L’Italia e il rilancio strategico delle relazioni transatlantiche

Perché per Italia ed Europa è indispensabile, nel rilancio del processo di integrazione, rafforzare anche le relazioni transatlantiche e investire sempre di più nella cooperazione con la NATO.

In questi giorni si è celebrato il settantacinquesimo anniversario della liberazione dell’Europa dall’incubo nazista e la conseguente fine delle ostilità nel continente. Per l’Italia, paese che fino all’armistizio del 1943 aveva preso parte alla guerra al fianco dei Tedeschi, la fine della guerra rappresentò la possibilità, dopo la sconfitta, i lutti e la guerra civile, per ricostruire il paese uscendo definitivamente dal cono d’ombra della dittatura e della violenza bellica.

L’Italia allora appariva un paese piegato, distrutto, diviso. Doveva essere ricostruito, e le sue istituzioni politiche rifondate. Il 2 giugno del 1946, come primo grande atto di inizio di un nuovo percorso nazionale, si celebrò il referendum per la scelta della forma istituzionale che avrebbe dovuto governare il paese, e fu eletta l’assemblea costituente, per la prima volta anche con la partecipazione al voto delle donne italiane.

Le classi dirigenti che guidarono il paese negli anni successivi alla guerra, tra cui si possono ricordare alcuni degli uomini politici più brillanti della nostra storia nazionale, pur da posizioni molto differenti, furono decisive nel riuscire a ridare forza e speranza ad un paese in grave difficoltà. Non era scontato, in un paese diviso politicamente, fragile, le cui istituzioni erano ancora debolissime, esposto alle tensioni internazionali che stavano in quegli stessi mesi crescendo e spostando il confronto, dalla guerra calda appena conclusa verso la nascente Guerra fredda.

Chi guidò il paese in quegli anni, a partire da Alcide De Gasperi, ha avuto il merito storico, oggi riconosciuto ampiamente ma al tempo tutt’altro che scontato, di condurre il paese verso lo schieramento occidentale e l’alleanza fondamentale con gli USA, ovvero verso l’alleanza strategica con quei paesi alleati che erano stati decisivi nella liberazione e nel riscatto dell’Italia, avviando il percorso che portò l’Italia ad entrare tra i paesi fondatori della NATO, nel 1949. Ma poi, pochi mesi dopo, ad essere protagonista della nascita dell’Europa unita, assieme a Germania, Francia e paesi del Benelux ( in questi giorni è ricorso anche l’anniversario della celebre dichiarazione di Schuman a cui si deve l’avvio del processo di integrazione europea).

Oggi, a distanza di così tanti anni, in un mondo profondamente mutato e diverso, quelle scelte possono apparire scontate, ma allora non lo furono. La politica italiana era molto divisa, l’ombra della Guerra fredda si sentiva, e le scelte dei partiti risentivano di numerosi fattori, sia esterni, che della situazione di grande incertezza interna, dovuti anche alla recente esperienza della guerra e all’eredità del Fascismo.

La scelta di sposare la prospettiva atlantica fu dovuta a numerosi fattori, allora decisivi, dal timore della minaccia militare sovietica, alle risorse investite oltre oceano per la ricostruzione dell’Europa, ma anche alla scelta dello stesso De Gasperi, convinto della necessità di portare l’Italia al fianco dei paesi che l’avevano liberata, una prospettiva di grande valore strategico rafforzata anche dalla fitta rete diplomatica abilmente tessuta in quegli anni da uno dei più grandi esponenti dell’antifascismo italiano, e poi protagonista della politica estera nel nascente stato repubblicano, come Carlo Sforza, l’uomo che proprio in quegli anni firmò i trattati che dettero vita alla NATO prima e alla CECA poi. Probabilmente, senza la nascita dell’Alleanza Atlantica nel 1949, con il diretto coinvolgimento dei paesi sconfitti della guerra verso i quali ovviamente non mancavano dubbi e perplessità a livello europeo, e senza il piano Marshall, le stesse idee dei padri fondatori dell’Europa unita, quelle lanciate da Schuman, raccolte da Adenauer e De Gasperi, avrebbero avuto meno forza e minori probabilità di riuscita. Anche in Italia, come per la NATO, anche verso il percorso di integrazione europea non mancarono le perplessità e le contrarietà a livello politico. Eppure chi guidò il paese allora, in un momento difficile, ebbe il merito storico e il grande coraggio di condurre quelle scelte che oggi sono un patrimonio irrinunciabile per noi. NATO e UE sono le due dimensioni, oggi, che rafforzano il nostro paese sullo scenario globale, senza le quali saremmo in balia di un mondo diviso e conflittuale, e che ci danno ampie garanzie sotto molti punti di vista.  Fin da allora fu evidente che tanto forte era il legame tra le due sponde dell’Atlantico quanto infatti questo avrebbe giovato moltissimo alla pace, al benessere e alla stabilità politica europea attraverso la sua progressiva integrazione. E ciò vale ancora oggi.

Non è una riflessione storica quella che vogliamo proporre, ma il riferimento storico è necessario per riaffermare, anche a distanza di tanto tempo, e alla luce di quanto il nostro continente e il nostro paese stanno vivendo in queste settimane, di quanto grande e importante sia stato, dalla guerra in poi, il contributo che gli Stati Uniti hanno dato alla stabilità, alla sicurezza, al benessere  alla pace dell’Europa. E in essa, tra i paesi che più hanno potuto approfittare di questo contributo, vi è stata senza ombra di dubbio l’Italia. Probabilmente uno degli alleati che nel tempo ha consolidato di più la propria posizione strategica verso gli Stati Uniti, non solo per la sua posizione geografica e geopolitica durante la Guerra Fredda, ma anche per la sua disponibilità al dialogo, al confronto e alla cooperazione a livello internazionale.

Oggi, in un Europa, il rilancio delle relazioni transatlantiche, sia per mezzo del rafforzamento della NATO e della sua centralità non solo in campo securitario, ma anche attraverso il rilancio delle relazioni dirette con gli Stati Uniti, devono essere una priorità. Se nel recente passato vi sono stati degli errori, reciproci, o delle incomprensioni, (non solo odierne) è necessario superarli e ritrovare una maggiore capacità di collaborazione. Europa e Stati Uniti sono due parti dello stesso campo e non potrà essere altrimenti. L’Italia, in questo lavoro, può esperire un ruolo e un bagaglio di rapporti consolidati nel tempo, probabilmente anche migliori di molti altri paesi europei. Ecco perché, sia per il nostro benessere e la nostra sicurezza, ma anche per il benessere, la stabilità e la sicurezza collettiva di tutto il nostro continente è necessario che le sponde dell’Atlantico, in questo momento storico di crisi e di trasformazione globale, marcino unite e compatte. Come dopo la fine della Seconda Guerra mondiale.

Il Covid 19 potrebbe lasciare in eredità un sistema internazionale ancora più condizionato dalle tensioni e dalla competizione, con l’aggravante, come dopo la guerra, di una situazione economica pesante per molti paesi. Una reazione occidentale diventa ogni giorno di più necessaria. E guardando per un momento non solo all’Europa, ma anche più direttamente al nostro paese, così esposto anche a livello geografico, in una delle aree più conflittuali e instabili del globo, il Mediterraneo, oggetto delle mire geopolitiche di altre potenze esterne, diventa per noi italiani una condizione necessaria. Come potremo tutelare meglio i nostri interessi, soprattutto in campo industriale, energetico, economico, se non all’interno di un contesto di stabili e forti relazioni con i nostri alleati occidentali, con gli Stati Uniti e i paesi europei?

Vi sono molti buoni motivi, anche sul piano economico come dimostrato anche dalla recente vicenda della scelta di Fincantieri da parte della Marina americana, per cui all’Italia conviene un forte ancoraggio con il mondo euro-atlantico e gli USA. Vale per il nostro export, verso il Nord America e l’Europa, ma vale anche per molti altri nostri rilevantissimi interessi strategici, che senza questa cornice comune di sicurezza e stabilità sarebbero ancora di più minacciati. Soprattutto nei prossimi mesi.

In questo particolare periodo, durante la crisi, i rapporti tra Italia e NATO e tra Italia e Stati Uniti sono riusciti in dubbiamente rafforzati, nonostante tentativi numerosi di metterli in difficoltà. NATO e USA ci hanno sostenuto e aiutato notevolmente in questa fase e continueranno a farlo anche nei prossimi mesi. Merito indubbiamente del lavoro fatto a livello dei capi di stato, dei governi, ma va riconosciuto, merito anche del rapporto tra il Pentagono e la Difesa italiana, e del lavoro di tessitura continuo di rapporti diplomatici a livello atlantico, da parte delle nostre rappresentanze a Washington e presso la NATO. Si tratta di un lavoro importante, che sta portando frutti positivi, non solo sul versante del consolidamento del rapporto tra Italia e alleati, ma anche sul piano del rafforzamento del nostro ruolo e della nostra posizione internazionale. Che di questi tempi di grande incertezza è un patrimonio fondamentale su cui continuare a investire.

La storia ci ha insegnato, che buone relazioni tra le sponde dell’Atlantico, una sinergia strategica e politica in Europa, sono indispensabili per la stabilità, la sicurezza e il benessere. Gli Stati uniti, che ovviamente sono molto attenti e interessati, non da ora, a quanto sta accadendo nel Pacifico e in Asia, hanno la convenienza a mantenere buoni rapporti con i paesi europei. L’Italia può giocare le sue carte, nelle relazioni con gli USA e nel rapporto tra USA ed Europa, riuscendo ad essere uno dei loro punti di riferimento in Europa, per unire sempre di più il campo atlantico e rafforzare la comune azione globale e la sicurezza collettiva, anche attraverso la NATO. Non solo per motivazioni di ordine economico o di sicurezza, ma anche perché il comune sentire che contraddistingue i paesi che appartengono a questa precisa area geopolitica del mondo è fondato su valori e principi comuni che sono alla base dei nostri sistemi democratici.

L’importanza sul piano strategico delle relazioni transatlatiche, e anche in particolare del rapporto tra Italia e Stati Uniti, va letta anche in questo senso, sotto i diversi livelli in cui si sviluppa: sul piano economico e politico, geopolitico e istituzionale, ma anche su quello di tipo culturale. Oggi che l’Europa e l’Italia stanno vivendo una fase di difficoltà lo è ancora di più. Settantacinque anni di storia sono qui, con il loro peso, a testimoniarlo

Andrea Manciulli

Enrico Casini

Fonte immagine sito Nato.int

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