La storia è sempre imprevedibile. Il punto di vista di Fabrizio Cicchitto

La riflessione di Fabrizio Cicchitto, Presidente di Riformismo e Libertà, sul corso degli eventi degli ultimi anni, dal 1989 in poi e il ruolo di NATO e Europa, nel mondo contemporaneo

Apparentemente fra il 1989 (crollo del muro di Berlino) e il 1991 (disintegrazione per implosione dell’URSS e degli stati comunisti dell’est) sembrò che tutta una storia fosse finita (quella della contrapposizione fra il comunismo politico ed economico e il liberalcapitalismo con la schiacciante vittoria di quest’ultimo che prevaleva per le forze del sistema economico e del regime politico liberaldemocratico e non per una guerra). In un certo senso se tutto ciò fosse stato vero sarebbero anche venute meno le ragioni di fondo della Nato. Purtroppo le cose non sono andate affatto così. In primo luogo, essendo sfuggito alle rilevazioni e alle analisi della CIA e di tutti i servizi dell’Occidente, esplose il terrorismo espresso dal fondamentalismo islamico (di qui la battuta di Condoleezza Rice: <<Ci facevano la guerra e non ce ne eravamo accorti>>) che arrivò a colpire gli USA al cuore, a New York con le Torri Gemelle. Poi, a causa degli errori di Bush jr. prima e di Obama poi, una diversa versione di quel terrorismo, l’ISIS, addirittura riuscì a radicarsi sul territorio in Iraq e in Siria, il primo caso di terrorismo che si fa stato. Successivamente quella versione vincente del turbocapitalismo prima imprenditoriale poi finanziario (con conseguente deregolamentazione e distribuzione di titoli tossici e di crisi bancarie annesse) andò incontro alla più grande crisi della storia economica dal 1929, con la involontaria conferma di una parte delle analisi di Marx e di Rudolf Hilferding (vedi il suo libro sul capitale finanziario). Poi è risultato evidente che la globalizzazione era tutt’altro che un trionfo dell’Occidente e ciò ha colpito sia gli USA sia l’Inghilterra, sia molte nazioni dell’Europa meridionale (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia). Ma le cose si sono rivelate molto complicate anche sul piano geopolitico.

Dopo la fase di Eltsin la Russia ha espresso con Putin una contestazione di tipo nuovo nei confronti degli USA e dell’Europa. Infatti non ci si può far ingannare dall’incontro di Pratica di Mare del 2002: allora Putin si presentò col piattino in mano perché dopo tutto quello che era successo doveva ottenere di far rientrare la Russia nel salotto buono. Una volta ottenuto questo risultato emerse sia la qualità del nuovo regime in Russia, sia la linea geopolitica del successore di Stalin, di Breznev e compagnia bella. In Russia non si era affermata nessuna liberaldemocrazia. Il PCUS era finito per consunzione perché ormai la sua leadership era una gerontocrazia distaccata sia dal mondo esterno sia dalla stessa società russa. Quella di Eltsin si rivelò una parentesi liberal liberista del tutto transitoria. Il KGB era in Russia l’unica struttura forte e solida, dotata di antenne rispetto al quadro internazionale e radicata nel sistema di potere interno per cui espresse la nuova leadership politica con il suo ufficiale di maggior prestigio, cioè Putin, e anche la classe dirigente economica, nel senso che una parte dei suoi quadri divennero i boiardi a cui fu affidata la gestione delle grandi imprese, in un sistema che combinava insieme dirigismo capitalismo. In ogni caso mentre la Russia geopolitica, anche grazie al suo esercito e alla sua diplomazia, è forte, la Russia economica è molto debole. Putin si è rivelato una leader politico notevole anche perché allo stato è l’unico leader a livello mondiale dotato di lucidità geopolitica. Egli è stato favorito dal fatto di aver dovuto fare i conti con tre presidenti degli USA, Bush jr., Obama e Trump, che per opposte ragioni hanno commesso tutti gli errori possibili in politica estera. Allora Putin sta dando espressione politica operativa al progetto della grande Russia, ereditando tutto l’armamentario storico-politico, e anche mitologico, dello zarismo, da Pietro il Grande a Ivan il Terribile, e del comunismo, in primis Stalin, oggi rivalutato. Di conseguenza Putin è contro gli USA e contro l’Europa e per primo ha capito che internet può essere uno strumento fondamentale per destabilizzare le democrazie occidentali. Lo ha fatto nelle elezioni americane lavorando contro la Clinton e per Trump, lo ha fatto nel corso della Brexit e in Catalogna, lo ha fatto sostenendo Le Pen in Francia, l’estrema destra in Germania e nei paesi scandinavi, il M5s e la Lega in Italia. Sostenuto dall’opinione pubblica Putin ha usato anche in modo molto spregiudicato l’azione militare. Così, per reazione al fatto che il suo quisling Janukovyc fu inaspettatamente spazzato via dalla piazza di Maidan, egli ha occupato territorialmente la Crimea, poi ha attaccato l’Ucraina nel Donbass, quindi ha sottoposto gli stati dell’Europa del Nord ad una continua pressione cibernetica, quindi nel 2013 ha “giocato” Obama in Siria evitando il suo intervento in seguito all’uso della armi chimiche da parte di Assad, per poi di fatto estromettere gli USA da quella partita decisiva diventando una potenza chiave nel Medio Oriente realizzando una coalizione con l’Iran, le milizie sciite, gli hezbollah. In ogni caso, però, la Russia di Putin è in condizione di sviluppare una forte iniziativa sul piano geopolitico, non sul terreno economico. Esattamente l’opposto è il caso della Cina.

La Cina sfida gli USA sul terreno geopolitico e ancor di più su quello economico. La sfida è a 360°. Con la via della seta Xi Jinping  mette in campo paradossalmente una serie di atipici piani Marshall: lo fa per l’Africa, lo fa nei confronti del Pakistan e dello Sri Lanka, lo fa nei confronti di singoli stati europei in una logica disgregativa, lo fa nei confronti della Serbia nei Balcani.

Da tutto ciò emerge una profonda differenza in peggio fra ieri e oggi. Negli anni ’50-’60 gli USA avevano a disposizione due grandi strumenti: la bomba atomica come deterrente rispetto all’espansionismo comunista e il piano Marshall come strumento di consenso in Europa. Oggi a Russia utilizza internet come strumento di una guerra atipica, mentre è la Cina che fa piani Marshall attraverso la via della seta.

Ciò detto, malgrado tutto (e quando diciamo tutto mettiamo nel conto anche l’esplosione di sovranismo e di isolazionismo in atto negli USA a causa della globalizzazione e in Europa grazie all’immigrazione e agli incredibili errori fatti dalla leadership tedesca, francese, belga nella gestione dell’Unione Europea), l’Occidente rimane in campo sul terreno di alcuni valori fondamentali costituiti dallo stato di diritto, dalla libertà di espressione e di religione, dalla parità uomo-donna e dai liberi costumi, dal pluralismo economico e sociale. Di conseguenza la Nato mantiene la sua ragione d’essere e presidio di questi valori che costituiscono la ragione d’essere profonda dell’Occidente al netto delle perversioni e delle deviazioni in atto a livello delle forze politiche, dei governi, dello stesso attuale presidente degli USA che forse non si rende conto che nel momento in cui parla di America first afferma una posizione profondamente contraddittoria con gli interessi più profondi degli USA che, come ha ricordato il gen. Mattis, sono quelli del multilateralismo, delle grandi alleanze, delle ampie coalizioni internazionali. Comunque siccome fra la Russia, al Cina, Cuba e un pezzo di America Latina (vedi Venezuela e Nicaragua) e settori del fondamentalismo islamico (come l’Iran) esistono indubbie connessioni, c’è da un lato l’esigenza di una grande battaglia politico-culturale, dall’altro quello che sia in campo, a scopo deterrente e a scopo aggregante, una grande forze politica e militare qual è la Nato. Ciò comporta per la Nato una sorta di rifondazione in primis culturale e gestional-comportamentale e anche riguardante la dottrina militare, superando la tendenza alla ripetitività e al burocratismo derivante dalla presunzione dell’esistenza di uno status quo fortissimo e incrollabile. No, la Nato ha davanti a sé un ruolo fondamentale a condizione che riveda tutto, la sua strategia di fondo e le sue tattiche operative, il suo modus operandi e i suoi punti di riferimento, ponendo in essere un’autentica rivoluzione culturale imposta dai tempi che sono cambiati e che richiedono una “nuova Nato”, anche perché se essa non esistesse andrebbe ricostruita visto il pericolo alla libertà e alla democrazia rappresentato in vario modo dalla Cina, dalla Russia, dall’Iran, da Cuba, dal Venezuela di Maduro, e anche da ciò che stanno facendo di molto ambiguo e contraddittorio stati quali la Turchia, l’Ungheria, la Polonia.

In questo contesto come si colloca l’Italia?

Storicamente l’Italia ha vissuto in pieno la divisione internazionale del mondo avendo il più forte partito comunista dell’Occidente. L’adesione al patto Atlantico avvenne nel fuoco di uno scontro durissimo nel parlamento e nel paese. Successivamente, però, la DC portò avanti una gestione morbida dell’atlantismo e il PCI del filosovietismo. Anche i grandi gruppi imprenditoriali privati e pubblici come l’ENI e la Fiat facevano affari in tutte le direzioni. La Fiat fece Togliattigrad e per una fase accettò i libici nel suo azionariato. Da quando il PCI ha cambiato nome, in sostanza si è affermata una politica estera dell’Italia che al di là del centro-destra e del centro-sinistra ha avuto come punti fondamentali l’adesione alla Nato, all’Unione Europea, il rapporto preferenziale con l’Europa e con gli Stati Uniti, partendo di qui per colloquiare con la Russia e con la Cina, ma tenendo ben ferma la collocazione nell’Occidente.

Con l’avvento del nuovo governo tutta la politica estera dell’Italia è in questione, ma senza neanche una discussione seria e reale in parlamento e nel paese. Il Movimento 5 stelle nella scorsa legislatura ha sostenuto l’uscita dalla Nato, era molto vicino a Maduro e al chavismo, aveva rapporti molto forti con Putin e il suo partito. In questa legislatura queste posizioni sono state molto sfumate: è rimasta in campo la scelta di adesione alla nuova vita della seta cinese, facendo sì che l’Italia sia l’unico paese a fare questa scelta. La Lega non ha condiviso, ma nemmeno contestato radicalmente questa scelta e per parte sua oscilla fra Trump e Putin. Per ciò che riguarda l’Europa siamo ancor di più allo sbando. La Lega è proiettata all’intesa con gli stati sovranisti che però sostengono posizioni opposte a quelle italiane sul terreno della politica economica e sulla ripartizione delle quote. Sul terreno dell’Europa il M5s è una nebulosa. Di conseguenza il 2019 è segnato da un grande punto interrogativo per ciò che riguarda la politica estera dell’Italia e quindi i suoi rapporti reali con la Nato.

Fabrizio Cicchitto

Informazioni

Le foto presenti su europaatlantica.it sono state in larga parte prese da Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono segnalare alla redazione (tramite e-mail: info@europaatlantica.it ) che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate

Le opinioni personali e i commenti espressi dagli autori potrebbero non rappresentare la posizione della Redazione e dell’Associazione Europa Atlantica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *