Lo sbarco cinese sulla luna

A cinquant’anni dallo storico sbarco dell’Apollo 11 che portò l’americano Neil Amstrong a calpestare il suolo lunare, la Cina posa la sua bandiera sul lato oscuro della Luna.

L’allunaggio della sonda Chang’e-4, avvenuto alle 3.26 ora italiana della notte tra il 2 e il 3 gennaio è stato immortalato con una foto della superficie lunare inviata dal satellite Queqiao. L’evento ha assunto i contorni di una prima assoluta: è la prima volta infatti che avviene un atterraggio morbido sul lato più lontano del nostro satellite naturale, mai visibile dalla Terra perché in rotazione sincrona con essa.

Con questa impresa, la Cina lancia al mondo un messaggio inequivocabile: nella corsa allo spazio e all’esplorazione del cosmo ci siamo anche noi.

La missione di queste ore ha due aspetti di straordinaria portata: scientifico e politico. Se da un lato, infatti, la sonda Chang’e-4 consentirà di avviare una sistematica raccolta di informazioni sul lato della Luna più lontano dalla Terra, dall’altro la stessa dimostrerà che la Repubblica popolare è in grado di essere protagonista anche nello spazio, regione ritenuta strategica per lo sviluppo futuro da ogni superpotenza.

Ma l’ambizione spaziale della Cina è destinata a non fermarsi e a crescere rapidamente così come avvenuto in campo economico.

La Cina, che ha avviato un programma spaziale nettamente in ritardo rispetto a Stati Uniti e Russia, è stato il terzo paese ad effettuare un atterraggio morbido sulla luna con la missione del rover Yutu nel 2013.

Già oggi l’agenzia spaziale cinese progetta per i prossimi anni un avamposto, chiamato “palazzo lunare”, sul lato oscuro della Luna. E non solo Luna. Nel programma spaziale è prevista entro il 2020 una missione di esplorazione su Marte.

L’irrompere sulla scena spaziale dell’ingombrante attore cinese non può che accrescere le preoccupazioni di Washington.

E’ cosa nota del resto l’attenzione dedicata dalla Casa Bianca alla conquista dello spazio.

A dicembre il presidente statunitense Donald Trump aveva rilanciato la corsa alla conquista dello spazio applicando lo slogan “Make America great again” anche al cosmo.

Trump, inoltre, non ha mai mancato di sottolineare l’importanza dello sviluppo della tecnologia spaziale, in quanto strettamente legato al tema della sicurezza nazionale.

Che lo spazio diventerà, dunque, sempre di più un possibile campo di battaglia è un fatto ormai acclarato. In una dichiarazione di qualche mese addietro, il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence aveva affermato che “L’ambiente spaziale è profondamente cambiato nell’ultima generazione” e che “quello che era un luogo pacifico e incontrastato, è ora affollato e conflittuale”.

Quasi mezzo secolo dopo l’allunaggio, dunque, lo spazio torna ad essere una sfida politica. Nello scenario del futuro, la Cina insieme all’Agenzia Spaziale Europea (ESA) si presentano come due nuovi importanti attori, che si affiancano a Stati Uniti e Russia, da sempre più o meno impegnati nell’ambito spaziale.

 

 

Giulia Altimari, nata a Reggio Calabria nel 1991. Laureata in Relazioni Internazionali presso la Luiss Guido Carli con una tesi sulla politica estera americana durante l’amministrazione Kennedy. Ha conseguito il Diploma in Studi Diplomatici presso la SIOI di Roma.

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