Belt and Road Initiative: sicurezza dei corridoi terrestri e marittimi

Quanto è rilevante il tema della sicurezza lungo i corridoi della BRI? Quanto le minacce e l’insicurezza presenti nella regione centro-asiatica potranno influire sullo sviluppo del progetto? L’analisi di Fabio Indeo

L’iniziativa cinese della Belt and Road – ovvero lo sviluppo di una rete di “vie della seta” terrestri e marittime che connettano economicamente la Cina e l’Europa – rappresenta un obiettivo prioritario della politica estera intrapresa dal presidente Xi Jinping, che mira al raggiungimento di diverse finalità come l’aumento degli scambi commerciali, lo sviluppo di rotte alternative che riducano la disequilibrata dipendenza dal traffico marittimo, la sicurezza energetica, l’interconnettività tra la Cina e le nazioni coinvolte nel progetto.

Conseguentemente si evince come la dimensione securitaria costituisca un fattore chiave e un esigenza ineludibile per il successo della BRI, finalizzata alla protezione dei massicci investimenti programmati e in parte realizzati dal governo e dalle compagnie cinesi – stimati in oltre mille miliardi di dollari – per la creazione di infrastrutture (corridoi ferroviari, porti, autostrade, oleodotti e gasdotti, ponti, ecc) nei paesi attraversati dal progetto e per evitare dannose interruzioni dei traffici, sia le esportazioni di merci verso i mercati europei e sia l’importazione di petrolio e gas naturale dalla regione Caspio-Asia Centrale secondo una direttrice geografica inversa (da ovest verso est) rispetto ai tradizionali corridoi BRI (dalla Cina verso l’occidente).

Data l’enorme rilevanza strategica delle rotte marittime commerciali ed energetiche – che rappresentano il 90% del commercio estero di Pechino e che coprono oltre il 70% delle importazioni cinesi di gas e petrolio – la Cina punta ad ottenere la protezione e la sicurezza delle cosiddette Sea Lines of Communication (vie di comunicazione marittime, SLOC nell’acronimo inglese) che implementano la «21st Century Maritime Silk Road» (Via della Seta marittima del 21° secolo): nel concreto, questa iniziativa rappresenta un aggiornamento geopolitico della cosiddetta “strategia del filo di perle” (String of Pearls) che si basava sulla creazione di basi strategiche e avamposti commerciali ed energetici nell’Oceano Indiano – dal Medio Oriente alla Cina meridionale – con lo scopo di proteggere i propri interessi energetici e obiettivi securitari più ampi.

A questa logica corrispondono la creazione del porto di Gwadar in Pakistan (nazione con la quale la Cina intende sviluppare uno dei sei corridoi terrestri che compongono la BRI, ovvero il China-Pakistan Economic Corridor), il porto di Hambantota in Sri Lanka, il porto birmano di Kyaukphyu: soprattutto il porto di Gwadar risulta essere particolarmente vulnerabile in termini di sicurezza, in quanto si sono registrati numerosi attacchi contro gli interessi cinesi compiuti dai separatisti baluci, che si battono per ottenere dal governo pachistano una più equa ridistribuzione delle risorse nazionali.

La strategia della «Maritime Silk Road» si concentra chiaramente su obiettivi securitari e geopolitici, spingendo la Cina a incrementare la propria presenza navale per prevenire le minacce terroristiche e di pirateria lungo le vie di comunicazione marittima e, dal punto di vista geopolitico, anche per contenere l’influenza di Nuova Delhi nell’Oceano Indiano.

La piena implementazione della dimensione marittima della BRI potrebbe anche aiutare la Cina a risolvere il dilemma di Malacca, il corridoio energetico vitale per la Cina attraverso il quale transita il 75% delle sue importazioni petrolifere. La Cina teme che il terrorismo internazionale o potenze ostili (un’eventuale intervento americano nella contesa tra Cina e Taiwan) possano prendere il controllo degli stretti e bloccare la quasi totalità delle importazioni energetiche cinesi. Ragion per cui il tema della sicurezza energetica e della diversificazione geografica delle rotte d’importazione (e dei paesi fornitori) – sviluppando   rotte energetiche alternative sia marittime che continentali per rifornirsi del petrolio (e il gas) dei fornitori mediorientali ed africani aggirando questo stretto – si coniuga razionalmente con l’essenza stessa della BRI.

Per quanto concerne le rotte terrestri, il problema della sicurezza si pone in maniera più stringente in considerazione del fatto che i corridoi BRI devono necessariamente attraversare numerose nazioni prima di giungere ai mercati europei, in modo particolare la regione centroasiatica che si erge come crocevia geografico-strategico tra la Cina e l’Europa.

In ambito BRI la regione autonoma cinese dello Xinjiang riveste un’importanza cruciale in quanto passaggio esclusivo per le importazioni di gas e petrolio dell’Asia Centrale (lo Xinjiang confina con tre delle cinque repubbliche centroasiatiche, ovvero Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan) così come per il corridoio commerciale terrestre Cina-Asia Centrale-Asia Occidentale, che attraversa esclusivamente le repubbliche post-sovietiche della regione sino ai porti sul Caspio (Aktau, Kazakhstan, e Turkmenbashi, Turkmenistan) per poi raggiungere l’Europa attraverso il Caucaso e la Turchia, oppure proseguire la rotta terrestre verso l’Iran.

Nelle intenzioni di Pechino, occorre rafforzare la stabilità dello Xinjiang, evitando che la situazione di permanente instabilità del vicino Afghanistan possa contagiare la regione, propagarsi, e quindi rappresentare una seria minaccia per gli investimenti e il traffico delle merci cinesi. Promuovere la cooperazione economico-commerciale tra la regione autonoma e le repubbliche centroasiatiche confinanti, con l’obiettivo di assicurare una prosperità condivisa e di attenuare le rivendicazioni economico-sociali e religiose della popolazione turcofona degli uiguri, rappresenta uno degli orientamenti promossi dal Presidente Xi per garantire la sicurezza nella regione.

In ambito militare, le ambizioni cinesi di rafforzare la sicurezza in Asia Centrale si scontrano con il ruolo di garante della stabilità regionale tradizionalmente svolto dalla Russia nella regione: tuttavia, il successo della BRI e l’entità degli investimenti concessi alle repubbliche centroasiatiche ha spinto Pechino ad accantonare la tipica “divisione del lavoro” che connotava le relazioni sino-russe in Asia Centrale (Mosca garante della sicurezza e Pechino maggiormente impegnato nel promuovere la cooperazione economica) per propendere verso un maggior coinvolgimento diretto sia in termini di cooperazione militare bilaterale che a livello multilaterale.

Considerata la sostanziale inefficacia dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (blocco regionale securitario a guida sino-russa, che comprende le repubbliche centroasiatiche – eccetto il Turkmenistan – India e Pakistan) nel garantire la sicurezza regionale, nel 2017 la Cina ha creato un nuovo blocco regionale di cooperazione militare (“Quadrilateral Cooperation and Coordination Mechanism“) con Afghanistan, Tagikistan e Pakistan con l’obiettivo di combattere il terrorismo e proteggere le infrastrutture esistenti in ambito BRI, coinvolgendo le nazioni suddette che incidono in un area geografica perennemente instabile, sistematicamente infiltrata da incursioni di terroristi armati. Inoltre, il mancato coinvolgimento della Russia in un blocco securitario-militare regionale (per la prima volta nella storia) dimostra la ferma intenzione della Cina nel voler provvedere a garantire la sicurezza e il successo del proprio progetto geo-economico.

Fabio Indeo

Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni di Europa Atlantica

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