Quanto conta l’Artico per il futuro della sicurezza in Europa

Il contributo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per la rivista Airpress di settembre

C’è un tema che interessa direttamente il futuro dell’Europa: è il destino della regione artica.  

Con l’invasione russa dell’Ucraina, e la successiva richiesta di ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia, il “Fronte Nord” è tornato al centro del confronto strategico e geopolitico europeo. Ma sempre di più, in un futuro molto prossimo, potrebbe influire anche sul confronto globale tra le superpotenze, con la Cina e la Russia che da tempo hanno allungato le loro attenzioni, per motivi diversi, su questa area. Non solo sul piano politico e militare.

Infatti, con il rapido processo di riscaldamento globale, i ghiacci del Polo Nord si sciolgono sempre più rapidamente e di conseguenza le acque dei suoi mari diventano navigabili in tratti sempre più ampi e per tempi sempre più lunghi. Questo processo in atto ha un primo impatto di natura ambientale e climatica, che pone molti seri rischi per tutti, ma anche un impatto rilevante per le politiche di sicurezza, commerciali, energetiche.

Con le nuove condizioni climatiche che potrebbero determinarsi, aumenteranno le possibilità della Russia di accedere ai mari nordici, per finalità che vanno dalla difesa alla ricerca di nuovi giacimenti minerari da sfruttare, e per la Cina di sfruttare nuove rotte marittime là dove un tempo si estendevano i ghiacci perenni. Una scorciatoia che potrebbe diventare alternativa anche alla via mediterranea e stravolgere i traffici marittimi mondiali.

È evidente che in tempi recenti la maggiore attenzione verso l’Artico è derivata da molti diversi fattori, ma anche dalla presenza della Russia nell’area. E ovviamente con la guerra questa attenzione è stata ulteriormente rilanciata. Ma si tratta di una tendenza in atto da alcuni anni.

La Russia è un paese che ha una parte importante del proprio territorio dislocato lungo i confini della regione artica. Nella sua storia ha sempre avuto una limitata capacità di accesso ai mari caldi e pochi porti utilizzabili tutti i mesi dell’anno. L’interesse strategico per le coste ucraine, per la Crimea, o per l’accesso al Mediterraneo, si spiega anche così. E non da oggi. Con il discioglimento dei ghiacci artici assisteremo rapidamente, nei prossimi anni, all’apertura di nuove rotte oceaniche, con un impatto potenziale, sul piano economico, commerciale, geopolitico, enorme. Cina e Russia sono ben consapevoli dell’importanza che queste nuove rotte artiche potranno avere per le loro economie e per i loro interessi strategici.

Anche per questo l’ingresso di Svezia e Finlandia assume un ruolo di rilievo per la NATO: il Mare del Nord, il Baltico, la Scandinavia diventano sempre più importanti per la sicurezza euro-atlantica. E paesi come l’Islanda o regioni come la Groenlandia acquisteranno una centralità maggiore, che nel tempo andrà crescendo. Con la conseguenza prevedibile che si intensificherà la corsa, e la competizione, per il controllo della regione artica e delle sue rotte. Una competizione che ha sì una forte dimensione geopolitica, ed economica, ma interessa anche aspetti di giuridici e, ovviamente, di tipo militare. Una crescente competizione potrebbe portare a una maggiore presenza militare nell’area, con nuove basi, mezzi e uomini dislocati a difesa dei confini e degli interessi più rilevanti.

Anche per questi motivi, probabilmente, la corsa all’Artico sarà una delle principali sfide dei prossimi anni per la sicurezza mondiale. Una sfida non banale, che interesserà tutti i protagonisti della scena politica globale e riguarda anche i paesi mediterranei come l’Italia. Perché dal futuro dell’Artico, e del suo clima, passa anche il futuro del Mediterraneo: due aree che cingono i confini a nord e sud del continente e saranno sempre più rilevanti per la sua stabilità.

Enrico Casini

Andrea Manciulli

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