Africa: diffusione e presenza del terrorismo jihadista

Dalla Somalia al Golfo di Guinea passando per il Sahel: come e dove si è maggiormente radicata la presenza di organizzazioni jihadiste nel continente africano. La contrapposizione tra Al Qaeda e ISIS e le connessioni con le organizzazioni criminali. Perché la minaccia terroristica è una delle cause di instabilità nei paesi africani. Un nuovo approfondimento di Europa Atlantica.

Nei giorni scorsi un nuovo attentato terroristico ha colpito la città di Mogadiscio in Somalia, paese che da decenni si trova in uno stato di costante instabilità e insicurezza determinata anche dalla presenza di organizzazioni e gruppi terroristici e insurrezionali di ispirazione islamista e jihadista. L’ultimo di una serie di azioni violente nella capitale somala firmate dai terroristi Al Shabaab che sembra aver intrapreso una nuova campagna di destabilizzazione al fine di riaffermare la propria centralità d’azione nell’area.

La Somalia, come tutta la regione dell’Africa Orientale, da alcuni anni è teatro di numerose incursioni e attacchi terroristici e di una diffusa presenza di gruppi jihadisti di diversa affiliazione che agiscono in taluni casi anche in maniera indisturbata approfittando sia della porosità dei confini tra i paesi della regione che dell’instabilità e della fragilità delle istituzioni locali e nazionali. Le recenti dinamiche evidenziano come gli Shabaab, di estrazione qaedista, si stiano confrontando anche con gruppi minori legati alla galassia di Islamic State; la sempre più pervasiva presenza sul territorio di Islamic State in Somalia -ISS-, attivo nella regione del Puntaland e di Islamic State in Somalia, Kenya Tanzania Uganda -ISSKTU-, principalmente operativo sulla fascia di confine interno, rappresentano una spina nel fianco per la storica organizzazione qaedista che tende a manifestare la propria centralità anche attraverso le eclatanti azioni terroristiche compiute nella capitale. Una sorta di proxy war ideologica tra Al Qaeda e Islamic State che si definisce attraverso una, ben più banale, contrapposizione sul territorio volto ad acquisire il controllo dei traffici illeciti che attraversano l’area.  

La situazione conflittuale in Etiopia ed Eritrea, sembra ricordare come il Corno d’Africa si definisca una criticità geopolitica permanente che, tra povertà, instabilità, insicurezza e conflitti etnici e religiosi, continua a rappresentare un contesto critico del quale, è plausibile ritenere, approfitteranno le organizzazioni terroristiche. E se la regione sembra essere tratteggiata da uno storico legame con le prime e strutturate azioni rivendicate dalla scuola del terrorismo globale, si ricordino i primi grandi attentati realizzati in Kenya e Tanzania, contro le ambasciate americane, ora appare chiaro come a questo si siano sostituite delle progettualità particolari, definite e guidate da un terrorismo ibrido principalmente incentrato sull’affarismo. L’Africa pur essendo storicamente un continente caratterizzato da una diversità tra regione e regione, oggi sembra essere accomunata proprio da una diffusa presenza di instabilità politiche, povertà endemica, fragilità istituzionale che altro non è che la risultante di un mai compiuto processo di rinascita a seguito dei processi di decolonizzazione. Già a partire dagli anni 60, i tentativi di una parte dell’Islam radicale nel definire una propria sfera identitaria, da opporre alle esperienze politiche dei governi, si pensi ai paesi del paesi dell’ Africa mediterranea e in particolare l’Egitto, ma anche al Sudan, posero le basi perché si potessero definire delle organizzazioni antagoniste strutturatesi sulla base di una reinterpretazione del jihad rimodulata in chiave moderna; un’onda ideologica che, nel tempo, si è estesa ovunque, fino ad arrivare a coinvolgere anche aree come la Nigeria,  Repubblica Centro Africana, il Camerun e il Congo assumendo delle peculiarità locali ma tendenzialmente in raccordo con quel pensiero ideologico condiviso figlio della prima grande chiamata al jihad globale, quella contro l’armata rossa  in Afghanistan. Più recentemente, la caduta del regime libico, e soprattutto la guerra civile in Mali nata anche da ambizioni indipendentiste delle tribù nomadi dell’Azawad, hanno rappresentato un moltiplicatore di criticità per la regione saheliana, determinando una nuova politica di azione dei gruppi e delle organizzazioni terroristiche che proprio con questa esperienza hanno avuto modo di definire legami relazionali; ecco dunque che Mauritania, Burkina Faso, Niger e Costa d’Avorio sono diventati terreno di conquista e, secondo la ormai strutturata dicotomia del terrore, anche spazi di contrapposizione tra Al Qaeda e Islamic State. Anche qui come più a sud in Somalia e in Niger e sulle rive del Lago Chad il copione si ripete; le opposte fazioni del jihad, sempre più spesso caratterizzate da scissioni e ricomposizioni sotto nuovi gruppi, alimentati da reduci del califfato, agiscono al fine di trarre profitto. Ed ecco che da  Boko Haram si genera Islamic State in West Africa Province- ISWAP- che in pochissimo tempo ha conquistato il controllo delle principali rotte provenienti da sud Africa e dirette verso il collettore nigerino; connivenza, corruzione e le particolari condizioni locali di queste aree favoriscono intrecci tra i gruppi jiahdisti con attività insurrezionali promosse da movimenti locali, ispirate da storiche logiche di contrapposizioni etniche o tribali; una instabilità sociale e non solo politica all’interno della quale il messaggio jihadista penetra con facilità offrendo un’alternativa.

In particolare nel Sahel, regione storicamente poverissima e instabile, dove le condizioni di vita e la povertà sono direttamente proporzionali all’elevatissimo tasso di natalità e all’esplosione demografica dei suoi paesi, si è definita una stretta collaborazione tra organizzazioni terroristiche e assetti criminali di vocazione transnazionale; traffico di sostanze stupefacenti, contrabbando, traffico di armi e assetti legati allo human smuggling e trafficking sono le  uniche forme di economia che si definiscono sul territorio.  Alla luce di quanto sopra è interessante notare come il continente africano abbia assunto un ruolo centrale negli aspetti evolutivi del terrorismo, e questo sia dal punto di vista formale e sostanziale.

Contrapposizioni, alleanze criminali, defezioni ideologiche  e strumentalizzazioni internazionali sono le condizioni che stanno ridefinendo, direttamente o indirettamente, la geopolitica delle relazioni criminali nel continente africano, proiettando verso il Mediterraneo un quadro preoccupante.

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