui non possiamo prescindere. Il mondo è davvero diverso, oggi.
La speranza che una soluzione politica e diplomatica possa mettere a tacere i cannoni, tornati così prepotentemente a tuonare in un conflitto come non accadeva in Europa da molti decenni, resta viva. E ogni iniziativa in campo, per trovare la pace è ovviamente utile e importante. Ma questa guerra, contrariamente da quanto spesso detto in questi mesi da molti zelanti opinionisti, vede da un lato un paese invaso e dall’altro un invasore. Per trovare una soluzione equa l’Ucraina non può soccombere. L’Europa e i paesi occidentali non potranno rinunciare dal sostenere Kiev nei prossimi mesi, anche in un processo diplomatico, affinché la libertà di un intero popolo sia preservata e il sangue versato in nome della sua indipendenza, non sia stato sacrificato invano. Ma se la pace, come ci auguriamo, sarà raggiunta il prima possibile, anche con l’ausilio, indispensabile, di potenze come Cina, Stati Uniti ed Europa, è indubbio che dopo il 24 febbraio 2022, il mondo non sarà più lo stesso e non potrà tornare indietro. Siamo entrati in una nuova realtà, piaccia o meno, a cui dovremo presto abituarci, soprattutto noi europei.

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La competizione geopolitica passa anche per l’IA https://europaatlantica.it/firewall/2023/04/la-competizione-geopolitica-passa-anche-per-lia/ https://europaatlantica.it/firewall/2023/04/la-competizione-geopolitica-passa-anche-per-lia/#respond Thu, 20 Apr 2023 18:18:00 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3901 Pubblichiamo l’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli nel numero di marzo 2023 di Airpress

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Pubblichiamo l’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli nel numero di marzo 2023 di Airpress

Da tempo si fa un gran parlare dell’impatto dell’intelligenza artificiale nella attività umane. Dopo che alcune grandi aziende della Silicon valley hanno iniziato a mettere a disposizione ad un pubblico sempre più ampio la possibilità di sfruttare le enormi potenzialità di questa tecnologia, si è notevolmente ampliato il dibattito pubblico sull’impatto che essa può avere sulla nostra vita e, più in generale, sulla società. Del resto, da anni ormai, l’avvento dell’IA pone a noi tutti questioni irrisolte di ordine economico e sociale rilevanti, assieme a domande ben più complesse, di natura giuridica, etica, politica, filosofica, che non potranno essere a lungo evase.
È indubbio che l’intelligenza artificiale non è che una parte, per quanto importante, di un più grande insieme di tecnologie emergenti, o già emerse, che stanno rivoluzionando il mondo, cambiando letteralmente il nostro tempo e le nostre vite con una rapidità di cui ancora non vi è sufficiente consapevolezza nell’opinione pubblica. Dall’economia ai processi industriali, dalla sicurezza alla comunicazione, infinti sono i campi in cui la rivoluzione tecnologica sta producendo una mutazione senza precedenti: l’uomo è immerso in questa fase di cambiamento e non potrà che esserne sempre più coinvolto, visti gli infiniti campi in cui si sta sviluppando.
Proprio per la sua dimensione e portata globale, questa rivoluzione in corso è paragonabile a momenti della storia che hanno impresso un’accelerazione straordinaria al progresso delle società umane nel pianeta, con un elemento in più: la sua rapidità e la sua pervasività. Ma più di altre grandi innovazioni della storia, che dalle caverne hanno portato l’uomo fino sulla Luna, questa fase rivoluzionaria ha anche una dimensione di competizione geopolitica e strategica che interessa tutto il mondo, anche più del passato. Infatti, ormai il cuore della competizione tra le grandi potenze, e soprattutto tra Cina e Stati Uniti, riguarda proprio l’egemonia nei settori tecnologicamente più avanzati, cuore di questo processo di cambiamento, e, quindi, anche il primato nel controllo delle tecnologie che plasmeranno il futuro dell’umanità.
Se in passato, soprattutto a partire dalla rivoluzione militare e dalle esplorazioni oceaniche tra il 15° e il 17° secolo, e poi con le rivoluzioni industriali dei secoli successivi, era stato di fatto l’Occidente, Europa e poi Stati Uniti, a guidarne i processi e averne il primato mondiale, l’ascesa asiatica e la distribuzione del potere globale degli ultimi decenni, con l’avvento di nuove potenze emergenti e la loro affermazione nei campi della tecnica, oltre che dell’economia, ha di fatto aperto la competizione anche ad altri attori. Prima tra tutti la Cina. E non è un caso, se proprio in questa fase storica, il confronto tra Cina e Usa si giochi soprattutto intorno alle nuove tecnologie. Una sfida che non riguarda solo la geopolitica e l’economia del futuro, ma anche il destino stesso della democrazia, che proprio grazie alla rivoluzione industriale e all’affermazione del capitalismo e del liberalismo, ha potuto germogliare ed affermarsi in un’ampia parte del mondo, a partire dai paesi occidentali.
La rivoluzione tecnologica rappresenta una grande sfida per tutti noi, paesi democratici e occidentali, perché chi avrà il controllo, o il primato, nelle tecnologie del futuro, potrà anche rafforzare, e promuovere, il proprio modello sociopolitico. E i sistemi democratici sono già oggi fortemente coinvolti dai mutamenti in corso con l’avvento dell’era digitale, a partire dall’impatto dell’intelligenza artificiale sulle nostre vite.
Non si tratta di una partita banale: la tecnologia è già il cuore della competizione geopolitica tra potenze proprio per l’ampiezza del suo impatto. Impossibile ignorarlo: siamo di fronte alla sfida più importante dei prossimi anni.

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Con la Finlandia la NATO è più forte https://europaatlantica.it/national/2023/04/con-la-finlandia-la-nato-e-piu-forte/ https://europaatlantica.it/national/2023/04/con-la-finlandia-la-nato-e-piu-forte/#respond Thu, 06 Apr 2023 15:17:48 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3892 Con la cerimonia ufficiale tenutasi a Bruxelles, la Finlandia è diventato il 31esimo paese membro

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Con la cerimonia ufficiale tenutasi a Bruxelles, la Finlandia è diventato il 31esimo paese membro della NATO

La Finlandia è diventato ufficialmente un nuovo paese membro della NATO. Con la cerimonia ufficiale svoltasi a Bruxelles, il paese scandinavo entra a fare parte dell’Alleanza Atlantica e ne diventa il trentunesimo membro.
Un’adesione, quella finlandese, scaturita in tempi rapidissimi, dopo l’invasione russa dell’Ucraina e che rappresenta un passo in avanti decisivo, per l’Alleanza, nel suo processo di rafforzamento soprattutto a Nord.
Con questa adesione, in attesa che si perfeziona e concluda anche l’ingresso della Svezia, la NATO aumenta il proprio peso sul fianco nord, in una regione, tra Artico e mare Baltico, dove nel corso degli ultimi anni e soprattutto con lo scoppio della guerra, le tensioni sono aumentate notevolmente.
la Finlandia rappresenta un nuovo importante componente della NATO, e potrà così dare all’Alleanza un notevole vantaggio nella regione nordica. Non solo, la NATO si rafforza in Europa, con un altro membro dell’Unione che diventa parte dell’Alleanza.

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Dall’Artico al Mediterraneo, l’Europa torni protagonista. Il punto di Manciulli https://europaatlantica.it/europea/2023/03/dallartico-al-mediterraneo-leuropa-torni-protagonista-il-punto-di-manciulli/ https://europaatlantica.it/europea/2023/03/dallartico-al-mediterraneo-leuropa-torni-protagonista-il-punto-di-manciulli/#respond Sun, 12 Mar 2023 15:42:56 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3885 Pubblichiamo l’intervista di Andrea Manciulli realizzata per Formiche.net Quanto sta accadendo in Ucraina deve essere

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Pubblichiamo l’intervista di Andrea Manciulli realizzata per Formiche.net

Quanto sta accadendo in Ucraina deve essere di lezione per l’Europa, che deve capire come sia ormai irrinunciabile una assunzione di maggiore responsabilità se vuole assicurare la sicurezza dei propri confini, a partire da quello orientale, ma con lo sguardo sempre attento anche al nord, nell’Artico, e al sud, nel Mediterraneo allargato e in Africa. È tempo che il Vecchio continente metta la testa fuori da sé, e l’Italia deve supportare questa rinnovata attenzione verso l’estero europeo. Airpress ne ha parlato con Andrea Manciulli, presidente di Europa Atlantica e direttore delle relazioni istituzionali della Fondazione MedOr.

Presidente, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, quali sono a suo avviso le lezioni che l’Europa dovrebbe trarre?

È necessario procedere a una analisi seria di quanto sta accadendo, e cercare di guardare alla situazione con un po’ più di freddezza. Come prima cosa, sbaglieremmo di grosso se volessimo circoscrivere il problema alla sola Ucraina, perché le fragilità e le insicurezze si trovano lungo tutti i confini del Vecchio continente. Naturalmente la guerra a est è il dramma più grande. Sostenere l’Ucraina oggi significa difendere il futuro di tutta l’Europa domani. C’è poi la questione, troppo trascurata, dell’Artico, che presto diventerà teatro di uno scontro economico e di sicurezza tra potenze che riguarderà da vicino l’Europa. E poi c’è l’enorme problema del fronte Sud, del Mediterraneo allargato, che non sta venendo affrontato in maniera adeguata.

Qual è lo scenario attuale a Sud dell’Europa?

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una crescita della frattura tra sponde nord e sud del Mediterraneo. Nel 2011 l’Europa progettava di creare una enorme aerea di libero scambio nel bacino, e alla conferenza di Barcellona fu lanciata addirittura una campagna di finanziamento con i fondi Meda 1 e 2. Invece il Mediterraneo di oggi è teatro di numerosi fattori di insicurezza, tra cui spicca naturalmente lo shock migratorio, del quale constatiamo proprio in questi giorni la terribile realtà con immagini inaccettabili per qualsiasi coscienza democratica di una società civile, ma che comprende problemi come il terrorismo, la crisi economica e climatica, i problemi relativi alle risorse idriche e alimentari. Tutto questo si trasforma, per l’Europa, in un confine meridionale instabile e pieno di problematiche da affrontare. Un esempio lampante di queste fratture lo vediamo in Tunisia e in Medio Oriente.

Ci spieghi…

La Tunisia, l’unica democrazia che si era sviluppata a seguito delle primavere arabe, è adesso fragilizzata dall’attesa della decisione di sostegno da parte del fondo monetario internazionale che potrebbe impedirle di andare in default. Non possiamo, dunque, limitarci a constatare soltanto il dramma, senza assumerci l’impegno di tentare di risolvere il problema. Se cade la Tunisia il sistema economico e sociale di tutto il Maghreb peggiora in maniera esponenziale, e con esso tutta la vicenda migratoria. In Medio Oriente, invece, dobbiamo occuparci di un rinnovato attivismo dell’Iran. Teheran sta aiutando la Russia militarmente, e non solo, sta rafforzando i propri legami con Assad e sta intensificando la sua rete di proxy in tutto il Mediterraneo, dalla Palestina, a Hezbollah, ad Hamas, fino al jihad palestinese. Il tentativo è senza dubbio quello di far saltare gli accordi di Abramo e destabilizzare l’intero bacino mediterraneo. Sarebbe un dramma se accadesse. L’Europa non può restare a guardare. C’è bisogno di rinvigorire i rapporti con Israele, la Giordania, i Paesi del Golfo, affinché si lavori per prevenire la proliferazione di crisi e il moltiplicarsi dei fronti da attenzionare.

A tutto questo si aggiungono gli impatti che la guerra in Ucraina sta avendo anche sul fronte sud.

Indubbiamente, dal Sahel al Corno d’Africa abbiamo una importane presenza russa attraverso il gruppo Wagner. Abbiamo visto cosa ha rappresentato questo loro attivismo in Mali e in Centrafrica. Ricordiamo anche che l’Africa è il continente che ha visto le maggiori astensioni al voto delle Nazioni Unite di condanna dell’invasione. La Russia, insieme alla Cina, (e in qualche misura persino la Turchia) stanno attivando, in Africa, una strategia in funzione antieuropea, utilizzando i loro strumenti per destabilizzare il continente. Non possiamo non renderci conto, però, che le nostre divisioni hanno favorito l’arrivo di questi attori in Africa, che non hanno gli stessi interessi dell’Europa.

Come ha reagito l’Europa di fronte a tutto questo?

Al momento l’Europa è di fronte a un vero problema di identità, e quindi di strategia. Il fatto che il Vecchio continente sia circondato da problemi lungo tutti i suoi confini è di fatto una critica al modo in cui l’Europa si è posta in questi anni, troppo ripiegata su sé stessa. Parlando direttamente, l’Europa non potrà esistere se non sarà capace di rendere sicuri i propri confini. Si è fatto sicuramente bene a fare attenzione alla stabilità economica e del mercato interno, ma è stato un errore non guardare verso l’esterno. La storia dei confini europei, come ci ha spiegato bene Braudel, è sempre stata lo specchio delle relazioni, anche interne, del continente: quando i confini sono stati aperti, impostati su dinamiche di scambio, l’Europa ha prosperato e ha vissuto momenti di pace; quanto si è chiusa su sé stessa, invece, si sono sempre susseguite fasi negative e conflitti.

E adesso in che fase siamo?

Guardando all’oggi, ci sono state troppe incomprensioni e invidie. L’Europa, invece, deve capire che non può più rimanere divisa e chiusa in sé stessa, perché è ormai inserita in una dimensione globale nella quale le grandi dinamiche non rispettano più la dimensioni dei confini degli Stati tradizionali. Se l’Europa non fa un passo in avanti per rispondere a queste esigenze, rischia di dover affrontare il declino. Possiamo rinfacciarci le responsabilità gli uni contro gli altri quanto vogliamo, tra una Francia troppo autonomista, una Germania concentrata solo sulla dimensione economica e un’Italia che è stata troppo spesso equidistante tra alleati e avversari, ma adesso è venuto il momento di affrontare la situazione con spirito nuovo, di collaborazione, che metta in campo una vera azione politica estera comune.

Sul tema della collaborazione tra Paesi europei, la Fondazione Med-Or ha organizzato di recente un incontro per rilanciare le relazioni tra Italia e Francia nel Mediterraneo. Cosa è emerso dall’incontro?

È stato un appuntamento molto positivo, perché ci ha permesso non solo di affrontare tutte le problematiche legate al bacino mediterraneo, ma anche di sottolineare l’importanza di parlarsi con chiarezza tra Paesi europei. Litigare non è utile a nessuno, il punto è invece quello di favorire una discussione politica nei governi europei tesa a un processo di cooperazione che faccia progredire il dialogo e l’attivismo europeo sullo scenario globale. Alla fine di questa fase turbolenta avrà successo chi sarà stato capace di mettere in campo una politica più dinamica nelle relazioni con il mondo. Serve una grande azione di partnership politica che sia veramente europea, e in questo senso ritengo che sarà fondamentale anche riallacciare il dialogo con la Gran Bretagna, che dopo la Brexit si sta rendendo conto molto bene di quanto quel gesto non abbia pagato.

Cosa dovrebbe fare allora l’Europa?

L’Europa deve saper costruire delle politiche attive e partnership positive con i Paesi del suo vicinato, affinché i grandi progetti per il domani della regione, ma direi del pianeta, possano trovare attuazione, senza aspettare che la situazione degradi. È arrivato il momento per il Vecchio continente di assumersi le sue responsabilità: senza affrontare veramente i problemi profondi globali, a partire da quelli che caratterizzano il Mediterraneo allargato, ma non solo, noi non potremo che tamponare le problematiche, senza mai risolverle davvero.

Questo significa due cose. Primo, che il piano di aiuti previsto nel 2011, largamente disatteso, deve essere sostituito da un ampio progetto di investimenti tesi alla stabilizzazione dei confini a 360°. Quando si discuteranno i piani di aiuti per la ricostruzione dell’est europeo, l’Europa dovrà mettere in campo anche una parallela azione verso nord, nell’Artico, e ovviamente verso sud, in Africa e in Medio Oriente. Non possiamo aspettare che scoppino i problemi per affrontarli, e l’Ucraina dovrebbe servirci da lezione. Secondo, l’Europa deve creare una forza di impiego rapido che le permetta di intervenire nelle crisi in maniera anche autonoma, se serve, insieme agli alleati quando possibile. In breve, c’è bisogno di un’Europa che metta la testa fuori da sé stessa, e di un’Italia che aiuti il Vecchio continente a guardare al di fuori in una maniera nuova, responsabile.

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Mediterraneo: sfide e opportunità https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2023/03/mediterraneo-sfide-e-opportunita/ https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2023/03/mediterraneo-sfide-e-opportunita/#respond Sun, 05 Mar 2023 12:17:22 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3879 L’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per la rubrica di Airpress di marzo 2023

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L’articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per la rubrica di Airpress di marzo 2023

La guerra in Ucraina, e la successiva crisi energetica, hanno rilanciato l’importanza della regione del Mediterraneo allargato. Più che in passato, oggi i destini europei passano dagli equilibri, instabili, di questa complessa regione tornata sempre di più al centro delle contese geopolitiche e degli interessi di grandi e medie potenze. Il recente viaggio di Blinken in Medio Oriente, preceduto dalle missioni di altri autorevoli funzionari dell’amministrazione americana in alcuni paesi strategici, conferma quanto anche per gli USA sia importante mantenere ferma la propria presenza in questa fondamentale area del mondo.
Un’area in cui da tempo si concentrano molte delle principali sfide del nostro tempo, in un constante susseguirsi di fenomeni ed eventi che mettono in continua discussione la sua stabilità; mentre parallelamente sono in atto processi profondi di cambiamento, avviati soprattutto dopo il 2011, che stanno condizionando i rapporti di forza al suo interno tra i principali paesi che vi si trovano.
Le problematiche eccezionali che affliggono questa regione potranno condizionare sempre di più il suo futuro e di conseguenza il futuro dell’Europa. Ma mentre assistiamo al ritorno di potenze come la Russia e la Turchia, o all’aumento della presenza cinese nei paesi mediterranei e africani, i paesi europei stentano a trovare una comune visione per il Mediterraneo e talvolta, non hanno sempre avuto la capacità di incidere al suo interno con efficacia. La guerra in Ucraina spinge oggi ancora di più a cambiare rotta.
L’Italia da anni lavora per portare al centro del dibattito europeo e atlantico l’importanza del Mediterraneo allargato. Un impegno profuso con impegno in tutte le sedi deputate, a livello politico e diplomatico. In questa fase storica, con la gravità della crisi energetica e la guerra in corso, ma anche di fronte ai nuovi assetti geopolitici che vanno formandosi nel mondo, la necessità di stabilire forti relazioni con i paesi della Sponda sud, anche investendo nello sviluppo di nuove linee di approvvigionamento energetico attraverso il Mediterraneo, è una priorità urgente che finalmente anche in Europa sembra essere stata compresa. E l’Italia può essere, in questo contesto, un paese guida per l’Europa, in questa regione.
Anche le ultime iniziative intraprese dal Governo proseguono nella direzione di affermare un ruolo da protagonista dell’Italia nella regione. Verso aree o paesi che saranno fondamentali nei prossimi anni. Un lavoro necessario per il nostro paese, per i suoi interessi economici, culturali ed energetici, per rilanciare la nostra presenza verso i paesi del Vicino Oriente e dell’Africa, fino al Golfo, coi quali dobbiamo rafforzare relazioni bilaterali e multilaterali.
Per l’Italia il Mediterraneo è storicamente una priorità irrinunciabile. Quanto avvenuto nell’ultimo anno ha rilanciato ancora di più l’importanza di questa regione e la sua centralità strategica a livello globale. Ma non solo il tema energetico, per quanto importante, sarà in futuro al centro del confronto sui destini del Mediterraneo legati, indissolubilmente, a quelli europei. Dalle migrazioni ai cambiamenti climatici, dai conflitti alla logistica, attraverso il Mediterraneo passano alcune delle maggiori sfide che coinvolgeranno l’Europa, la sicurezza continentale e la NATO, nei prossimi anni. Una prospettiva di cui in Italia siamo ben consapevoli da tempo. Ma perché il ruolo dell’Italia, anche in sede europea, come player politico nella regione, possa diventare sempre più rilevante, avrà bisogno di essere sostenuto da uno sforzo unitario, di tutto il Sistema paese e delle sue istituzioni, fondato su una comune visione strategica e una capacità di azione pragmatica.

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L”Occidente tra ricerca medica e fusione nucleare https://europaatlantica.it/economy-and-finance/2023/02/loccidente-tra-ricerca-medica-e-fusione-nucleare/ https://europaatlantica.it/economy-and-finance/2023/02/loccidente-tra-ricerca-medica-e-fusione-nucleare/#respond Wed, 15 Feb 2023 10:55:13 +0000 https://europaatlantica.it/?p=3865 Articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli pubblicato nel numero di gennaio 2023 della rivista

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Articolo di Enrico Casini e Andrea Manciulli pubblicato nel numero di gennaio 2023 della rivista Airpress

Lo scoppio della guerra in Ucraina ha determinato probabilmente l’avvio di una fase nuova nelle relazioni internazionali, ma questo evento, va anche inserito nel contesto più ampio di competizione tra le grandi potenze del pianeta e di cambiamento, profondo, negli scenari economici e politici globali. I due anni di Covid avevano impresso già un cambio di passo a questa fase di mutamento in atto da alcuni anni ormai: un processo molto veloce, indubbiamente accelerato non solo da alcuni grandi eventi ma anche dalla rapidità della rivoluzione digitale e tecnologica. Tanto che emerge con sempre maggiore forza proprio in questa  nuova competizione la sfida per il primato nei settori più avanzati tecnologicamente. Tema che durante l’emergenza pandemica aveva assunto grande evidenza e che la guerra ha oggi rafforzato.

Anche la Guerra fredda, che spesso viene paragonata alla fase di competizione attuale, vide tra gli elementi di rivalità e di confronto tra Urss e Stati Uniti, la gara in alcuni settori ad alta tecnologia. Si pensi alla corsa allo spazio. Fare paragoni tra il nostro tempo e la Guerra fredda può essere però fuorviante, ma emerge, anche oggi come in questa competizione tra potenze sia centrale il tema della primazia nelle nuove tecnologie, in particolare di quelle emergenti. Una competizione, possiamo dirlo, che rimanda anche a un generale confronto tra democrazie ed autocrazie, anche se dai contorni ideologici molto più sfumati rispetto al passato, per quanto il campo dei paesi autocratici sia in realtà molto più diviso, disomogeneo e attraversato da rivalità profonde di quello democratico.

È indubbio però che in questa nostra odierna competizione la conquista del primato tecnologico è probabilmente la sfida che catalizza più risorse, essendo collegata direttamente a molti interessi strategici dei paesi coinvolti, e più attenzioni, di natura politica e mediatica. Anche perché potrebbe determinare chi dominerà il prossimo secolo, un’epoca di svolta per il genere umano.

È interessante segnalare come, oltre alla sfida che interessa il dominio nelle tecnologie digitali o nello sviluppo delle nuove tecnologie dirompenti, in due campi particolari, che saranno però fondamentali anche in futuro, è emerso nel corso di alcuni recenti fatti quanto ancora oggi l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, possano vantare un oggettivo vantaggio rispetto agli altri rivali. Il primo riguarda il campo della ricerca scientifica in ambito medico, dove, i vaccini prodotti in Occidente hanno dimostrato la loro superiorità rispetto a quelli prodotti in Cina o Russia (nonostante la grande propaganda con cui erano stati salutati i vaccini russo-cinesi), permettendo al mondo di poter affrontare la pandemia. Ma l’altra vera notizia riguarda il tema della fusione nucleare. La recente notizia, annunciata negli USA, dimostra quanto in questo settore strategico per il futuro, l’Occidente sia in vantaggio rispetto ai suoi competitori. Per quanto possano mancare ancora molti anni al raggiungimento della effettiva possibilità di sfruttare una fonte di energia derivante dalla fusione nucleare, è chiaro che l’ultimo passo fatto sia stato un evento eccezionale. Che potrebbe davvero determinare un cambio enorme nella storia dell’umanità e del pianeta. Non solo sul piano energetico o ambientale, ma anche economico e politico: pensiamo soltanto cosa potrebbe comportare vivere in un mondo non più dipendente dai combustibili fossili. E cosa potrebbe comportare proprio nel quadro della competizione tra potenze. Un altro esempio, in fondo, di come, in alcuni settori ancora fondamentali per il futuro dell’uomo, come la ricerca scientifica o la medicina, il vantaggio dell’occidente, e soprattutto dell’America, sia ancora evidente. Alla faccia del (presunto) declino.

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