NUKES ARE BACK: È DI NUOVO CORSA AL NUCLEARE

Un anno iniziato all’insegna dei test missilistici nord-coreani si chiude con i grandi fuochi d’artificio ipersonici della Russia. La corsa al riarmo nucleare è importante per capire gli equilibri strategici del prossimo ventennio. Ed è anche estremamente pericolosa per noi Europei, come ci ha spiegato il generale Camporini.

 

L’anno 2018 è stato segnato – fra gli altri eventi –dall’annuncio americano di voler sospendere e rinegoziare gli accordi sul nucleare sottoscritti con l’Iran dalla comunità internazionale – Unione Europea in testa. Poi c’è stata la logorante tensione mondiale sui test nucleari portati avanti dalla Corea del Nord, in totale inosservanza delle regole e dei trattati di contro-proliferazione – fino all’incontro di Singapore tra il Presidente Trump e Kim che ha sancito una temporanea pax armata. In chiusura di anno, abbiamo assistito a test missilistici iraniani (ne hanno parlato recentemente Matteo Bressan e Claudio Bertolotti in una intervista incrociata per Europa Atlantica). Da ultimo, nei giorni scorsi è arrivato il test balistico sui nuovi ordigni ipersonici Avangard, condotto dalla Russia, accompagnato da una duplice narrazione:

  • La Difesa russa sostiene che la nuova tecnologia balistica è avanzatissima e non intercettabile dalle difese NATO
  • Nella sua conferenza stampa fiume di fine anno, il Presidente Putin si è dichiarato molto preoccupato dall’attuale corsa internazionale al riarmo nucleare.

Su questa importante e delicata questione abbiamo voluto sentire il parere di un esperto, il generale Vincenzo Camporini. Già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica (2006-2008) e Capo di Stato Maggiore della Difesa (2008-2011), e attualmente Vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali.

EA: Generale Camporini, negli ultimi giorni la Difesa russa ha testato il missile Avangard, che rappresenterebbe lo stato dell’arte in materia di ordigni ipersonici. Come dobbiamo leggere questo evento?

CAMPORINI: In termini generali, stiamo assistendo a un fenomeno tanto interessante a livello internazionale, quanto preoccupante: possiamo definirlo “militarizzazione della politica estera”. Nel caso di specie, si tratta un messaggio che ha lo scopo di impensierire i potenziali avversari – NATO e Stati Uniti – ma nel contempo raggiunge anche i potenziali alleati. E il messaggio è: siamo forti e presenti, non solo negli armamenti convenzionali, ma nelle tecnologie balistiche più sofisticate.

EA: La scelta di tempo è notevole: il controverso annuncio del Presidente Trump sul ritiro americano dalla Siria, con le successive dimissioni del Segretario alla Difesa Mattis, che ha creato turbamento non solo nella Difesa Usa, ma anche tra gli alleati Europei. Una bella “cartolina di Natale”, non le sembra?

CAMPORINI: La scelta di tempo potrebbe apparire psicologicamente brillante per questo test missilistico, ma non ne esagererei il significato. Parliamo di cicli di lavoro pluriennali costosissimi e di test programmati da mesi. Certo, si tratta di una dimostrazione di forza che arriva in una fase storica emblematica, su questo non c’è dubbio. Teniamo presente che in questo periodo l’intera architettura dei Trattati sugli armamenti convenzionali e non convenzionali è in via di ridiscussione. Dal CFE (Treaty on Conventional Armed Forces in Europe) vigente fin dagli anni Novanta in Europa per le armi convenzionali, al trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) sulle armi nucleari di media gittata (che risale al 1987), alle varie edizioni degli accordi START (Strategic Arms Reduction Treaty) sulle armi di distruzione di massa. Tutto un ordine internazionale basato su equilibrio, controllo, dissuasione e tentata riduzione degli ordigni sta vistosamente scricchiolando. Tutti i player maggiori sanno che presto arriverà il momento di sedersi di nuovo a tavoli negoziali che ridisegneranno il volto non solo della spesa per armamenti, ma della geopolitica dei decenni a venire.  Come pre-tattica, appare efficace mostrare in anteprima alcune carte – ovviamente non tutte – che si avranno in mano a questo o quel tavolo. Per assumere preventivamente uno status più forte, e testare l’avanzamento tecnologico e la postura degli interlocutori.

EA: E Avangard è effettivamente un sistema d’arma così avanzato?

CAMPORINI: Dalle premesse direi di sì. Ovviamente non è il primo missile in grado di viaggiare fuori dall’atmosfera a diverse volte la velocità del suono. Ma sembrerebbe il primo a disporre di una qualche possibilità di manovra, che lo rende governabile anche una volta iniziato il rientro in atmosfera. Questi ordigni sono velocissimi, e chi si difende cerca generalmente di basarsi sulla “predicibilità” della loro traiettoria per tentare l’intercettazione. Qui si aggiunge, invece, l’incognita di manovre evasive di disimpegno operate in avvicinamento. Un bel grattacapo, che costringerà tutti i programmi di difesa antimissilistica in corso a riformulare le proprie tecnologie, con investimenti cospicui.

EA: Considerato che il ciclo di un sistema d’arma può durare anche decenni, stiamo assistendo a una nuova era di riarmo nucleare per tutte le potenze già presenti in questo settore?

CAMPORINI: Sulle tecnologie balistiche ipersoniche sono già attivi Cina, Usa e, come abbiamo visto, Federazione Russa. L’Europa, che pure ha una propria industria aerospaziale, è completamente assente. Zero totale. Questo è un dato su cui ho più volte richiamato l’attenzione – anche in sede di European Defence Agency – ma a quanto pare il tema dell’arretratezza europea (e quindi, in prospettiva, di una totale dipendenza dalla copertura dei sistemi Usa), non sembra allarmare più di tanto le nostre classi dirigenti. L’era del volo ipersonico, a fini non solo militari ma anche civili, è ormai arrivata. Gli altri ci sono. E noi Europei?

EA: Il recente test di lancio russo, quindi, è qualcosa di più di un gesto dimostrativo.

CAMPORINI: Molto di più. E richiede di lavorare rapidamente per evitare quella che in altra sede ebbi a definire l’ennesima “marcia dei sonnambuli”.

EA: Cosa intende?

CAMPORINI: La Storia ci mostra sempre, retrospettivamente, che si arriva al cosiddetto casus belli che scatena un conflitto dopo che per mesi e anni si sono sottovalutati sintomi, segnali, arroccamenti, provocazioni, prove di forza, marciando verso la catastrofe in uno stato di sonno della ragione. Nessuno, per ricordare un esempio noto, ha mai pensato che l’attentato di Sarajevo che colpì l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria (28 giugno 1914) sia stata la causa della devastazione della Prima Guerra Mondiale. Fu un episodio, grave, ma un episodio, arrivato al termine di una serie continua di eventi. Eppure oggi non si lavora abbastanza per mantenere il dialogo aperto tra tutte le potenze che dispongono di enormi arsenali offensivi. E l’assenza di comunicazione tra le parti è un caso di “sonnambulismo” molto pericoloso, perché nessuno saprebbe prevedere un prossimo casus belli.

EA: E il dialogo Russia / NATO, in questo momento, non è certo idilliaco…

CAMPORINI: Dobbiamo fare dei distinguo e provare a guardare oltre il contingente. Certo la Comunità Internazionale non può e non deve accettare come un fatto normale l’annessione forzata della Crimea e la conduzione di una guerra ai confini d’Europa che comporta una variazione arbitraria dei confini stessi. Ciò detto, per evitare che da questi gravi episodi si inneschi un’escalation dagli esiti imprevedibili è necessario mantenere aperti dei canali di comunicazione. Le faccio un esempio: è giocoforza che, operando in uno spazio bellico ristretto come quello della Siria, Russi e Americani abbiano dovuto mantenere dei canali comunicativi aperti per evitare di entrare in conflitto diretto. Un flusso di comunicazione costante, in una prospettiva più lunga, potrebbe fare la differenza tra ciò che trasforma un avversario in nemico e ciò che invece può gradualmente trasformarlo in un partner. Io partecipo al think-tank European Leadership Network (www.europeanleadershipnetwork.org), che promuove il dialogo per la sicurezza coinvolgendo paesi UE con altri Paesi (Russia, Ucraina, Georgia, Turchia) e serve a rilanciare il dialogo in una concezione estesa del confronto su spazi condivisi, per valorizzare gli interessi comuni e ridurre le aree e le cause di conflitto.

 

 

Alberto Castelvecchi insegna Comunicazione Efficace alla LUISS di Roma. E’ trainer e consulente per organizzazioni e personalità del mondo economico e istituzionale. Nel 1993 ha fondato la casa editrice Castelvecchi.

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