ELEZIONI IN TUNISIA, IL VOTO PREMIA GLI OUTSIDER E PUNISCE IL SISTEMA DEI PARTITI

Un approfondimento del Centro Studi Internazionali sulle recenti elezioni in Tunisia attraverso l’analisi di Simone Acquaviva

Domenica 15 settembre, per la seconda volta dalla rivoluzione dei Gelsomini, il popolo tunisino si è recato alle urne per eleggere il proprio Presidente tra 26 candidati, incluse due donne. Nonostante l’incremento degli aventi diritto registratesi per il voto, che giustifica come il dato sull’affluenza alla urne non si discosti di molto da quello della scorsa tornata presidenziale in termini assoluti, a livello percentuale è possibile riscontrare un calo di quasi 1/5 dei voti espressi (45% contro il 64% di cinque anni fa). L’aumento della disaffezione dell’elettorato si è riflessa anche nell’esito del voto. Infatti, i due candidati che hanno ricevuto il maggior numero di suffragi sono il costituzionalista Kaïs Saïed e il magnate dei media Nabil Karoui, vale a dire due personalità non direttamente riconducibili ad alcun partito. Al contrario, tutti i candidati alla presidenza affiliati a formazioni politiche sono riusciti a raccogliere un numero di voti nettamente inferiore alle performance dei loro partiti di riferimento nelle precedenti tornate elettorali. Dunque, il primo turno delle elezioni presidenziali senza dubbio porta in dote una forte domanda di cambiamento della classe politica che ha guidato il Paese dal 2011.

Le radici di questa volontà di cambiamento affondano nelle molteplici difficoltà incontrate dagli ultimi governi nel realizzare quegli obiettivi di riscatto sociale, miglioramento delle condizioni di vita e ripresa economica che erano stati al centro della rivolta del 2011. A sua volta, questa incapacità della classe dirigente tunisina è strettamente legata ai travagli del percorso politico di transizione verso la democrazia.

Infatti, questo percorso è stato tutt’altro che lineare, ed ha rischiato a più riprese di portare ad uno scontro tra visioni politiche islamiste e laiche che non solo ne avrebbe compromesso l’esito, ma che avrebbe potuto anche favorire una precoce sclerotizzazione dei giovani meccanismi democratici e una diffusione della violenza politica su larga scala.

Tali criticità sono state essenzialmente superate grazie ad un compromesso tra le principali forze politiche in campo, in particolare tra la coalizione laica Nidaa Tounes ed il partito islamista Ennahda, ovvero le formazioni con la maggior rappresentanza parlamentare. È tramite il ricorso a una gestione non solitaria della cosa pubblica (2011-2014) e a governi sostenuti da grandi coalizioni Nidaa – Ennahda (2014-2019), che la Tunisia è riuscita a superare alcuni passaggi chiave come l’approvazione della Costituzione, le prime elezioni presidenziali (vinte dal leader di Nidaa Tounes, Beji Caid Essebsi), le legislative e le municipali.

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Articolo originale pubblicato sul sito del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.) che si ringrazia per la collaborazione.

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