Vi spiego perché la Nato sarà importante anche nei prossimi anni. Parla Minuto-Rizzo

Conversazione con l’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della Nato Defense College Foundation, in vista dei 70 anni dalla nascita dell’Alleanza atlantica

Il 4 aprile la Nato compirà 70 anni. Dalla data della sua fondazione, nel 1949, il mondo è profondamente cambiato; appare più complesso e disordinato, con problematiche diverse e, soprattutto, con nuovi attori globali protagonisti, come la Cina.
Ma per Alessandro Minuto-Rizzo, già ambasciatore d’Italia preso il Comitato per la Politica e la Sicurezza dell’Ue e segretario generale delegato dell’Alleanza atlantica, oggi presidente della Nato Defense College Foundation, la Nato è destinata a recitare un ruolo importante per la sicurezza occidentale anche nei prossimi anni. Ecco perché.

Ambasciatore, la Nato sta per festeggiare i suoi primi settanta anni di vita. Qual è lo stato di salute dell’Alleanza oggi?

La Nato dopo 70 anni è molto diversa da quella nata durante la Guerra Fredda. Intanto perché quando è stata fondata nel 1949, erano solo 12 i Paesi che firmarono il trattato, mentre oggi diventano 30 dopo l’adesione del Montenegro e della Macedonia del Nord. Tra l’altro, molti dei nuovi aderenti si sono uniti dopo la fine della Guerra Fredda e sono paesi che un tempo erano considerati avversari. Già questa differenza nei numeri e nei componenti è molto rilevante, rispetto al passato. Oltre al dato politico determinato dall’allargamento verso est della Nato, è da rilevare che quest’ampliamento della sua composizione ha determinato delle sostanziali differenze anche sul piano più operativo.
Innanzitutto per un motivo: in una Nato così ampia, è molto più difficile stabilire priorità che siano condivise da tutti. Inoltre, in seconda battuta, si rilevano le differenze tra i paesi sul piano delle capacità militari e di spesa. Alcuni di più recente adesione hanno capacità modeste rispetto agli altri, e anche questo è un tema molto rilevante. Ma c’è anche una seconda ragione.

Qual è?

Il secondo motivo è che, rispetto al passato, è cambiato anche il rapporto interno ai Paesi fondatori e sono sorte recentemente esigenze nuove. Per esempio, oggi è molto sentito, da parte americana, il tema della condivisione degli obblighi di spesa, ovvero il raggiungimento dell’obiettivo del 2% nel rapporto Pil/bilancio della difesa. A dire il vero questo tema è stato presente anche in passato e si è sempre saputo che gli europei spendessero meno, ma al tempo vi erano diverse priorità. Di sicuro oggi è diventato un tema di confronto politico tra europei e americani.

Del resto il confronto interno è sempre esistito, anche prima di Donald Trump e del richiamo al burden sharing, del quale peraltro si discuteva anche nella precedente amministrazione Usa.

Il confronto politico interno all’Alleanza è stato presente anche in passato e ha riguardato, come oggi, la percezione delle minacce, a volte anche con valutazioni diverse tra europei e Stati Uniti. Del resto dopo la fine della Guerra Fredda gli europei si sono un po’ troppo adagiati sugli allori, non sentendosi più esposti al rischio come in passato, e hanno ritenuto che le priorità in tema di sicurezza fossero venute meno. Gli americani, invece, hanno sempre posto l’attenzione su alcune minacce o pericoli presenti fuori, ma anche ai confini europei, come al tempo dell’intervento nei Balcani.
Il confronto interno nel tempo si è sviluppato anche su altri temi di carattere strategico o politico, per esempio ha riguardato anche il tema del multilateralismo, su cui vi sono stati punti di vista differenti.
Al tempo della guerra globale al terrorismo, dopo l’11 settembre, quando il segretario alla Difesa degli Stati Uniti era Donald Rumsfeld, egli riteneva troppo complesso il sistema di decisione e d’intervento della Nato e preferiva invece favorire della “Coalizioni di volenterosi” per poter agire più rapidamente. E il confronto ovviamente c’è anche oggi durante la presidenza Trump, il quale come ricordato chiede agli europei di spendere di più.
Però, se è vero che gli europei potrebbero impegnarsi di più, è importante ricordare quanto – seppur spendendo meno – la Nato sia stata importante per gli Stati Uniti dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, quando tutti i Paesi membri reagirono, non solo attivando l’articolo 5 del Trattato, ma anche sostenendo gli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo, e partecipando poi alle operazioni in Afghanistan, dove la Nato tutt’ora opera al fianco degli Usa.

Negli Stati Uniti il dibattito intorno al ruolo della Nato è sempre aperto e attraversa tutto il mondo politico, dove il consenso verso l’Alleanza è sempre ampio. Ad esempio, nel mese di gennaio il Congresso, con un voto molto ampio e trasversale, ha approvato il Nato Support Act, quasi a voler ribadire, in realtà, la fedeltà e l’impegno americano verso l’Alleanza.

Assolutamente sì, questo tema è molto presente nella politica americana e oltre al voto sulla legge che lei citava, vi sono stati numerosi interventi in aula a sostegno della Nato da parte di autorevoli esponenti politici. Si possono citare anche alcune rilevazioni della Gallup, che mostrano come la Nato goda di un ampio favore nella popolazione. In tutto l’ambito militare americano il consenso verso la Nato è poi molto esteso, se ne riconosce pienamente l’importanza e l’utilità.
Del resto l’Alleanza è ancora oggi la più importante organizzazione politico-militare esistente al mondo, anche se l’opinione pubblica non è pienamente consapevole di questo elemento. Va ricordato che l’Alleanza Atlantica è capace di organizzare interventi e operazioni su larga scala in tutto il mondo, con una capacità molto rodata di cooperazione e collaborazione in ambito sia militare che civile.

Per venire all’Italia, invece, qual è il ruolo che il nostro paese ha svolto in passato e può continuare a svolgere, nella Nato, anche in futuro?


L’Italia è stata uno dei paesi fondatori della Nato, e ha sempre dimostrato nella sua storia una grande fedeltà atlantica. Siamo sempre stati molto presenti, tra i maggiori contributori, abbiamo partecipato a tutte le missioni più importanti e svolgiamo ancora ruoli molto rilevanti, basta pensare alla missione nei Balcani o all’Afghanistan. In alcune fase di difficoltà o in alcune vicende complesse abbiamo svolto in passato un ruolo decisivo, per esempio alla vicenda della crisi degli Euromissili e alla posizione che allora il nostro paese tenne in ambito europeo. È un peccato, a proposito della nostra fedeltà atlantica, che oggi invece vi siano polemiche. Bisognerebbe essere forse più consapevoli che non si vedono alternative e che anche per noi italiani l’organizzazione riveste un ruolo essenziale per la nostra sicurezza.

Lei ha rivestito anche il ruolo di ambasciatore presso il comitato politico e di sicurezza dell’Unione Europea. Oggi si parla molto di difesa europea e anche del rapporto di collaborazione/cooperazione tra Nato e Ue. Che ne pensa?

Conosco bene la realtà europea e anche il tema della difesa europea. Sono stato membro fondatore del Comitato per la Politica e la sicurezza con Javier Solana a Bruxelles.
Si tratta indubbiamente di un progetto importante e molto ambizioso, che per essere realizzato, nel tempo, dovrà però vedere il superamento di problemi che risiedono principalmente a livello di decisioni politiche degli Stati. La complessità del sistema decisionale europeo, diviso su più livelli, rende le scelte, in ambito di difesa, molto lunghe e complicate. Questo genere di ambito richiederebbe maggiore semplicità ed immediatezza. La Nato ha meccanismi già rodati e più veloci. Certamente sono importanti e utili accordi tra Nato e Ue, rispetto magari ad alcune priorità e a seconda delle differenti esigenze e diverse sfere di competenza. Si tratta di scelte da fare principalmente di ordine politico.

Di che scelte si tratta?

Vi sono operazioni o missioni che la Nato può compiere e portare a termine in modo molto efficace, in collaborazione con la stessa Unione Europea, mentre ve ne sono altre che possono essere gestite meglio dall’Unione stessa. Certo, per riuscire a realizzare appieno una cooperazione tra le due organizzazioni, sarebbe importante superare le diffidenze che alcuni europei nutrono verso la Nato.
È necessario comprendere che la Nato è utile a tutti i Paesi europei e che il suo ruolo non va visto in competizione con l’Ue. Anzi, entrambe possono agire insieme in sinergia per il bene di tutti i loro membri. Le due organizzazioni, del resto, quasi si sovrappongono nella loro composizione.

Quali sono – in relazione all’Alleanza atlantica – le finalità e le attività della Nato Defense College Foundation che lei presiede?

Il Nato Defense College risiede da molti anni in Italia ed è una istituzione importante in ambito Nato. Nel mondo anglosassone è molto diffusa la presenza di grandi fondazioni affiancate alle istituzioni; esse godono di ampie libertà sia sul versante accademico sia nel reperimento di risorse, e operano in sintonia con le istituzioni cui sono collegate.
È evidente, anche nel nostro caso, che la Fondazione può godere di maggiore autonomia e libertà dal punto di vista scientifico rispetto al College. Siamo un moltiplicatore delle attività del College stesso, e abbiamo lavorato molto per promuovere l’approfondimento su tematiche di grande attualità che interessano in un senso più ampio sia la Nato sia la comunità internazionale.

Enrico Casini, direttore dell’associazione culturale Europa Atlantica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *