Il punto su Ebola e Marburg in Africa

Il punto sulla presenza di virus molto pericolosi come Ebola e Marburg nei paesi dell’Africa Occidentale

La sfida contro ebola è ripartita lo scorso febbraio, a seguito di decine di casi riguardanti la Guinea e la Repubblica Democratica del Congo. I governi dei paesi interessati e di quelli immediatamente confinanti, con l’ausilio della comunità internazionale, forti dell’esperienza accumulata nelle precedenti epidemie, si sono immediatamente attivati per contenere la nascente criticità. I risultati sono stati incoraggianti, tanto che lo scorso 19 giugno, le autorità della Guinea hanno dichiarato la fine dell’epidemia di ebola con un totale di 23 casi (con 12 decessi). Grande soddisfazione è stata espressa anche dal Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Thedor Ghebreysus, che ha rivolto un plauso a tutti coloro i quali hanno profuso sforzi per il contenimento dell’epidemia in atto, circoscrivendola in determinate aree ed evitando che potesse propagarsi con esiti devastanti. Sempre secondo Ghebreysus, è stata determinante la conoscenza pregressa dell’epidemia, già affrontata tra il 2014 e il 2016, per mettere in pratica le misure più opportune consistenti soprattutto in un pronto intervento, in un efficace coordinamento delle risorse sul territorio e nell’utilizzo di vaccini.

Tuttavia, lo scorso 14 agosto, Pierre Dimba, Ministro della Salute della Costa d’Avorio, ha riferito che ad Abidjan, il cuore pulsante del Paese, è stato riscontrato un caso di ebola. Si tratta del primo caso registrato dal 1994 e la notizia ha comprensibilmente destato una certa preoccupazione in seno all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli esperti dell’OMS hanno comunque fatto presente che l’Africa è ormai dotata di strumenti avanzati di contrasto a ebola e ha chiarito che la principale fonte di apprensione è data dal fatto che il caso sia avvenuto ad Abidjan. Questa città infatti, con oltre 4 milioni di abitanti, è la capitale de facto dello stato, e la rapidità di diffusione di ebola potrebbe causare, in un centro abitato di grandi dimensioni, conseguenze decisamente gravi, soprattutto per le difficoltà di tracciamento.

Secondo quanto riferito dallo stesso Ministro della Salute ivoriano, il caso, confermato, proviene dalla confinante Guinea e si tratta di una ragazza di diciotto anni, prontamente ricoverata in terapia intensiva. Ricostruendo gli spostamenti, la giovane sarebbe giunta in Costa d’Avorio in un autobus con circa 70 passeggeri a bordo. La ragazza, che durante il viaggio versava in uno stato febbrile, ha assunto paracetamolo ma, una volta giunta ad Abidjan, ha accusato ulteriori sintomi (emorragia gengivale e forte emicrania) che l’hanno convinta a recarsi in ospedale dove è stata presa in cura e messa in isolamento. Attualmente sono in corso accertamenti per verificare se il caso di ebola sia legato all’epidemia in Guinea recentemente conclusa. Da prime dichiarazioni provenienti dall’OMS, ci sono notevoli somiglianze genetiche tra il nuovo caso e l’epidemia precedente, tenendo anche conto che la donna ha viaggiato attraversando anche la regione di Nzerekore, epicentro degli ultimi focolai.

Come detto in precedenza, a rendere particolarmente spinosa e preoccupante la questione, è la vastità dell’area che l’epidemia potrebbe colpire. Le contromisure, frutto dell’esperienza accumulata durante l’epidemia del biennio 2014-2016 e della presenza di scorte di vaccini provenienti dalla vicina Guinea, sono state tempestive, con il governo che ha avviato una campagna vaccinale iniziando dal personale sanitario dell’ospedale di Abidjan (circa 200 persone), con l’obiettivo di arrivare a 2000 operatori sanitari nel più breve tempo possibile. Nel frattempo, le autorità hanno identificato i circa 70 passeggeri che erano in viaggio con la donna e sono in corso accertamenti su un secondo potenziale caso di ebola del quale attualmente non è nota l’identità, anche se alcune fonti riportano che possa trattarsi di un familiare della ragazza ricoverata. Ad oggi, stando a quanto riferito dal Ministro Dimba, la situazione è sotto controllo auspicando che le campagne vaccinali portino ad abbassare ulteriormente il rischio di diffusione di questa malattia che, come sappiamo, ha piagato l’Africa Occidentale causando più di 11000 morti nel solo biennio 2014-2016.

Nonostante le rassicurazioni sul fronte ebola, l’Africa Occidentale rimane comunque al centro dell’attenzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, soprattutto per un caso di virus Marburg in Guinea. E’ notizia dello scorso 5 agosto che, nella Prefettura di Gueckedou, nel sud del Paese, vi fosse stato un sospetto caso di virus di Marburg. Tale notizia è stata confermata sia dal National Reference Laboratory di Conakry, sia dall’Istituto Pasteur di Dakar, in Senegal, e l’OMS, tramite il suo Direttore Generale, ha riferito che, pur trattandosi di un virus totalmente diverso rispetto a quello che causa il CoViD-19, vi sono pratiche di prevenzione e di trattamento comuni. A tal proposito sono di vitale importanza elementi di riposta quali l’isolamento e la cura delle persone infette, l’igiene personale, il tracciamento, la quarantena dei contatti e il coinvolgimento delle comunità locali.

Il virus di Marburg è una delle malattie più gravi conosciute dall’uomo, avendo un tasso di mortalità dell’80%, e prende il suo nome dalla città tedesca di Marburgo, dove venne isolato per la prima volta nel 1967, durante un’epidemia di febbre emorragica che ha visto coinvolto il personale di un laboratorio che aveva lavorato con reni di scimmie verdi ugandesi. L’origine di questo virus è ancora ignota, sebbene alcuni studi portati avanti dall’Istituto Francese di Ricerca per lo Sviluppo, dal Centro di Controllo delle Malattie Infettive di Atlanta (USA) e dal Centro Internazionale di Ricerche Mediche di Franceville (Gabon) abbiano dimostrato la presenza del virus nei pipistrelli della frutta. Il virus di Marburg presenta diverse somiglianze con ebola, sia perché anch’esso appartiene alla famiglia dei filoviridae, virus a RNA caratterizzati da un aspetto filiforme, sia perché provoca una febbre emorragica che può condurre alla morte in circa 8-9 giorni. Anche la sintomatologia è simile a ebola, dato che si manifesta inizialmente con cefalea, dolori addominali, vomito e febbre, per poi portare a emorragie interne. Secondo quanto riferito dall’Istituto Superiore di Sanità, il contagio avviene per trasmissione diretta da persona a persona, tramite contatto con fluidi corporei, sangue, urine e secrezioni respiratorie, mentre non sembra avere un’alta trasmissibilità via aerosol. Fortunatamente, il virus di Marburg non si trasmette durante il periodo di incubazione e risulterebbe quindi altamente contagioso solamente nella sua fase acuta, vale a dire quella caratterizzata dalle emorragie. L’assenza di un vaccino e di terapie efficaci per contrastarlo, oltre alla sua intrinseca pericolosità, lo rendono particolarmente temibile, tant’è che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha immediatamente messo in isolamento le 155 persone entrate in contatto con il confermato paziente positivo, il quale avrebbe iniziato ad accusare sintomi riconducibili al Marburg già negli ultimi giorni di luglio, sino a giungere a una rapida degenerazione della malattia conclusasi con la morte in data 2 agosto.

Le autorità sanitarie hanno avviato le dovute indagini e, stando a quanto riferito dai media locali, il luogo del contagio sarebbe una grotta nella località di Temessadou M’Boket, dove è presente una colonia di pipistrelli.  La situazione è in evoluzione e la Direttrice Regionale dell’OMS Matshidiso Moeti ha ribadito, ancora una volta, l’importanza del tracciamento dichiarando che la diffusione del virus, potenzialmente molto rapida in assenza di terapie realmente efficaci e vaccini, può essere fermata soprattutto seguendo le sue “tracce”.

Lorenzo Coppolino


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