Coraggio e visione per un’Europa più forte

All’Unione Europea occorre recuperare coraggio e visione per rilanciare il suo progetto politico, superando le divisioni e le paure del presente. L’esempio di Mitterand e Khol a Verdun, come simbolo di coraggio e unità oltre il peso del passato e della storia.

Dopo il crollo del muro di Berlino si pose in Europa il tema della riunificazione tedesca. È noto che alcuni capi di stato europei (per esempio Francois Mitterrand) non fossero particolarmente favorevoli alla riunificazione delle due Germanie, ma nonostante dubbi e contrarietà dettate sopratutto dal peso della storia, poco dopo la caduta del muro la Germania tornò ad essere unita.

La riunificazione tedesca fu anche il primo passo verso l’apertura ad est dell’ Europa, visto che la ex DDR era il primo paese ex comunista che veniva integrato nella Comunità Europea, mentre negli anni successivi fu avviato un ampio processo di revisione dei trattati e di riflessione sul futuro dell’Europa che ha portato fino all’Euro e all’Unione Europea dei nostri giorni.

La Germania per tutta la Guerra Fredda era stata terra di frontiera e cuore del confronto strategico tra est e ovest. Aveva pagato caramente il prezzo della guerra e molti errori tragici del suo passato, e aveva potuto godere degli aiuti americani e dell’integrazione europea e atlantica per potersi risollevare dalle macerie. Ha quindi ampiamente potuto approfittare della solidarietà degli altri paesi vincitori, come recentemente ha ricordato l’ex Cancelliere Gerhard Schroder. Con l’unificazione è diventata il paese più grande demograficamente e più ricco e solido economicamente dell’Unione Europea. Ma contrariamente a una certa vulgata odierna l’Unione Europea non è una sorta di marionetta nelle mani del governo federale tedesco, nonostante sia chiaro che il ruolo che la Germania ha rivestito in tempi recenti e può rivestire nell’Unione è di primaria importanza. Ma l’Unione Europea, come dimostrato anche da questo complesso dibattito sul bilancio comune e la risposta all’emergenza Covid-19, è in realtà un soggetto sovranazionale articolato e complesso dove è in atto un confronto non solo tra le diverse istituzioni che la compongono, ma anche tra i governi nazionali e i partiti europei, con punti  di  vista molto differenti tra loro. Tra questi diversi punti di vista quello del governo tedesco è uno dei più importanti e determinanti.

In questa fase però per quanto il Governo tedesco abbia mantenuta ferma una sua linea molto netta sul tema del debito comune, è chiaro che anche la stessa Germania, come molti paesi europei, sia attraversata da un dibattito interno molto complesso, dove si misurano orientamenti distinti. Come le posizioni dello stesso Schroder, ma anche dei Verdi tedeschi e altri uomini politici dimostrano.

Un dato inequivocabile però è che l’Europa ha bisogno della Germania, così quanto la Germania, la sua economia, la sua industria manifatturiera, hanno bisogno dell’Europa. In questi ultimi anni il Governo tedesco guidato da Angela Merkel si è fatto spesso protagonista, in alcuni momenti, anche di scelte importanti a livello europeo. La vicenda della crisi migratoria del 2014/2015 quando la Germania aprì a 1 milione di profughi siriani è emblematica. Ma in numerosi altri casi, soprattutto quando si è parlato di economia, la Germania è sembrata molto condizionata e vincolata dalle scelte di natura interna, mentre si muoveva nello scenario europeo. E in particolare fin dalla crisi greca ad oggi, si è fatta capofila di un fronte di paesi dell’area centro-nordica del continente che si sono spesso battuti in nome dell’austerità e del rigore economico. Alcuni di questi paesi, si pensi all’Olanda, hanno avuto atteggiamenti ancora più intransigenti della Germania.

Il dibattito sulle scelte economiche, condizionato così fortemente dai paesi del Nord è solo un segno di una più generale assenza di prospettive politiche comuni coraggiose. Purtroppo l’Europa oggi immaginata da molti esponenti politici anche dei paesi nordici appare come un’entità limitata più in una dimensione tecnocratica, mercantilistica e monetaria che politica. E le numerose divisioni emerse nel tempo, amplificate dagli interessi nazionali dei singoli paesi hanno indebolito via via anche la capacità delle istituzioni comunitarie di fare sintesi in maniera efficace.

Questi limiti erano emersi evidentissimi, non a caso, durante la crisi migratoria o in occasione delle primavere arabe. Non è un caso se le principali crisi che interessano e minacciano la sicurezza europea si trovino lungo i suoi confini orientali e meridionali, e nonostante questo l’Europa non sia riuscita ad intervenirvi con efficacia costruendosi un ruolo da protagonista.

Le difficoltà presenti e l’assenza di unità politica sono diventati più chiari nel momento in cui una sfida epocale, un’emergenza senza precedenti come il Coronavirus, presenta la necessità di fare scelte coraggiose soprattutto politiche. In questa occasione le divisioni maggiori sono dovute notevolmente al ruolo degli stati e dei loro governi nel complesso meccanismo decisionale dell’Unione ( c’è da dire che a parte qualche scivolone evitabile le istituzioni comunitarie hanno messo già in campo proposte concrete di reazione ora al vaglio dei governi). Ma una difficoltà frutto non solo della capacità di fare blocco dei paesi nordici, ma anche del fatto che se i paesi del Nord hanno usato sovente il loro peso specifico per condizionare il confronto interno, facendo blocco, dall’altro lato non si è formato nel tempo un fronte alternativo di paesi altrettanto coesi e motivati, capace di contrapporsi a quelli nordici. Almeno fino alla recente iniziativa di Italia, Francia e Spagna che può rivestire invece un ruolo importante per far fare un passo in avanti all’Unione e fare crescere anche il dibattito interno.

Negli ultimi anni, soprattutto durante le riunioni del Consiglio, nell’empasse, è prevalsa soprattutto la linea di chi preferiva non agire o non intervenire, privilegiando magari l’unità di facciata e soluzioni al ribasso, per non aprire una discussione difficile e complessa sul governo dell’Unione. Purtroppo, ne è uscita nel tempo l’immagine di un’Europa divisa e incapace di decidere. E anche se una simile immagine non corrisponde al vero (in questi anni l’UE ha anche promosso importanti regolamenti e riforme su settori di primaria importanza, dalla privacy alla difesa dell’ambiente al commercio con l’estero) questa è l’idea che si è consolidata in molte opinioni pubbliche.

Dopo la crisi economica, anche per alcuni errori commessi in nome del rigore e dell’austerity, nel continente sono emerse nuove forme di nazionalismo e di populismo, che hanno sfruttato le nuove disuguaglianze, la crisi economica e la paura, per attaccare anche l’Europa come responsabile dei problemi attuali. Proprio le indecisioni e divisioni in ambito europeo hanno finito con l’indebolire la forza dell’Unione, favorendo gli slogan dei sovranisti e degli antieuropeisti, allontanando sempre di più l’opinione pubblica di molti paesi ma anche condizionando i governi stessi in sede europea nello loro scelte, in un enorme circolo vizioso che indebolisce sempre di più l’Unione.  Ma un’Europa a marce ridotte, depotenziata e limitata nella sua capacità politica e di azione globale, ha pochi margini, soprattutto in un mondo come quello attuale. Il “fronte dei paesi del Nord”, concentrato di più sul rigore e la difesa a oltranza dei vincoli di bilancio previsti nei trattati di trenta anni fa ha mostrato poca lungimiranza e sembra peccare talvolta di egoismo, e la Germania, in quanto spesso capofila di questo gruppo di paesi, è parsa poco convinta dall’idea di un’Unione più forte, più solidale e più protagonista nel mondo.

Quello che l’emergenza del Coronavirus ci dice, e che dopo la sua fine dirà ancora di più, è che l’Europa deve superare i limiti e le divisioni del presente per salvarsi. Restare inchiodati al presente senza riuscire invece a ripartire e rilanciare il protagonismo dell’Europa, il suo ruolo e la sua forza, sarebbe un tragico errore. Si tratta invece di condurre una battaglia, in seno alle istituzioni europee, per rafforzarle, e nell’opinione pubblica per spiegare perché l’Europa è ancora oggi l’unica prospettiva possibile e necessaria. Il dibattito sul debito comune e le misure economiche contro la crisi del Coronavirus è un primo passo, significativo, in questo cammino, che per proseguire ha bisogno anche di un rilancio soprattutto politico. Decidere come rinnovare e rafforzare l’Unione, anche nelle sue competenze di fronte a nuove emergenze e nel suo ruolo globale di attore unitario.

All’Unione Europea mancano oggi visione e coraggio per rilanciare il suo progetto e realizzare davvero l’Unione politica. Senza slanci verso mete irraggiungibili, ma proseguendo passo dopo passo nel lungo percorso avviato dell’integrazione europea. Basti prendere ad esempio il tema della Difesa comune. Cosa di più e meglio potrebbe permettere di costruire davvero l’Unione politica della difesa europea? E cosa di meglio potrebbe permettere di fare passi rilevanti verso la sua realizzazione della costruzione di una industria europea della difesa? Ma senza volontà politica passi simili non si possono realizzare. Senza un progetto condiviso prevarranno egoismi e divisioni.

L’Europa, per diventare più forte, ha bisogno di un progetto politico unitario che non sia fatto di sola gestione dell’esistente. Per realizzarlo servono idee chiare e anche la rinuncia da parte di tutti di un pezzo del proprio particolare. In fondo fu così che nacque negli anni ‘50 la CECA. L’obiettivo era molto più grande dei singoli interessi nazionali, occorreva ricostruire l’Europa distrutta dalla guerra. Allora il progetto era la pace e la ricostruzione economica, oggi diventa il benessere e la sicurezza comune in un mondo in competizione e tensione. Senza un progetto ambizioso e nuovo l’Europa non sarà una potenza mondiale e non potrà essere più sicura o mantenere i livelli di benessere g dal dopoguerra a oggi. Ma senza Unione europea nessuno dei paesi europei, l’Italia di sicuro, ma nemmeno la Germania, potranno essere comunque una potenza mondiale. Quindi il progetto di un’Europa più forte conviene a tutti.

Un progetto ambizioso per concretizzarsi necessità di una visione e di molto coraggio. La visione è la sua prospettiva ideale, culturale, politica, strategica. Una visione capace di andare oltre i confini limitati del presente: senza visione l’Europa diventa una realtà anonima e ordinaria di cui qualcuno può anche pensare di fare a meno. Invece occorre appassionarsi di nuovo a questa prospettiva, che non può prescindere, come in origine, dal rapporto con il mondo atlantico. Gran Bretagna e Stati Uniti.

E poi il coraggio. La politica europea oggi sembra mancare del coraggio di fare scelte storiche, adeguate alle necessità dei tempi correnti. Si preferisce evitare il rischio, che una scelta coraggiosa può comportare, e mantenere l’esistente, piuttosto che scegliere una strada più rischiosa, ma che potrebbe portate ben più lontano. Senza coraggio però l’UE non sarebbe nata. Senza il coraggio degli Alleati, Germania e Italia non sarebbero state ammesse nel club dei paesi atlantici nel 1949 e non avrebbero potuto approfittare della generosità americana. Il coraggio può presupporre anche scelte difficili, ma necessarie. Senza di esso non vi potrà essere un progetto rinnovato che possa realizzare la visione di un’Europa più forte, più unita e più protagonista.

Coraggio e visione sono indispensabili nella storia, come fu negli anni Cinquanta del novecento o  nel 1989 quando crollato il muro di Berlino cambiò il mondo e i leader politici di allora compresero che fosse utile andare oltre le divisioni e i timori dettati dal peso della storia, per darsi una prospettiva comune e un progetto nuovo. Per fare costruire davvero l’Europa unita partendo dalla Germania.

Oggi l’Europa è in gran parte unita, economicamente e geograficamente. Manca l’unità politica, frutto di coraggio, visione e progetto, necessaria se vogliamo rilanciare il processo di integrazione europea e dare all’UE una prospettiva globale capace di affrontare il futuro prossimo. Quel coraggio e quella visione che, invece, in altre fasi della nostra storia non sono mancati alle classi dirigenti europee: negli anni cinquanta come negli anni ottanta e novanta.

Vogliamo concludere con un esempio storico. La foto di Helmut Kohl e Francois Mitterrand insieme a Verdun rappresenta in maniera plastica il senso di una scelta coraggiosa frutto di visione politica lungimirante: i due leader dei due più grandi paesi europei, che si sono fatti la guerra per secoli, che si stringono la mano proprio sopra quel confine dove più volte i loro popoli si erano combattuti. Un passo da giganti, che segnava la volontà di continuare con forza il cammino verso l’Europa unita.

Quel gesto rappresenta coraggiosamente una visione chiara e un progetto per il futuro. Anche grazie al significato di quel gesto abbiamo potuto ricostruire un’Europa rinnovata che ha portato all’Euro e all’UE di oggi, fidandoci gli uni degli altri nonostante il peso della storia.

Non possiamo però fermarci. Abbiamo il dovere, con coraggio e visione, di proseguire su quella strada tracciata dai padri fondatori e costruire l’Europa del terzo millennio, pronta ad essere una potenza tra le potenze.

Andrea Manciulli è Presidente di Europa Atlantica

Enrico Casini è Direttore di Europa Atlantica


Nell’immagine la firma dei Trattati di Roma

Fonte immagine sito Dipartimento per le Politiche Europee


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *