NATO e Climate Change: Quali contesti e strategie per un’alleanza sempre più green

Con la triste consapevolezza che ormai il cambiamento climatico non sia più una minaccia in arrivo per le future generazioni, ma una condizione sempre più evidente già nel nostro presente, numerosi stati hanno già adattato le proprie strategie e le proprie forze armate in previsione di modifiche radicali all’ambiente che ci circonda.

Un fenomeno simile oltre a creare nuove sfide e competizioni, crea l’esigenza di doversi preparare ad operare in scenari caratterizzati da allagamenti, temperature record o altri disastri naturali. Sebbene la NATO prenda in considerazione il climate change sin dal 1969 in merito alle condizioni in cui le forze dell’alleanza operano, è solamente nell’ultimo decennio che si è registrata la volontà di analizzare il fenomeno sotto una lente strategica e in grado di influenzare la sicurezza internazionale. Dal 2010, anno in cui ciò venne istituzionalizzato nello strategic concept dell’alleanza, l’attenzione sul tema è cresciuta notevolmente. Oggi, appare come una delle principali aree in cui la NATO deve concentrare i propri sforzi proprio perché le più grandi prove per l’alleanza atlantica saranno estremamente legate a questo tema.

Non è quindi una coincidenza che negli ultimi anni si siano intensificati i documenti e gli incontri sul cambiamento climatico. Nell’ultimo periodo in particolare, si sono tenuti interessanti eventi sul tema: il 17 settembre si è tenuto il seminario organizzato dalla delegazione italiana e britannica “NATO and Nature, a changing climate: why the environment matters to NATO, and what to do about it”  dove gli alleati hanno concordato sulla necessità di adattarsi alle future minacce e sfide nel prossimo decennio, anticipando sostanzialmente, l’importanza che il climate change avrà nell’agenda NATO 2030 promossa dal Segretario generale Jens Stoltenberg e dando un forte contributo alla creazione di un consensus a riguardo.

Un “assaggio” sul dove NATO 2030 indirizzerà gli sforzi in merito agli stravolgimenti del clima è stato dato direttamente dal Segretario Generale, durante il dibattito virtuale “NATO and the security implications of climate change” organizzato con gli studenti di 10 università dell’alleanza.

“Credo che in molti potrebbero chiedersi se la NATO, un’alleanza militare, dovrebbe occuparsi del cambiamento climatico. La mia risposta è che sì, dovremmo, e per tre ragioni. Perché rende il mondo più pericoloso, perché rende più difficile per le nostre forze militari mantenere le nostre popolazioni  al sicuro e perché tutti abbiamo la responsabilità di fare di più per combatterlo”.

Con questa apertura, il Segretario Generale ha sostanzialmente indicato le tre principali vie in cui la NATO dovrà rispondere agli effetti del cambiamento climatico:

Sicurezza globale: Inutile tergiversare, il cambiamento climatico rappresenta la principale sfida non solo all’alleanza ma alla stabilità di numerose aree del pianeta. Cambiamenti climatici massicci come lo scioglimento dei ghiacci nell’Artico hanno prodotto uno “scongelamento” degli interessi geopolitici nell’area legati allo sfruttamento delle risorse e alle nuove opportunità di rotte commerciali. La NATO, avendo come membri ben 5 paesi artici, non potrà esimersi dal rispondere alle nuove tensioni che rischiano di infiammarsi nella regione considerando i crescenti interessi di paesi lontani dalla regione come la Cina.  Allo stesso modo desertificazioni e siccità pongono ulteriori problematiche ad aree già fortemente instabili come il Sahel, creando invece aree fertili per il terrorismo e l’immigrazione.

Sicurezza delle operazioni: Partendo dalle conseguenze più evidenti del cambiamento climatico ossia disastri naturali, allagamenti e temperature record, un’alleanza militare deve tener di conto nuovi scenari in cui gli equipaggiamenti non sono più corrispondenti alla situazione preventivata. Oltre alla sicurezza diretta delle operazioni, sempre più forze militari vengono impiegate per operazioni di sicurezza in contesti colpiti da disastri naturali. Come il Covid-19 nella sua fase iniziale ha messo in crisi le capacità logistiche degli stati, la NATO può contribuire a migliorare le stesse in scenari colpiti da terremoti, alluvioni e altri contesti critici.

Riduzione dell’impatto ambientale della NATO: La fornitura di carburante è una parte critica, difficile e pericolosa delle operazioni militari poiché le linee di approvvigionamento del carburante sono notoriamente vulnerabili. Operazioni NATO fortemente green quindi, non solo consentirebbero di ridurre le emissioni di carbonio, ma anche di rendere più sicure le operazioni.  Come citato dal segretario generale ad esempio, l’Olanda ha aumentato l’utilizzo di pannelli solari in sostituzione dei classici generatori diesel durante le operazioni. Stati Uniti e Canada stanno integrando pannelli solari nel loro equipaggiamento da combattimento per alimentare la crescente quantità di apparecchiature elettroniche trasportate dai soldati. La NATO potrà quindi contribuire alla standardizzazione di queste nuove pratiche e al miglioramento dell’immagine della stessa alleanza.

Vi sono infine, nuove sfide indirette lanciate dal cambiamento climatico e la necessità di  abbandonare il massiccio consumo di energie fossili come la vulnerabilità delle strutture energetiche ai cyber-attacchi e la disponibilità di materiali essenziali all’industria militarecome gli elementi rari che oggi divengono essenziali anche per la cosidetta industria green e dove l’estrema predominanza di Pechino nella produzione di essi, pone nuove sfide all’alleanza su come assicurarsi tale indipendenza.

Le sfide sono numerose, ma il clima sembra cambiare anche all’interno della NATO stessa che finalmente  sembra rendersi conto dell’impellente necessità di essere non solo partecipe, ma protagonista del cambiamento in atto, in modo da poter rispondere rapidamente se non anticipare potenziali minacce e rischi derivanti dal climate change rilanciando inoltre il ruolo e l’immagine dell’alleanza, rendendola sempre più al passo dei nuovi tempi che corrono. La strada sembra essere stata ben tracciata dal Segretario Generale, vedremo nei prossimi mesi se gli stati membri saranno d’accordo nel costruirla.

Andrea Bonelli

Fonti:

https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_178372.htm

https://www.nato.int/cps/en/natohq/photos_178353.htm

https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_178028.htm?selectedLocale=en


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