La prima comparsa dei droni nei conflitti bellici. Brevi cenni storici fino al secondo dopoguerra

Se volessimo collocare in una finestra spazio-temporale la nascita di quelli che, oggi, vengono comunemente definiti “droni”, probabilmente incontreremmo qualche difficoltà. Tra le varie ragioni, forse, quella preminente potrebbe essere la trasformazione della guerra generalmente intesa. Nella fattispecie, particolare rilevanza assumono le questioni tattiche nell’evoluzione delle battaglie e, di concerto, le modalità di utilizzo del mezzo.
Il concetto di velivolo a pilotaggio remoto, impiegato per scopi di Intelligence, Surveillance and Reconnaissance (Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione) è piuttosto recente, così come la sua escalation a velivolo d’attacco al suolo.
È pur vero, tuttavia, che una radice profonda la si può individuare verso la metà del 19° secolo, quando nacquero i primi dispositivi senza pilota, atti a trasportare carichi esplosivi (precorrendo gli attuali missili) o svolgere compiti collaterali (bersagli volanti).
Tema cardine della trattazione è l’impiego di mezzi aerei controllabili a distanza o capaci di compiere un percorso prestabilito programmato prima del lancio.
Proprio in tal senso il concetto di drone aereo è strettamente legato all’evoluzione progressiva del potere aereo (air power) che ha delineato talune caratteristiche fondamentali che la distinguono dal potere terrestre e marittimo soprattutto nei primi periodi di diffusione intensiva.
Alcuni, nella ricerca dell’originale utilizzo di un drone aereo, osano spingersi addirittura alla fine del ‘700, quando i fratelli Montgolfier si cimentarono in prove sperimentali di lancio palloni in quota, il cui scopo però era ben lontano da quello qui trattato. Infatti se nel 1783 i due fratelli vinsero la forza di gravità al contempo nel 1794 durante la Battaglia di Fleurus si delineò un primo impiego degli aerostati quali luoghi adatti all’installazione dei centri decisionali per la conduzione del conflitto. Il progressivo sviluppo che portò al 1852 Henri Giffard a creare un dirigibile trovò i tempi più maturi per iniziare a distinguere il “sogno del volo” dal potenziale tattico e strategico delle azioni possibili muovendosi nel dominio aereo. In tal senso propriamente immaginare di rimuovere la presenza umana dalla creazione tecnologica sorta dal sogno di fare volare l’uomo fu una complessa espressione di come la tecnologia possa spesso aprire a potenzialità ben superiori rispetto a quelle immaginate all’inizio.
Un primo esemplare, di dispositivo controllabile a distanza durante o prima del volo, potrebbe forse essere quello dei Ballonbomben austriaci, dei mini-palloni aerostatici dotati di ordigni esplosivi ed impiegati nel 1849 contro la città di Venezia. Del tutto assente, però, la gestione e/o programmazione della navigazione e, il fatto che i palloni fossero affidati al vento, non assicurava il successo dell’operazione (fatalità volle, difatti, che alcuni tornassero indietro al mittente).
Un vero e proprio esempio di “controllo remoto” potrebbe invece essere il Telautomaton, l’invenzione di Nikola Tesla presentata nel 1898 a New York, al Madison Square Garden, durante un’importante manifestazione scientifica. Una piccola imbarcazione, controllata da onde radio, fu la prima dimostrazione di come si potesse interagire a distanza con un mezzo che, tradizionalmente, avrebbe richiesto la presenza umana a bordo dello stesso.
Seppur l’invenzione di Tesla non riscosse il successo sperato, la tecnologia alla base di essa (le onde radio) conobbe, invece, una crescita costante e l’impiego in una moltitudine di settori.
Ci vorranno circa una ventina d’anni però affinché se ne possa apprezzare l’applicazione in campo aeronautico e, in particolar modo, in quello militare.
Infatti il periodo intercorso fino alla prima Guerra Mondiale rese il mezzo aereo classicamente pilotato importantissimo per due questioni strategiche: innanzitutto il superamento del concetto strategico di isolamento geografico connesso alla presenza di mare per le isole maggiori (con riferimento alla traversata del Canale della Manica di Louis Bleriot nel 1909 che fece realizzare alla Gran Bretagna la fine di qualsiasi protezione “certa” dagli attacchi anche con una flotta marittima considerevole) e secondariamente l’impiego autonomo del potere aereo durante una campagna bellica (come avvenne con l’intervento italiano in Libia nel 1911).
Il contesto della Prima Guerra Mondiale, tipicamente considerata “di posizione” garantirà che il compito principale del potere aereo fosse ricondotto maggiormente a due funzioni. La ricognizione (come mostrato dall’impiego scelto dal Gen. John French per il Royal Flying Corps già nel luglio 1914 poco dopo la dichiarazione di Guerra) così da potenziare le informazioni e le scelte militari sul terreno. Il bombardamento (subito dai britannici con oltre 9000 bombe sganciate dai tedeschi attraverso dirigibili e velivoli) per il quale fu necessario iniziare lo sviluppo immediato dei sistemi di difesa aerea.
Sarà nel contesto della Prima Guerra Mondiale che, nel 1917, nascerà l’Aerial Target (Bersaglio Aereo), un velivolo di origine britannica, frutto della collaborazione tra Henry Philip Folland (ingegnere aeronautico) e Archibald Montgomery Low (scienziato e considerato padre dei sistemi a guida radio) . Il velivolo, come suggerisce il nome, nasceva con l’idea di creare un addestratore per i sistemi anti-aerei, in grado di effettuare delle evoluzioni similari a quelle di un vero aeroplano.
Poco dopo saranno gli americani ad espandere il concetto, creando la prima torpedine volante. Il Kettering Bug (così chiamato in onore di uno dei suoi ideatori), frutto della collaborazione tra il Tenente Colonnello dell’esercito Bion Arnold e l’industriale Charles Kettering, farà il suo primo volo nel 1918. Il sistema consisteva in un velivolo montato su di un carrello e lanciato da una rotaia portatile. Una combinazione di controlli elettrici e pneumatici, presenti a bordo, consentiva, dopo un determinato tempo di volo, di spegnere il motore, staccare le ali e far precipitare sul bersaglio la torpedine (praticamente la fusoliera dell’aereo), i cui circa 90 kg di esplosivo (in essa contenuti) sarebbero detonati all’impatto . Non fu un caso che proprio nel Regno Unito si operasse sul settore aereo uno sforzo in termini di investimenti economici così importante infatti nel 1918, nonostante i costi alti di gestione, l’impatto psicologico del potere aereo sul senso di insicurezza nazionale, portò un giovane Winston Churchill a scegliere, quale incaricato dal Governo per la gestione della Royal Navy (con il ruolo di First Lord of the Admirality) di separare il potere militare aereo dalle altre componenti belliche per la prima volta al mondo, creando la Royal Air Force (RAF).
Circa 25 esemplari di Kettering Bug vennero prodotti ma la fine delle ostilità in Europa fece diminuire l’interesse sul progetto, che venne ufficialmente abbandonato nel 1925 .
Gli inglesi tornarono poi a cimentarsi con il pilotaggio remoto quando, nel 1935, diedero vita al De Havilland DH82B Queen Bee (la cui paternità del termine “drone” sembra spettare proprio a questo velivolo) . Ideato sulla scocca del Tiger Moth (un velivolo da sorveglianza marittima), il Queen Bee aveva dei dispositivi radio ed elettropneumatici collocati al posto del seggiolino posteriore, grazie ai quali si potevano controllare da terra le superfici di volo. Il lancio avveniva tramite catapulta e lo scopo principale era quello di servire da bersaglio per l’addestramento Anti-Aereo. Dei 412 esemplari prodotti, la maggioranza (360) furono acquaplani (con i galleggianti al posto del carrello d’atterraggio) .
Anche negli USA i tentativi di sviluppo di un controllo tramite radiofrequenza continuarono. La U.S. Navy riuscì, nel 1937, nella conversione di uno Stearman-Hammond JH-1, che fu poi impiegato come bersaglio antiaereo .
Sarà proprio su questa scia che nascerà la Radioplane Inc., un’azienda sviluppata e diretta dall’attore e imprenditore Reginald Denny (per la quale lavorò anche la famosa Marilyn Monroe). Nato da un disegno dell’ingegnere Walter Righter (poi acquistato dall’imprenditore), il velivolo attraversò vari stadi di sviluppo. Il primo di questi ad essere commercializzato in maniera interessante fu, intorno al 1939, il modello RP-5, acquistato sia dalla U.S. Army (in versione con carrello d’atterraggio e codifica OQ-2) che dalla U.S. Navy (senza carrello d’atterraggio e con codifica TDD-1) .
Se l’industria sembrava essersi assestata sull’impiego dei “droni” come bersagli aerei, la ripresa delle ostilità a carattere internazionale (Seconda Guerra Mondiale) farà nuovamente virare verso un loro utilizzo “cinetico”. Tale trasformazione risultò più effetto delle scelte strategiche seguite al primo conflitto mondiale che causa delle stesse. Al termine del Primo Conflitto Mondiale le aspettative, purtroppo deluse, di essere arrivati a concludere la “guerra delle guerre” riportò l’attenzione internazionale al costo in termini umani ed economici dello sforzo bellico appena concluso. Ad esempio la RAF fu posta in discussione dal Parlamento Britannico per determinare se risultasse di interesse il mantenimento anche nei periodi di pace. A sei mesi dall’armistizio gli stormi passarono da 188 a 23 , oltremodo risultava difficoltoso specificare come la tendenza ad una futura guerra difensiva e di posizione potesse beneficiare di mezzi aerei tesi alla proiezione dello sforzo militare. Un metodo valido per dimostrare l’importanza di tale strumento bellico fu rappresentato dal rapporto di impiego tra mezzi e uomini (dimostrato dalla RAF nel 1921 ). Mentre i teorici del potere aereo per l’attacco al suolo e in mare (soprattutto con riferimento alle teorie di Giulio Douhet e Billy Mitchell ) proponevano un impiego teso ad abbattere la volontà avversaria allo scontro, al contempo le potenze vittoriose della Prima Guerra Mondiale abbatterono i costi di sviluppo legati allo sfruttamento del dominio aereo avendo difficoltà ad immaginare i vantaggi immediati. La Germania invece pensò ad un impiego della forza aerea (Luftwaffe) per la distruzione delle forze aeree, marine e terrestri nemiche che fosse compatibile a quella versione della strategia indiretta che sarebbe poi passata alla storia come blitzkrieg. Per fare ciò progressivamente gli equipaggi iniziarono ad operare congiuntamente alle forze di terra con formazioni di velivoli guidati da personale di terra (Forward Air Controllers). Dall’altra parte del mondo, intanto, l’Impero giapponese aveva sviluppato una propria capacità di impiego del mezzo aereo tale da facilitare l’invasione della Manciuria nel 1931 (soprattutto per quanto già compreso nel 1914 con l’assedio di Tsingtao) .
Tra le due guerre mondiali numerosi record di distanza, altitudine e velocità furono raggiunti grazie all’interesse dei potenziali sviluppi in ambito civile e alla dimostrazione dell’impiego del mezzo aereo nella Guerra Civile Spagnola (1936-1939) .
Come anticipato, quindi, le rinnovate esigenze belliche all’alba del secondo conflitto mondiale, fornirono nuovi spunti. In tal senso, un primo approccio fu quello di riconvertire dei velivoli esistenti in “missili guidati”. I bombardieri BG-1 e TG-2 furono i pionieri negli USA (1939). Controllati da un velivolo a circa 10 miglia di distanza, erano in grado, tramite telecamera, di individuare un bersaglio al suolo ed essere “pilotati” verso lo stesso. Sfruttando questo sistema, vennero realizzati i velivoli TDN-1 e TDR-1 che, tuttavia, salvo qualche sporadico impiego nel Pacifico contro i Giapponesi, non ebbero grande successo. La Navy americana, dopo una serie di “bilanci negativi” tra test andati a buon fine e fallimenti, decise di abbandonare il progetto .
I tentativi di realizzare un ordigno volante e, possibilmente, pilotato, che si differenziasse quindi dalle comuni bombe a caduta libera, continuarono con le Glide Bombs. A partire dal 1941 vennero realizzate le prime GB-1, GB-2 e GB-3, delle bombe inserite in un telaio che ne consentisse una planata nella stessa direzione di sgancio (amplificando quindi la distanza di una comune caduta libera). Il primo modello ad integrare un controllo sarà la GB-4 che sfrutterà una telecamera ed un trasmettitore per riportare al pilota del bombardiere le immagini. Sulla base di quanto osservato il pilota avrebbe poi potuto, tramite radiocomando, correggere la traiettoria di planata.
Alla GB-4 seguirono poi altre versioni più complesse, come la GB-5 (che integrava un rilevatore di contrasto, utile contro le navi sulla superficie dell’oceano), la GB-6 (con un dispositivo a ricerca di calore), la GB-7 (con rilevatore radar) e la GB-15 (con sistema a guida radar e/o TV) .
Quasi contemporaneamente gli ingegneri del Terzo Reich lavoravano invece all’impiego dei pulsogetti per la propulsione della prima bomba volante, la V-1. Nata dalla combinazione di una fusoliera, un pulsoreattore ed un sistema di guida composto da giroscopio, bussola ed altimetro, la V-1 era in grado di trasportare circa 850 kg di esplosivo alla velocità massima di 400 kts ed a 150 Nm di distanza. Il lancio avveniva tramite catapulta o rampa ed il suo impiego aprì una nuova era nel campo degli armamenti (1944) .
Lo stesso concetto fu ripreso ed amplificato in terra statunitense, con la creazione del McDonnell TD2D-1 (1942). Il velivolo, nato come bersaglio aereo e non come bomba, vantava una grande differenza rispetto alla V-1, ovvero la possibilità di essere comandato a distanza tramite radiofrequenza e recuperato con l’impiego di un paracadute .
Nonostante nessuna delle invenzioni precedenti si sia rivelata determinante alla risoluzione del secondo conflitto mondiale, al contempo la possibilità di gestire un conflitto escludendo la presenza di combattenti dal luogo del conflitto parve essere il principale “driver” per la ricerca di soluzioni tecnologicamente compatibili.

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