LA NATO NELL’ARTICO: SFIDE E NUOVE PROSPETTIVE

In un futuro non troppo lontano la regione dell’Artico sarà molto diversa da come appare oggi. La sfida globale del cambiamento climatico si ripercuoterà in maniera preoccupante ed evidente in questa area in modo particolare. L’aumento della temperatura nell’Artico è quasi il doppio più veloce rispetto al resto del mondo, e ciò comporta, come è noto, lo scioglimento del permafrost e l’innalzamento del livello del mare. Il report annuale sull’Artico pubblicato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration ha rilevato nel range di tempo tra ottobre 2019 e settembre 2020 temperature superficiali del mare in aumento e una riduzione del ghiaccio, il cui livello di estensione è stato il secondo più basso in 40 anni.

Il riscaldamento del mare Artico ha aperto nuove sfide per gli Stati che fanno parte del Consiglio Artico e non solo. Bisogna sottolineare che cinque degli otto Stati del Consiglio Artico sono membri della NATO.

Le riflessioni della NATO in merito alla sicurezza dell’Artico sono emerse con forza dal 2014 in poi, in seguito al deterioramento dei rapporti tra NATO e Russia. Tuttavia, già dal 2009, durante un seminario internazionale a Reykjavík sulle prospettive di sicurezza nel Grande Nord, l’ex segretario generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer ha suggerito un ruolo più proattivo della NATO nell’area per rispondere a nuove sfide generate dallo scioglimento della calotta polare, tra cui l’incremento delle attività di navigazione.

Negli ultimi anni, la presenza della NATO nella regione artica è stata talvolta giudicata come non sufficiente a controbilanciare la Russia e la Cina, e una colpa della sua risposta inadeguata e tardiva la si può far risalire alla chiusura verso l’Europa e la NATO da parte dell’amministrazione Trump.

Con la presidenza Trump, si sono create tensioni all’interno della NATO, nate dall’accusa indirizzata ai Paesi europei di contribuire poco rispetto a quanto essi ricevano in cambio in termini di sicurezza e difesa. Sin dalla sua campagna elettorale del 2016, una delle criticità che Trump evidenziava nella struttura della NATO era “l’iniquo ‘burden sharing’ tra gli alleati, accusati di opportunismo.”

Questo atteggiamento diffidente degli USA nei confronti del multilateralismo avrebbe potuto minare la capacità della NATO di rispondere in maniera coesa alle minacce, in primis a quella russa. A partire dall’occupazione russa della Crimea nel 2014, il focus della NATO si è incentrato perlopiù sul “fianco orientale”, trascurando in parte altre aree come l’Artico e il Mar Nero.

Dal summit di Bruxelles che ha avuto luogo l’11 e 12 luglio 2018 alcuni analisti si aspettavano che la NATO avrebbe ascoltato la richiesta del governo canadese di aumentare le esercitazioni militari e l’addestramento congiunto nella regione dell’High North ma nella Dichiarazione non vi è stato alcun accenno a questo. La posizione del Canada è cambiata nel corso del tempo. La sua reticenza, dovuta al timore che una maggiore partecipazione della NATO nell’Artico avrebbe causato tensioni tra gli Stati artici, è venuta meno negli anni.

Tra il 25 ottobre e il 7 novembre 2018 tutti i riflettori sono stati puntati sulla “Trident Juncture”, un’esercitazione NATO a cui hanno partecipato anche Svezia e Finlandia che ha visto un grande dispiegamento di forze via mare, aria e terra.

Si è trattata della più grande esercitazione NATO dalla fine della Guerra Fredda, volta a mettere alla prova la capacità dei militari alleati di rispondere congiuntamente ad uno scenario di crisi, coerentemente con il principio di “difesa collettiva”, la più importante core task contenuta nello Strategic Concept del 2010.

Trident Juncture ha permesso ai militari di addestrarsi in luoghi con temperature ostili, con un diretto coinvolgimento di 4 Paesi artici, Norvegia, Islanda, Finlandia e Svezia.

Solamente nel maggio di un anno dopo, il segretario di Stato Mike Pompeo, in un discorso durante la riunione ministeriale del Consiglio Artico a Rovaniemi, ha riacceso le preoccupazioni sulla sicurezza militare dell’Artico, senza però accennare al cambiamento climatico, verso cui l’amministrazione Trump ha assunto un atteggiamento negazionista.

Nel giugno 2020, è arrivato un segnale di un rinnovato interesse statunitense nell’Artico, espresso con il “Memorandum on Safeguarding United States National Interests in the Arctic and Antarctic Regions” del presidente Trump secondo cui “gli Stati Uniti richiedono una flotta pronta, capace e disponibile di rompighiaccio per la sicurezza polare che sia operativamente testata e pienamente schierabile entro l’anno fiscale 2029.”

Nel novembre 2020 vi è stata la pubblicazione del documento “NATO 2030: United for a New Era”. Al suo interno, il gruppo di studio formato da dieci esperti che lo ha elaborato ha sottolineato la necessità per la NATO di aumentare la propria presenza nell’Artico e nel Grande Nord e sviluppare una strategia che prenda in considerazione piani di difesa e di deterrenza più ampi. Il documento ha menzionato l’importanza del mantenere la libertà di navigazione nell’area e ha suggerito alla NATO di aggiornare la strategia del 2011 per “riflettere le nuove minacce alle comunicazioni transatlantiche e il desiderio di mantenere l’Artico/Alto Nord una regione a bassa tensione.”

Per il 2022, la NATO sta progettando una nuova esercitazione, la “Cold Response”, la quale si terrà a Ofoten, un distretto nel nord della Norvegia, ed è il segnale che tra gli stati alleati vi sia finalmente un interesse forte nell’Artico. È importante però che la Russia non percepisca questo evento come una minaccia, ed è proprio per evitare un aumento delle tensioni che Eirik Kristoffersen, il generale delle forze armate norvegesi, ha assicurato che “La Russia sarà invitata ad osservare Cold Response 2022”.

La sfida che la NATO dovrà affrontare nei prossimi anni sta nel far rimanere l’Artico un’area a bassa tensione ed evitare che si verifichi un’escalation di utilizzo di forza militare. Questa è la via che sarebbe auspicabile percorrere nell’Artico, in coerenza con la linea che fu proposta per la prima volta dall’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov nell’ottobre 1987 in un discorso a Murmansk.

Aurora Cuzzolini


Immagine tratta da Pixabay.com

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