Attentato a Vienna: la rivendicazione dello Stato Islamico

L’ISIS ha rivendicato l’attentato di Vienna. Questo attacco potrebbe segnare un suo ritorno diretto sulla scena Europea, ma ci segnala anche altri elementi rilevanti.

Mentre continuano in Austria le indagini e le ricerche degli eventuali complici (su cui non vi sono certezze) dell’autore del violento attentato di lunedì sera a Vienna, emergono anche i primi dettagli sulla sua personalità ed è arrivata anche la rivendicazione dell’attacco da parte dello Stato Islamico, che potrebbe dunque confermare la sua matrice jihadista.

L’attentato ha ricordato subito per la sua dinamica la tragica notte del Bataclan a Parigi, con l’attacco multiplo in mezzo alla folla in pieno centro. L’attentatore ucciso, secondo quanto rivelato dalle autorità austriache, era un giovane ventenne di nazionalità austro-macedone, di nome Kujtim Fejzulai, che già nell’aprile del 2019 era stato condannato a 22 mesi di carcere per aver cercato di raggiungere la Siria e unirsi alle milizie di ISIS. Secondo quanto riportato nelle ore successive all’attacco dalle agenzie di stampa, infatti si era già parlato di attentato di matrice islamista, ma la rivendicazione giunta ieri sera attraverso i canali propagandistici dello Stato Islamico confermerebbero questa ipotesi. L’attentatore, definito secondo quanto riportato dalle agenzie, come un “soldato del califfato”, viene identificato come Abu Dujana al-Albani. Morto nello scontro con la polizia austriaca, dopo aver condotto l’attacco armato con un fucile d’assalto, avrebbe indossato una cintura di esplosivo rivelatasi poi falsa.

Questa notizia conferma dunque l’ipotesi sulla matrice e potrebbe fare luce sull’origine dell’attacco, che data la sua dinamica e i mezzi impiegati, potrebbe essere il frutto di una pianificazione sviluppata in maniera più strutturata rispetto all’atto estemporaneo o all’aggresione violenta improvvisa di un singolo autoradicalizzato.

Nel frattempo mentre continuano le indagini, non solo in Austria, per cercare di individuare eventuali elementi di complicità e la possibilità di una rete jihadista intorno all’attentatore e ai suoi possibili complici, si fa evidente che la minaccia jihadista continua ad allungarsi pericolosa sull’Europa. In attesa che altre informazioni personali dell’aggressore morto, scarcerato prima della fine del tempo previsto, siano più chiare, circolano numerose ipotesi sia sui suoi legami in altri paesi europei (si parla della Germania in proposito), che sulla sua vicenda personale di adesione ad un percorso di radicalizzazione jihadista che lo avrebbe portato, alcuni anni fa, a tentare addirittura di arruolarsi nelle milizie jihadiste in Siria. Sarebbe infatti stato fermato in Turchia, prima di riuscire nel suo progetto.

Appare inoltre evidente che la giornata scelta per l’attacco potrebbe non essere stata casuale, così come la volontà di creare il terrore e colpire quante più vittime possibile conducendo un attacco di questo genere in pieno centro, all’ora serale di punta, le 20, in una zona molto affollato e trafficata della capitale austriaca.

Vi sono poi due elementi su cui intanto potrebbe essere utile fare una prima riflessione, in attesa di elementi più certi. Certamente questa rivendicazione potrebbe anche segnare un ritorno in campo di ISIS, in una versione più tipica di organizzazione terroristica clandestina, che differentemente da altri casi, rivendica il gesto e cerca quindi di riuscire fuori dall’ombra, dopo alcuni mesi in cui, per lo meno in Europa, si era parlato molto poco della sua minaccia. Del resto lo Stato Islamico, come più volte ricordato anche su queste colonne e da numerosi analisti, per quanto sia oggi un fenomeno molto meno mediatico che in passato, avendo perso la sua dimensione territoriale e avendo perso circa un anno fa il suo leader al Baghdadi, continua ad esistere e resistere e mantiene una sua rilevante presenza, spesso clandestina o in sacche territoriali marginali, sia nella regio a cavallo tra Siria e Iraq che in numerosi altri paesi instabili tra Nord Africa, Africa e Medio Oriente fino in Afghanistan. A questo si aggiunge anche la costante presenza sul web e sui media che ha reso al dimensione del “Califfato virtuale” una costante molto presente e pericolosa, soprattutto sul versante della propaganda mediatica e del proselitismo radicale jihadista tra i più giovani. I soldati dello Stato Islamico sono ancora dunque numerosi, molti nascosti, ma anche i simpatizzanti, che potrebbero ambire a  diventarlo, potrebbero essere molti.

Inoltre, altro tema su cui riflettere, oltre all’eventualità che l’attentatore di Vienna potesse essere inserito in una rete jihadista dislocata nei paesi dell’Europa centrale, ipotesi che circola in queste ore in riferimento alla Germania, potrebbe essere il tema della sua provenienza, ovvero la sua origine da uno dei paesi dell’area balcanica, essendo infatti di doppia nazionalità, austriaca  e macedone e avendo probabilmente anche legami in Kosovo. Lungi da noi ovviamente attribuire responsabilità particolari in base alle origini nazionali dei soggetti (il jihadismo è per sua definizione un fenomeno molto transnazionale), ma il tema che ci interessa evidenziare riguarda la diffusione del radicalismo jihadista in quell’area dell’Europa, i Balcani appunto, dove l’attentatore avrebbe avuto dei contatti. I Balcani infatti da tempo sono visti come un possibile hub logistico per il jihadismo in Europa, in cui le stesse organizzazioni jihadiste, a partire da ISIS, hanno sviluppato autentiche campagne di arruolamento e di propaganda dedicate alla regione, mirate e targhettizzate per attirare persone da quell’area dell’Europa, che ha una storia particolare ed è stata per molti anni, terreno di scontro militare per motivi sia di tipo etnico che confessionale.

Numerosi jihadisti o simpatizzanti del jihadismo arrestati negli scorsi anni, cosi come moltissimi foreign fighters partiti per la Siria, provenivano o erano di origine di uno dei paesi dell’area (si pensi ad alcune importanti inchieste anche in Italia). Il Kosovo, per esempio, ha contribuito considerevolmente al numero di combattenti partiti per il Medio Oriente. Inoltre si ricorderà che proprio nei Balcani, soprattutto negli anni novanta in corrispondenza delle guerre successive all’implosione della Yugoslavia, vi fu un cospicuo transito di combattenti jihidasti, tra cui numerosi veterani islamisti legati più o meno direttamente alle organizzazioni terroristiche del tempo.  Preoccupa molto sia la diffusione dell’ideologia jihadista nei paesi dell’area balcanica, come evidenziato per esempio dal cospicuo numero di combattenti partiti per la Siria negli scorsi anni come anche nel numero di simpatizzanti jihadisti presenti in quei paesi, ma anche le possibili connessioni che in alcune aree dei Balcani potrebbero crearsi tra organizzazioni criminali e reti jihadiste, come il fatto, che proprio anche attraverso le rotte balcaniche e le organizzazioni criminali ivi presenti, potrebbero in Europa arrivare armi destinate a potenziali terroristi. Questi sono tutti temi molto rilevanti, su cui le agenzie di sicurezza in molti paesi europei sono in guardia, che dovrebbero interessare direttamente  i governi europei e l’UE.

A prescindere dal caso di Vienna in se, indubbiamente la minaccia della presenza di jihadisti e della diffusione di forme di radicalismo islamista violento in alcune zone della regione è un tema con cui fare rapidamente i conti che riguarda non solo i paesi balcanici, in particolare dell’area dei Balcani Occidentali, ma anche noi. Anzi, i paesi balcanici vanno sostenuti e supportati attivamente sempre di più nel contrasto sia della criminalità organizzata che delle forme di radicalizzazione estremistica, jihadista e non solo, che proprio in questa regione tradizionalmente instabile e istituzionalmente fragile, sono presenti.

L’attacco di Vienna quindi, su cui ancora deve essere fatta luce per molti suoi elementi, rivela già oggi molte cose su cui è bene riflettere ed agire. E indubbiamente, tra queste, il ritorno in campo di ISIS potrebbe essere la più evidente e pericolosa, ma non l’unica.

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