Guerini a Beirut perché il Libano non diventi come la Libia. Parla Manciulli

L’intervista del Presidente di Europa Atlantica realizzata per Formiche.net

A venti giorni di distanza dalla tragedia occorsa a Beirut, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini si è recato in missione ufficiale nella capitale del Libano, dove ha incontrato il presidente della Repubblica Michel Aoun, l’omologa ministra della Difesa facente parte del governo dimissionario Zeina Akar e il comandante delle Forze Armate libanesi Joseph Aoun.

Guerini visita il Libano in un momento delicato della sua storia e in concomitanza con l’operazione umanitaria della Difesa italiana denominata “Emergenza Cedri”, che ha già portato a Beirut la nave San Giusto della Marina Militare con a bordo assetti di Esercito e Marina. L’analisi della situazione libanese attuale e del significato della visita di Guerini a Beirut la fornisce Andrea Manciulli, presidente di Europa Atlantica e già presidente della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato, già deputato del Pd.

L’Italia esprime la propria vicinanza al Libano e lo fa con la missione del ministro Guerini a Beirut.

Quella del ministro Guerini è un’iniziativa lodevole, che ribadisce una vicinanza al popolo libanese e alla complessità del quadrante politico che per l’Italia non è una novità, dato che il nostro paese ha sempre avuto la quasi esclusiva prerogativa di dialogare con quasi tutte le componenti politiche del Libano. Ciò che conta naturalmente è continuare la nostra azione di vicinanza e sostegno alle criticità che il Libano sta esprimendo. Quell’area sta diventando sempre più un punto di instabilità e incertezza: nelle acque tra Libano e Cipro si sta giocando una frazione importantissima di una partita energetica nella quale è forte l’influenza di paesi come Turchia, Iran e Israele presenti nello scenario e che riguarda da molto vicino i nostri interessi nazionali. Occuparsi del Libano e farlo sempre più non è un dettaglio della nostra politica estera e di difesa, ma è un interesse primario; naturalmente, va fatto in maniera sempre più coordinata e incalzante insieme ad alleati storici come la Francia, che in Libano ha un’influenza culturale e storica evidente.

A proposito di Francia, negli occhi di molti restano ancora scolpite le immagini di Macron tra la folla di Beirut a soli due giorni dall’esplosione.

Macron è andato a Beirut e ha fatto un’ottima operazione. Il problema dell’Italia, che comunque ha saputo marcare la sua presenza in quel territorio, non è la contrapposizione con la Francia: la questione è una visione diversa del futuro del Mediterraneo e delle criticità rispetto ad alcuni paesi appartenenti alla Nato come la Turchia che, come sappiamo, in quel quadrante e a Cipro hanno una forte visione di ruolo nazionale, che in qualche maniera va controbilanciata con gli interessi italiani che devono essere altrettanto difesi. E sbaglieremmo se non avessimo un’ottica europea nel rapporto con il Libano: non dobbiamo fare come in Libia, dove dividendoci abbiamo favorito altro.

Anche in Libano il rischio è che si favorisca altro?

In questo clima di instabilità libanese stanno crescendo nei campi profughi della Tripolitania forti spinte jihadiste, che nella situazione di difficoltà economica, divisione, crisi di governo e calamità rischiano di crescere e diventare sempre più un problema.  Si tratta di una questione di cui in Italia si parla troppo poco e che va invece focalizzata. Se trascurato, il Libano rischia di diventare un punto di instabilità futura che rischiamo di pagare caro, com’è la Libia. Per non parlare della consapevolezza sul ruolo di Hezbollah rispetto agli attentati del passato, la vicenda Covid-19 che ha colpito con forza, la questione energetica. L’instabilità c’è già nel territorio, le spie sono tutte accese: questioni che si uniscono con le vicende tradizionali presenti in Libano, che rischiano di portare ancor più incertezza.

Quindi il Libano può diventare un’opportunità come una questione perennemente irrisolta.

Un campo nuovo per i rapporti europei, così come può esserlo la Libia: da Beirut può dipendere tutto nei prossimi anni, sia che aumenti l’instabilità che si sviluppino dialogo e rapporti. Dipende molto da quanto ce ne occupiamo, serve che a questa missione segua un’azione puntuale. Conoscendo la serietà del ministro Guerini e le capacità del generale Dal Col che dirige la missione Unifil, il Libano può diventare un territorio in cui l’Italia gioca un ruolo importante, vista la nostra capacità di dialogare con tutti.

Articolo originale pubblicato su Formiche.net

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