The general and the engineer

The general and the engineer. Potrebbe essere il titolo di una commedia d’altri tempi in stile hollywoodiano firmata dal “regista” Donald Trump. In realtà la questione riguarda il cambio al vertice dell’organizzazione militare più potente del pianeta resosi necessario a seguito delle dimissioni del Segretario della Difesa Jim Mattis. Dimissioni maturate all’indomani della decisione del Presidente americano di iniziare il disimpegno del dispositivo militare statunitense precedentemente impegnato in Siria che avrebbe favorito, secondo l’ormai ex Segretario, l’Iran, la Russia e la Turchia e complicato la posizione dei curdi, principali alleati degli Stati Uniti nella lotta allo Stato Islamico.

Il testimone è passato a Patrick Shanahan, che dal primo gennaio di quest’anno ha preso la guida del Pentagono. Annunciato col “classico” twitter, la sua nomina ha destato molto scalpore.  Cinquantasei anni, ingegnere meccanico con due lauree, di cui una conseguita al Mit, e una carriera trentennale alla Boeing, una delle maggiori società aerospaziali del mondo, Patrick Shanahan rappresenta di certo una novità. Ma non priva di incognite.

Per alcuni, infatti, appare preoccupante che il primo consigliere del Presidente sulla difesa e sulla politica estera della Nazione più potente del mondo abbia meno esperienza, militare e di governo, di qualsiasi altro Segretario della Difesa nella storia degli Stati Uniti d’America, ad eccezion fatta per Elliot Lee Richardson che ricoprì la carica dal gennaio al maggio del 1973. E questa sua inesperienza, ampiamente e diffusamente sottolineata, sembra voler anticipare il profilo di un Segretario che risulterà totalmente allineato alle posizioni politiche del suo Presidente. Sarà così? In realtà, nonostante le posizioni politiche di Shanahan siano state definite come totalmente allineate a quelle di Donald Trump, alcune opinioni a lui attribuite sembrerebbero raccontare una storia diversa.

Egli infatti, non solo si sarebbe detto contrario al ritiro delle truppe dalla Siria, sostenendo l’importanza della collaborazione sul territorio con i partner alleati, nonostante il colpo già inflitto all’Isis, ma si sarebbe anche dissociato dall’ostentato distacco di Trump nei confronti dei tradizionali alleati degli Stati Uniti.

Colui che viene descritto come un personaggio piuttosto “apolitico” avrebbe dimostrato di voler seguire abbastanza pedissequamente le linee guida della sicurezza americana.

In particolare, il numero Uno del Pentagono sosterrebbe l’invio di ulteriori truppe in Afghanistan e sarebbe per mantenere la classica architettura di sicurezza del Pacifico, sempre portata avanti da Washington. E anche sulla Nato, incontrando il Segretario Generale, Jens Stoltenberg, Shanahan ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti, promettendo un rafforzamento dell’organismo internazionale mediante l’invio di personale militare americano nei Paesi baltici e in Polonia, per contrastare la Russia.

Infine, in un’intervista a Defense News, Shanahan ha espresso l’idea di voler perseguire piani di modernizzazione e riforme interne al Pentagono per migliorarne le prestazioni.

La domanda a questo punto potrebbe essere: “Sarà in grado di guidare questo cambiamento sistemico?”.

Con l’uscita di scena di Mattis, 68enne generale dei marines di grandissima esperienza, gli Stati Uniti hanno perso una figura considerata da molti un importante contrappeso alla ormai acclarata imprevedibilità di Trump. Molto rispettato sia dai Repubblicani che dai Democratici, Jim Mattis rappresentava una garanzia di continuità dell’impegno statunitense tra passato e presente.

Il nuovo capo del Pentagono, al contrario, resta ancora tutto da decifrare. Le numerose questioni da affrontare sul grande palcoscenico mondiale nei prossimi mesi ci diranno quali sono le reali posizioni del nuovo Segretario della Difesa degli Stati Uniti e il suo reale allineamento con il tycoon. Di certo, in questi mesi Patrick Shanahan avrà gli occhi di tutti puntati addosso. E non solo a Washington.

Giulia Altimari, nata a Reggio Calabria nel 1991. Laureata in Relazioni Internazionali presso la Luiss Guido Carli con una tesi sulla politica estera americana durante l’amministrazione Kennedy. Ha conseguito il Diploma in Studi Diplomatici presso la SIOI di Roma.

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