La centralità geopolitca della regione artica

La regione artica è da decenni oggetto di studio sotto diversi aspetti, da quelli geologici e geofisici, a quelli climatici, economici e geopolitici. Da una parte i cambiamenti climatici e lo scioglimento dei ghiacciai, uniti allo sviluppo di tecnologie idrografiche sempre più all’avanguardia, hanno contribuito al dibattito sulle questioni ambientali e di sicurezza di navigazione, dall’altra l’Artico è inserito da anni nell’agenda politica di alcuni stati. Per affrontare la vicenda della sicurezza nella regione, credo sia necessario comprendere la complessità del tema artico facendo riferimento anche a questioni non direttamente connesse alla sicurezza e che rientrano in settori non di mia competenza, ma dalle quali non si può prescindere.

CLIMA- La capacità della superficie artica di riflettere l’energia incidente senza, quindi, assorbirla (coefficiente di albedo) fa dell’Artico l’indicatore chiave delle variazioni climatiche e il “refrigeratore” di un pianeta sempre più caldo. A causa del surriscaldamento globale, l’incremento della velocità di diminuzione della copertura glaciale (perdita di ¾ del volume negli ultimi trent’anni) è destinato a produrre effetti su scala regionale mondiale: dal punto di vista ambientale, comporterà il rilascio di gas in atmosfera che alimenteranno il riscaldamento del pianeta e un apporto fluviale verso i mari; dal punto di vista economico-geopolitico si aprirebbero opportunità tali da rendere l’Artico una regione potenzialmente strategica per almeno due questioni: le rotte navali e le risorse naturali.

NUOVE ROTTE- La diminuzione della banchisa artica (pack ice) e l’innalzamento delle acque permetterebbero l’accessibilità per quelle rotte di navigazione che ad ora sono possibili solo parzialmente e stagionalmente nei mesi più caldi (le cosiddette “open water”). All’eventuale apertura di una nuova vera e propria rotta di navigazione marittima transpolare si assocerebbe l’introduzione di un collegamento nuovo ed alternativo tra i mercati di Europa ed Asia con enormi potenzialità economico-commerciali:

– una riduzione fino al 41% delle distanze odierne e tradizionali (fino al 60% tra l’Europa e l’Estremo Oriente; 25% tra Rotterdam e Seattle);
– un
 aumento dei volumi commerciali marittimi;
– una riduzione significativa dei 
costi relativi al consumo di carburante, tempi di trasporto e percentuale di emissioni;
– un 
ri-ordinamento dei traffici e lo spostamento del 40- 50% del commercio dall’Oceano Indiano al Mar Glaciale Artico;
– una diminuzione del rischio di incorrere in 
fenomeni di pirateria presenti lungo alcune rotte tradizionali (come nei pressi del Corno d’Africa, nello Stretto di Malacca e altre aree di instabilità politica).

Al contempo è chiaro che l’apertura della rotta transpolare ridimensionerebbel’importanza di altre vie di comunicazione e, con esse, la posizione oggigiorno strategica di determinati porti e regioni (tra cui Medio Oriente e Mediterraneo). Inoltre, i cambiamenti climatici creerebbero delle nuove sfide alla sicurezza in termini di controllo dei confini settentrionalimigrazionecontrabbando e infiltrazioni terroristiche.

RISORSE ENERGETICHE – Alla potenziale navigabilità dell’Artico conseguirebbe, quindi, un riordinamento dei traffici, ma anche un’alterazione del mercato energetico. Lo United State Geological Survey (USGS, 2008) stima che quasi il 25% delle risorse mondiali inesplorate e recuperabili si trovi proprio nella regione artica
(13% petrolio30% gas naturale20% gas naturale liquefatto, di cui 80% offshore; minerali ferrosi, uranio, diamanti e oro, senza considerare anche le ingenti risorse idriche). Inoltre, in base allo scenario prospettato dal World Energy Outlook 2014 dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, nei prossimi 25 anni la domanda di energia primaria mondiale è destinata a crescere del 37%. Risulta evidente l’importanza che assumerebbero le risorse dell’Artico, alle quali va aggiunta quella ittica. Si tratterà di una questione non afferente solo la regione, ma richiederà un approccio della comunità internazionale nel suo complesso.

COLLABORAZIONE E INTERESSE

La crescente cognizione dell’importanza dell’assetto dell’area è testimoniata da una intensa attività tra paesi inter-artici (Canada, Danimarca – compresa la Groenlandia e le Isole Fær Øer-, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti, Svezia) che compongono il foro di consultazione regionale del Consiglio Artico, e, ancor di più, da un numero sempre maggiore di adesioni in qualità di osservatori di stati geograficamente non prossimi all’Artico (Cina, Corea del Sud, Francia, Giappone, India, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Singapore, Spagna, Regno Unito e dal 2013 osservatore provvisorio è anche l’UE). Alla luce anche del fatto che non sussiste alcun Trattato che nello specifico regoli la regione, proprio il Consiglio Artico è chiamato a fungere da banco di prova delle pratiche diplomatiche e di governance. La mancanza di un regime internazionale che regoli l’Oceano Artico è giustificata dalla Dichiarazione di Ilulissat del 2008, con la quale i cinque paesi costieri confermano la volontà di lavorare insieme e stabiliscono come principale riferimento legale la Convenzione ONU sul Diritto del Mare (Montego Bay, UNCLOS).

Le posizioni dei paesi artici.

LA RUSSIA. 

Da almeno tre secoli, ovvero da quando, su ordine dello zar Pietro il Grande, nel 1721 partì la missione del danese Vilnius Bering alla volta dell’esplorazione dell’estrema punta asiatica e distacco dal continente americano, la Russia non ha mai sottovalutato l’importanza delle terre artiche, ponendosi come paese leader nell’arctic research. Mosca, con circa il 70% del suo territorio collocato nelle latitudini settentrionali dell’emisfero boreale, vanta una posizione geografica dominante e un’economia nel circolo polare artico intorno al 12% del PIL. Nelle parole del Presidente Vladimir Putin, l’Artico è “un concentrato di praticamente tutti gli aspetti della sicurezza nazionale militare, politica, economica, tecnologica, ambientale e energetica”.

LA NUOVA DOTTRINA NAVALE RUSSA E TENSIONI POST-CRIMEA. Per decenni Mosca ha plasmato i programmi di sicurezza per l’Artico dei paesi che si affacciano sulla regione. Nell’ambito del confronto bipolare USA-URSS, l’area ha goduto di crescente attenzione sia relativamente alla contesa sottomarina che quella missilistica, venendo assunta come piattaforma di dislocamento di alcune installazioni. Dalla metà del decennio precedente, la politica artica del Cremlino ha coniugato una forte enfasi sullo sviluppo di una cooperazione internazionale ad un costante accumulo di capacità militari. Anche se questioni militari non abbiano mai approfonditamente interessato l’Artico, recentemente l’intensità delle attività militari e una generale assertività di Mosca nel Baltico, insieme all’unilaterale annessione della Crimea e la conseguente partecipazione a pieno titolo dei sette stati artici al regime di sanzioni, fanno registrare nell’area casi tipici del “dilemma della sicurezza”, per cui la postura militare di uno stato genera inquietudine in quelli vicini. In questo contesto, non vanno sottovalutati il costante pattugliamento dei sottomarini nel Mare di Barents e l’operatività dal dicembre 2014 dell’Arctic Joint Strategic Command, che sotto la guida della Flotta del Nord acquisirà unità di difesa aerospaziale, terrestre, navale e nuovi rompighiaccio nucleari.

Non è sorprendente che la dottrina militare russa del dicembre 2014, quella del 2015 nonché la nuova dottrina navale dell’agosto 2015 includano una menzione ai territori artici. Il tono di Mosca, però, contrariamente alle aspettative, non è di rivalsa. A testimoniarlo, i frequenti rimandi al diritto internazionale e relative categorie e fattispecie giuridiche. Alla riorganizzazione della postura militare, si associano una serie di contenziosi territoriali con i paesi vicini che sono stati anche motivi di avvenimenti piuttosto singolari, come l’eclatante missione Arktikà, durante la quale Mosca ha piantato una bandiera in titanio a 4.200 m sotto la verticale dell’Artico per asserirvi la propria presenza. In questo contesto è utile ricordare il caso della catena montuosa sottomarina che attraversa l’Artico per 1.800 km, la dorsale Lomonosov: la Russia vi rivendica “diritti storici” ma la sua richiesta dell’agosto 2015 dinanzi la Commissione sui Limiti della Piattaforma Continentale, per rivendicare l’appartenenza della dorsale alla piattaforma continentale russa quale estensione del continente euroasiatico, si sovrappone a quella della Danimarca che nel dicembre 2014 aveva presentato una richiesta formale in merito all’allargamento della piattaforma groenlandese. Per quanto i rischi di interventi militari siano ridotti, non va comunque dimenticato che per Mosca l’Artico costituisce un accesso importante al mare diverso da quelli che passano attraverso mari chiusi..

NORVEGIA

Come si legge nella Strategia del Governo di Norvegia, il Grande Nord è in cima all’agenda di politica estera in quanto l’80% della giurisdizione marittima norvegese è nel Nord, l’80% del commercio marittimo è lì concentrato e il 90% dei ricavi economici risiede nelle attività offshoreOslo ha presentato una documentazione sull’estensione della sua piattaforma continentale, sulla base delle disposizioni del Diritto del mare. In base al Trattato di Svalbard del 1920, le isole Spitsbergen appartengono alla Norvegia ma la sua giurisdizione è limitata, permettendo lo sfruttamento minerario anche ad altre nazioni. La Russia per anni ha, quindi, sfruttato le miniere di carbone ivi presenti. Questo è stato uno dei motivi per cui la Norvegia nel 1977 ha stabilito una zona di delimitazione della pesca, allo scopo di assicurare la sicurezza delle risorse ittiche. Tra Norvegia e Russia ci sono anche forme importanti di cooperazione nel Mare di Barens (Murmansk 2010) che forniscono un modello interdisciplinare e transnazionale per la collaborazione nello sviluppo di standard giuridici per l’esplorazione condivisa, l’utilizzo regionale specifico delle risorse petrolifere e gas offshore.

DANIMARCA

Copenaghen dal 1940 è presente militarmente in Groenlandia, territorio autonomo della Danimarca, e detiene una base aerea a Thule. Ha avanzato la propria istanza relativamente all’allargamento della piattaforma continentale della Groenlandia lungo un’area sottomarina che include anche il Polo NORD geografico. Qualora la Commissione affidasse la giurisdizione alla Danimarca, quest’ultima acquisirebbe diritti esclusivi di sfruttamento sulle risorse naturali lì presenti.

Copenaghen è anche in contrasto con il Canada in merito all’Isola Hans, situata esattamente al centro dello Stretto di Nares, che separa la Groenlandia dal Canada, corrispondente con la linea di frontiera tra le acque territoriali di questi due stati. Grazie al diritto internazionale, tutti i paesi hanno il diritto di rivendicare la propria sovranità territoriale entro 12 miglia dalla loro costa, come tale, l’Isola di Hans si trova tecnicamente in entrambe le acque, danesi e canadesi.

CANADA

E’ il secondo più grande stato del circumpolare artico (l’Artico canadese occupa il 40% del paese). Rivendicazioni risalgono al primo decennio del XX secolo e sono i primi di carattere storico ed etnico (occupazione dell’area da parte di popoli Inuit e autoctoni). In relazione allo sfruttamento del Passaggio a Nord-Ovest, un’istanza importante che Ottawa avanza nel concorrere nell’Artico è quella relativa alle linee di base attorno al suo arcipelago, affermando che gli stretti tra le isole che lo compongono, che sono un percorso essenziale lungo il Passaggio a Nord Ovest, sono acque interne e non soggette al diritto di passaggio. In questo modo il Canada potrebbe escludere il passaggio alle navi straniere controllando in toto la navigazione marittima nelle sue acque. Tuttavia, esistono divergenze tra gli Stati Uniti e il Canada per quanto riguarda il confine marittimo nel Mare di Beaufort e tra il Canada e la Danimarca su una piccola parte del confine marittimo nel Mare di Lincoln. Attualmente sta investendo in modo significativo nel lavoro scientifico, tecnico e giuridico necessario per delineare i limiti esterni della sua piattaforma continentale.

STATI UNITI.

Si definiscono una “nazione Artica” con diversi interessi nella regione, tra cui quello della affermazione della potenza marittima. Il grande ruolo che Washington gioca è sulla lotta al cambiamento climatico, ben cosciente che un Artico senza ghiacci aprirebbe ipotesi di contrasto sulla libertà di navigazione e lo sfruttamento delle risorse, ma anche dal punto di vista della sicurezza interna avrebbe implicazioni sulla questione migratoria e della prevenzione da attacchi terroristici. Per tale motivo, nonostante gli USA non abbiano ratificato la Convenzione ONU sul Diritto del Mare, ma ne riconoscano le disposizioni in termini di diritto consuetudinario, promuovono le Organizzazioni multinazionali come il Consiglio Artico e l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO).

La strategia USA mira, quindi, ad aggiornare la propria infrastruttura artica satellitare e di comunicazione, nonché gli strumenti di ricognizione marittima a lungo raggio e ricerca e soccorso, accrescere la consapevolezza del dominio nella regione, preservare la libertà dei mari e garantirsi il futuro fabbisogno energetico. Nei consessi internazionali persegue l’impegno per la conservazione delle risorse, la tutela dell’ambiente e una migliore comprensione della regione attraverso la ricerca scientifica.

CINA: è il più grande stato non-Artico e osservatore del Consiglio Artico. Finora ha adottato un approccio attendista relativamente ad un coinvolgimento nella regione e si appresta a svolgere un ruolo chiave, chiedendo già il riconoscimento degli interessi degli Stati non artici e ipotizzando che le zone sottomarine internazionali siano patrimonio dell’umanità. Il 50% del PIL cinese dipende dalla navigazione marittima e come tale un Artico senza ghiacci soddisferebbe una “necessità geopolitica” per la crescita dell’economia cinese e si stima un aumento del 15% del commercio estero di Pechino. L’accesso a nuove zone di pesca e altre risorse naturali potrebbe, inoltre, favorire la cooperazione tra la Cina ei suoi vicini, soprattutto il Giappone con cui fatica a trovare un terreno comune in molti altri settori.

SICUREZZA. Non vi sono organizzazioni che riuniscono gli stati artici in un sistema di sicurezza regionale integrato e le riunioni annuali dei capi di Stato Maggiore degli stati artici, iniziate nel 2012, sono terminate nel 2014. A seguito della crisi ucraina, infatti, si è avvertita una certa tensione nel contesto del Consiglio Artico (il Canada ha disertato delle sedute), mentre sul fronte europeo Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia hanno prospettato un monitoraggio più avanzato in termini di sorveglianza aerea e marittima.
5 sono i Paesi artici che fanno parte della 
NATO (Islanda, Danimarca, Norvegia, Canada e Stati Uniti) ed è per questo aperto il dibattito relativo ad un intervento dell’Alleanza Atlantica a difesa dell’integrità del territorio in caso di subita aggressione e invocazione dell’art. 5.
Svezia e Finlandia, che non sono membri NATO, hanno stretto dei più stretti rapporti con l’Alleanza e nel 2009 con Norvegia e Danimarca hanno composto il NORDEFCO (Nordic Defence Cooperation; Islanda, Lituania, Lettonia e Estonia sono paesi partner), un patto informale per air transportation and law enforcement. Oltreoceano, Canada e USA conducono attività di controllo aereo, aerospaziale e marittimo nel Nord America grazie al NORAD (North American Aerospace defence Command).

POTENZIALI CONTENZIOSI, secondo le fonti più accreditate, potrebbero nascere più che per questioni territoriali e sfruttamento delle risorse, per il controllo delle rotte commerciali e di comunicazione, così come al passaggio lungo gli stretti e quello inoffensivo in acque territoriali. Già in passato Canada e Stati Uniti hanno raggiunto un accordo in merito alla navigazione nel Nord-Ovest, analogamente Russia e Norvegia sui confini del Mare di Barents. Sembrerebbe per ora, dunque, diffusa la buona pratica di dirimere le controversie in maniera pacifica a livello bilaterale.

INFRASTRUTTURE TECNOLOGIA E RICERCA. L’Artico presenta anche opportunità importanti per la ricerca tecnologica. L’incremento di attività marittime implica, infatti, anche la necessità di infrastrutture e tecnologie all’avanguardia capaci di coniugare la tutela dell’ecosistema e delle popolazioni indigene a interessi economici, ma anche garantire la sicurezza della navigazione data, ad esempio, la distanza tra i cosiddetti “porti rifugio” e la presenza di iceberg alla deriva.

In questo contesto, il contributo scientifico dell’Italia è estremamente prezioso relativamente al settore estrattivo, nella ricerca coltivazione di idrocarburi in mare, e geotermico. Nelle attività di ricerca nell’Artico sono, inoltre, impegnate istituzioni italiane come il CNR, l’ENEAINGVOGS e università, ma anche centri di eccellenza e aziende di punta nazionali. Lo scorso dicembre in nostro Ministero degli Affari Esteri ha diffuso le linee-guida nazionali nella regione.

È possibile dire che il generale interesse per l’Artico è considerato un fattore di stimolo per la ricerca e la cooperazione. Ne siano testimonianza gli accordi raggiunti sulla gestione delle operazioni di ricerca e di soccorso sia marittimo che aereo dell’Artico, la cooperazione contro l’inquinamento marino e per la biodiversità, nonché la ventennale collaborazione nel Mare di Bering tra Stati UnitiRussia per la ricerca e la gestione degli stock ittici, e il contrasto alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Nell’ottobre 2015, infine, il lancio del Artic Coast Guard Forum registra sforzi collettivi per promuovere la sicurezza e l’attività marittima eco-responsabile nella regione.

Per approfondire:

Verso Una Strategia Italiana per l’artico. Linee-Guida Nazionali – Ministero Degli Affari Esteri e Della Cooperazione Internazionale 
Dinamiche della Copertura Glaciale Artica e Rotte di Navigazione – Studio sulla Regione Artica – Istituto Idrografico della Marina
World Energy Outlook 2014- Sintesi Italiana
Il confronto internazionale nell’Artico – Osservatorio di Politica Internazionale
Assertiva e presidenziale: la nuova Dottrina del mare della Russia – Limes
Perché anche la Cina fa rotta per l’Artico- Aspenia
The High North: emerging challenges and opportunities- Sub- Committe on Energy and Environmental Security NATO Parliamentary Assembly 
 Arctic security matters – Euiss
National Strategy for the Arctic Region – The White House
Us Navy Arctic Roadmap 2014-2030 – Task Force on Climate Change
China’s Arctic aspirations – SIPRI 
The New Ice Curtain: Russia’s Strategic Reach to the Arctic – CSIS
Offshore Oil and Gas Governance in the Arctic A Leadership Role for the U.S. – The Brookings
The Arctic game- Oil  
Interstate Relations in the Arctic: An Emerging Security Dilemma?- Comparative Strategy
Russia’s new maritime doctrine- Janes 
Ukraine Crisis and the Arctic: Penalties or Reconciliation?- The Arctic Institute 

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