Dieci anni fa iniziavano le “Primavere arabe”

Dieci anni fa iniziavano in Tunisia le prime proteste che hanno portato allo scoppio delle “Primavere arabe” in tutto il Medio Oriente. Cosa è rimasto, oggi, di quegli eventi. Una breve riflessione.

Esattamente 10 anni fa ebbero inizio, con le prime proteste in Tunisia, quelle che in Occidente sono state ribattezzate “Primavere Arabe”, ovvero quella serie di improvvise proteste di piazza, che coinvolsero sostanzialmente quasi tutti i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, che in alcuni casi sconvolsero alcuni dei regimi al potere da decenni aprendo una fase di sostanziale instabilità e cambiamento in tutta la regione. Alcune crisi istituzionali che si aprirono a seguito delle proteste hanno avuto poi uno sviluppo violento, con scontri e tensioni crescenti, fino allo scoppio, in 3 casi soprattutto, di guerre civili.

La vicenda scatenante fu la morte, in Tunisia,  dell’ambulante Mohamed Bouazizi, che in poco tempo favorì in tutto il paese l’avvio di una serie di proteste inaspettate che in pochi giorni portò al crollo del regime di Ben Alì, al potere da circa 24 anni,, in quella che sarà poi ribattezzata Rivolta dei Gelsomini.  Un’ampia parte della popolazione scese in piazza, soprattutto giovani, per protestare contro la povertà e la corruzione, ma anche per chiedere nuove libertà e lavoro. Dalla Tunisia le proteste si spostarono e si diffusero anche negli altri paesi, con derive dirompenti, come quelle in Egitto che portarono al crollo del regime trentennale di Mubarak, e anche in Libia e Siria, dove scoppiarono violenti scontri di piazza e crisi tali da sfociare in guerre sanguinose che ancora oggi affliggono quei paesi e li dividono profondamente avendoli peraltro profondamente stravolti e mutati. Ma anche agli altri paesi, dalla Giordania al Barhein all’Algeria furono colpiti e subirono le conseguenze di queste proteste. In alcuni casi gli esiti furono più moderati, ma in quattro paesi in pochi giorni si assistette alla fine dei 4 regimi al potere. Infatti, oltre a Ben Ali e Mubarak, anche i regimi di Gheddafi in Libia e Saleh in Yemen finirono a seguito di queste proteste, lasciando spazio a violenti scontri e a una feroce guerra interna.

Inizialmente, in Occidente, le proteste furono salutate con un certo ottimismo, lo stesso termine coniato per rappresentarle sembra ispirarsi a momenti della storia occidentale di insurrezione e protesta delle popolazioni civili contro le tirannie (dalla “Primavera dei popoli” del 1848 alla Primavera di Praga del 1968). Ma nel tempo gli esiti che si sono prodotti non hanno corrisposto alle speranze iniziali. Non solo perchè alcuni cambi di regime non hanno sostanzialmente portato a una forma di “democratizzazione” della regione come si sperava all’inizio, eccezion fatta per la Tunisia con tutti i limiti e i problemi emersi nel tempo, ma anche per le crisi istituzionali che si sono aperte e aggravate, per l’instabilità e l’insicurezza che si è diffusa nella regione, per le crisi migratorie che si sono generate e, soprattutto, per le guerre scoppiate, certamente a dieci anni di distanza i risultati sono stati molto diversi da quanto, inizialmente, molti giornali europei avevano sperato.

Oggi tutta l’ampia fascia di paesi che dalle coste atlantiche nord africane lungo la sponda sud del Mediterraneo arriva fino alla penisola arabica e al Levante è stato ed è, in larga parte, ancora instabile anche a causa degli esiti e delle crisi aperte in questi dieci anni, fatta eccezione per alcuni paesi. In questi ultimi anni, frustrazione e rancore, in ampie fasce della popolazione, sono state talvolta assecondate da nuovi movimenti estremistici, anche di matrice jihadista ed islamista, che sono emersi in molti paesi o hanno preso vigore e consenso dopo le crisi. Non a caso, in molti contesti di instabilità successivi ai crolli dei regimi o alla crisi dei sistemi istituzionali hanno fatto la loro comparsa organizzazioni estremistiche jihadiste oppure sono emerse tensioni. Non a caso, prima durante la guerra di Siria e poi con l’esplosione del fenomeno ISIS, migliaia di giovani sono partiti dai paesi del Medio Oriente, per esempio da tutto il Nord Africa, per aggregarsi alle milizie jihadiste. La Libia poi, è stata per un certo periodo di tempo un’altra destinazione per i jihadisti, così come oggi lo sono ampie aree instabili o fuori controllo dell’Africa sub-sahariana. L’instabilità politica e le tensioni, nella regione, si sono propagate nel tempo intorno alle aree di maggiore crisi, e le guerre di Libia, Siria e Yemen, si sono trasformate nel tempo in guerre per procura dove al fianco delle diverse fazioni locali agiscono o intervengono anche le diverse potenze della regione, poste su fronti contrapposti. Dieci anni dopo, altre nuove crisi potenziali in cui la contrapposizione tra potenze diverse potrebbe misurarsi, o si sta già misurando, sono già presenti. Dal Libano all’Iraq fino al Corno d’Africa, la regione continua ad essere sempre in fermento, in maniera quasi imprevedibile.

Le Primavere arabe rimangono oggettivamente uno degli eventi più improvvisi e imprevisti della storia recente. Nessuno aveva immaginato che un simile sconvolgimento potesse travolgere regimi, considerato stabili, come Tunisia o Libia o Egitto, nell’arco di pochi giorni, dando il via a una simile instabilità regionale. Inoltre, è evidente, che tra gli effetti di questo tsunami che ha sconvolto una regione già di per se afflitta da tensioni e rivalità storiche, è stato anche la spinta verso una nuova fase “geopolitica” dei suoi equilibri regionali. Con l’emergere di nuovi regimi al potere e nuove divisioni e fratture che si sono prodotte, la regione è oggi ancora più al centro della competizione tra potenze, medie e grandi, mondiali e locali, e anche attraversata da tensioni, rivalità, conflitti in alcuni mesi riemersi, dopo il lungo letargo indotto dalla Guerra fredda, oppure nati recentemente in ragione dei nuovi equilibri globali in via di definizione. Molte sono le cause, attuali, delle nuove rivalità cresciute in questi anni e lo stesso jihadismo, nonostante la fine dell’esperienza territoriale dello Stato Islamico, è ancora oggi una minaccia grave alla sicurezza della regione presente in maniera diversa, e sotto differenti sigle, in numerose sue aree.

L’Europa, durante le primavere arabe e, anche negli anni successivi, non ha saputo, oggettivamente, esercitare fino in fondo una funzione di intervento efficace e tempestiva. Ha più assistito preoccupata agli esiti, molto intimorita, soprattutto dai disordini e dalle masse di migranti che bussavano alle sue porte. Poi è stata anche ferita dalla violenza jihadista che ha colpito in profondità anche le sue città, incapace di darsi una strategia pratica ed immediata di azione, sostanzialmente limitandosi ad interventi emergenziali, o a seguire gli Americani nelle loro azioni contro i terroristi. In questo è stata palese una certa miopia, in particolare da parte di alcuni paesi, ma oggi è sempre più evidente che il “Confine sud dell’Europa”, costituto dal bacino del Mediterraneo, negli ultimi dieci anni non ha avuto le attenzioni che avrebbe necessitato, e l’Italia, in molti casi, è rimasta sola a fronteggiare l’emergenza.

Eppure il Medio Oriente e tutto il Mediterraneo, sono una regione strategica per l’Italia e per l’Europa per numerosi motivi, e rimane ancora oggi un’area sempre più contesa e sempre più al centro degli interessi internazionali. Strategica per gli scambi commerciali e la logistica, per la sicurezza energetica e ambientale, strategica sul piano militare ed economico e anche per questioni di natura culturale e religiosa. Rappresenta anche la regione di confine tra est ed ovest, in una fase storica in cui, il confronto tra est e ovest si è riacceso, ma non più come 70 anni fa con l’Europa come cuore. L’asse si sta spostando sempre più verso il Pacifico, passando anche attraverso il Mediterraneo. In questa fase di spostamento  degli assetti globali, indubbiamente, a dieci anni di distanza, cercare di comprendere le ragioni della primavere arabe, che ne furono all’origine, ma soprattutto comprendere come il Mediterraneo e il Medio Oriente siano cambiati e stiano cambiando, può essere utile, molto, anche a noi Europei.

A dieci anni di distanza, molto intorno a noi nel Mediterraneo è cambiato e sta cambiando profondamente. Un cambiamento che probabilmente era già nell’aria da prima e che la crisi economica e le Primavere arabe hanno forse accelerato. Adesso però, con la crisi pandemica e le sue ricadute, potrebbe probabilmente subire una nuova spinta verso l’instabilità. Occuparsene quanto prima e nella maniera più appropriata, anche alla luce di quanto sta accadendo oggi nel mondo sconvolto dal Covid-19, rimane una priorità non solo per il nostro paese, ma anche per tutto l’Occidente.

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