Belt and Road ed infrastrutture in Asia Centrale: la rilevanza del corridoio Cina-Kirghizistan-Uzbekistan

L’analisi di Fabio Indeo sull’impatto e l’evoluzione dei progetti infrastrutturali della Belt and Road in Asia Centrale

Ai primi di Giugno, le autorità uzbeke hanno entusiasticamente annunciato l’apertura del corridoio economico tra Cina, Kirghizistan ed Uzbekistan: infatti, dopo esser partito dalla città cinese di Lanzhou (provincia cinese nordoccidentale di Gangsu) il primo treno merci – che trasportava 230 tonnellate di apparecchiature elettroniche per un valore di 2,5 milioni di dollari – è giunto nella capitale uzbeka Taskent, dalla quale è successivamente ripartito seguendo il percorso inverso trasportando verso i mercati cinesi 525 tonnellate di cotone uzbeko per un valore di 1 milione di dollari.

L’inaugurazione di questo corridoio economico regionale rappresenta un’ottima notizia per lo sviluppo della cooperazione regionale e il pieno raggiungimento dell’obiettivo dell’interconnettività, che accomuna la Cina (con il suo progetto di moderna via della seta, Belt and Road Initiative) e le altre nazioni centroasiatiche, alla costante ricerca di mercati di sbocco che consentano di sopperire alla loro atavica condizione geografica di stati landlocked, ovvero nazioni senza sbocco sul mare e sui mercati internazionali.

Secondo i progetti e la volontà delle nazioni coinvolte, questo corridoio economico dovrebbe delinearsi come un collegamento ferroviario (CKU, acronimo composto dalle lettere iniziali delle nazioni interessate), da connettere successivamente agli altri corridoi ferroviari transregionali che compongono la via della seta terrestre promossa da Pechino.

Al momento però, la mancata realizzazione della bretella ferroviaria destinata ad attraversare il territorio del Kirghizistan impone al corridoio CKU una connotazione intermodale, ovvero la combinazione tra linea ferroviaria e rete stradale. Una volta giunto nella città di Kashgar (nella provincia autonoma dello Xinjiang), in prossimità del confine sino-kirghiso, le merci vengono caricate su dei camion che attraversano da est a ovest l’intero territorio kirghiso sino alla città di Osh, nella valle del Ferghana, in prossimità del confine uzbeko. Successivamente le merci vengono caricate nuovamente su dei vagoni ferroviari e trasportate via rotaia sino a Tashkent.

Questo percorso ferroviario attraverso l’Uzbekistan avviene, ed è reso possibile, a seguito del completamento nel 2016 della linea ferroviaria elettrificata Pap-Angren, realizzata anche grazie ad un prestito di 350 milioni di dollari delle banche cinesi (su un costo totale superiore a 1,5 miliardi di dollari) ed al coinvolgimento di imprese cinesi specializzate che hanno costruito un tunnel ferroviario di quasi 20km nel passo di montagna di Kamchik. Questa tratta ferroviaria – espressamente concepita come progetto che ricade sotto l’etichetta BRI – ha assunto una rilevanza straordinaria per il successo della strategia nazionale uzbeka volta alla promozione della mobilità interna di merci e persone, in quanto permette di collegare tra loro le diverse province della valle del Ferghana e di aprire un corridoio di trasporto tra queste e la capitale.

Il governo kirghiso è ben consapevole dell’importanza del corridoio ferroviario CKU, per le ricadute in termini economici occupazionali, per la possibilità di accedere a nuovi mercati, attirando investimenti per la realizzazione di infrastrutture comunque necessarie per promuovere lo sviluppo nazionale, senza trascurare l’importanza geopolitica che questa piccola nazione priva di idrocarburi verrebbe ad assumere per i progetti cinesi d’interconnettività.

Nonostante ora venga visto come un progetto che rientra nella visione cinese della moderna via della seta, l’idea di realizzare un segmento ferroviario d’interconnessione tra i tre paesi risale ai primi anni novanta, quando nel quadro della normalizzazione delle relazioni e dello sviluppo di relazioni bilaterali con gli stati di nuova indipendenza, si discuteva sull’opportunità di creare una linea ferroviaria Kashgar-Osh-Andijan.

Il presidente kirgiso Jeenbekov – a margine di una riunione con il ministro degli esteri, quello dei trasporti e il capo delle ferrovie nazionali tenutasi a metà Giugno – ha definito il CKG un progetto di importanza strategica: nonostante la buona volontà però, non vi sono ancora date certe per la realizzazione del tronco nazionale.

Il problema principale da risolvere per il Kirghizistan sono le posizioni contrastanti sul percorso che il segmento ferroviario nazionale dovrebbe seguire: quello attuale (sul quale Tashkent e Pechino sono d’accordo) attraversa il passo di Irkeshtam, ed è la tratta più breve, mentre l’ex presidente Atambayev nel 2017 caldeggiava un percorso alternativo attraverso il passo di Torugart, con una deviazione verso nord, con l’obiettivo di includere città isolate ed economicamente depresse come At-Bashi e Kazarman. Questa deviazione imporrebbe però costi aggiuntivi pari a 1,5 miliardi di dollari, insostenibili per il bilancio di questa repubblica centroasiatica. Inoltre, occorre considerare che il costo dell’intera tratta nazionale (450-500 km) è stimato in 4,5 miliardi di dollari, per le difficoltà di costruzione in un area montagnosa con vette che oscillano tra i 2mila e 3500 metri, che richiedono la realizzazione di 50 tunnel e 90 ponti. Se da un lato appare improbabile un impegno finanziario di Biskhek in tal senso, d’altro canto appare difficile immaginare un supporto economico di altri attori statuali regionali come l’Uzbekistan o la Russia, che si troverebbe a finanziare un progetto funzionale alla strategia cinese, ovvero per un corridoio di trasporto che non transita in territorio russo (anche se in realtà percorrerebbe comunque il territorio dell’Unione Economica Euroasiatica)

Le attuali difficoltà di attirare investimenti per la realizzazione dell’opera potrebbero essere superate con un massiccio intervento economico di Pechino, legittimato dalla consapevolezza della natura strategica del CKU: secondo uno studio riportato da Chinalogist (https://chinalogist.ru/news/sensaciya-v-logistike-bez-kazahstana-zapushchen-marshrut-lanchzhou-tashkent-lanchzhou-cherez), il CKU aprirebbe una rotta commerciale più breve di 295 km per raggiungere i mercati europei, accorciando altresì i tempi di trasporto di cinque giorni, rispetto al corridoio terrestre esistente Khorgos-Aktau,  architrave del corridoio China-Central Asia-West Asia.

Teoricamente si aprirebbe per le repubbliche centroasiatiche una competizione su nuove basi: il Kazakhstan perderebbe l’esclusività come tassello fondamentale dei progetti infrastrutturali terrestri BRI, mentre l’Uzbekistan accrescerebbe notevolmente il proprio ruolo di hub territoriale. Infatti la linea ferroviaria CKU potrebbe proseguire secondo una rotta meridionale attraverso l’Afghanistan (opzione ottimale per Tashkent in quanto dovrebbe semplicemente connettere il CKU con l’esistente – ed unico corridoio ferroviario tra Asia centrale ed Afghanistan – Termez-Mazar I-Sharif) per poi raggiungere Iran, Turchia e mercati europei. Se invece proseguisse seguendo una rotta occidentale attraverso il Turkmenistan e il Mar Caspio, verrebbe aperto un corridoio che ricalca esattamente quello che attualmente attraversa il Kazakhstan da Khorgos ad Aktau.

Nell’ottica cinese, lo sviluppo di questi corridoi “concorrenti” rientra invece nell’efficace strategia di diversificazione adottata, e finalizzata ad evitare la dipendenza da un unica rotta d’esportazione, al fine di contenere i danni economici provocati da un ipotetica improvvisa interruzione per ragioni di sicurezza o instabilità regionale.

Fabio Indeo


Immagine tratta da Pixabay

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