La Guerra di secessione americana: i protagonisti della prima guerra “industriale”

Il 12 Aprile del 1861 prendeva inizio la Guerra di Secessione americana, che si concluderà solo 4 anni più tardi. Un passaggio cruciale nella storia americana, ma anche la prima guerra “industriale” della storia, di cui sarà protagonista centrale il Presidente Abraham Lincoln. Marco Tesei, nella nostra rubrica dedicata alla storia militare e agli anniversari, ripercorre gli eventi da cui la guerra ebbe inizio e presenta le storie dei suoi protagonisti.

E’ l’11 Aprile del 1861. Il Generale Anderson è sotto assedio a Fort Sumter da quasi tre mesi. Fort Sumter è un fortino di nuova costruzione a protezione del porto di Charleston, in quel South Carolina passato alla storia come il primo stato a secedere (il 20 Dicembre dell’anno prima), neanche due mesi dopo l’elezione di Abramo Lincoln, il nemico, a Presidente degli Stati Uniti. Entro qualche ora Anderson, rimasto fedele all’Unione pur essendo figlio del Sud (era originario del Kentucky) e marito di una georgiana proprietaria di schiavi, sarà bersaglio di quei colpi da artiglieria che, ordinati dal Generale Beauregard (tra l’altro suo allievo a West Point, ma ora Generale nella Confederazione), daranno inizio alla Guerra di Secessione americana.

Un passo indietro: neanche due mesi prima Jefferson Davis assume la carica di Presidente degli Stati Confederati d’America, Abramo Lincoln entra in carica a Marzo. Entrambi i presidenti sanno che il primo che sparerà un colpo di cannone si prenderà tutte le responsabilità agli occhi dell’opinione pubblica (per la stragrande maggioranza contraria alla guerra) condizionando inesorabilmente le future vicende con l’etichetta poco pregiata dell’aggressore.

E’ con l’assedio di Fort Sumter che Lincoln dà una prima prova di superiorità strategica rispetto a Davis, pur ex-militare di rilievo e già Ministro della Guerra. Visto il perdurante stato d’assedio, Lincoln pianifica l’invio di una nave di rifornimento con medicinali e vettovagliamenti per Anderson e la sua guarnigione di 80 persone. Decide quindi di comunicare la cosa per vie ufficiali agli assedianti e, pur rimarcando l’innocuità del carico e la volontà di collaborare per una risoluzione pacifica dell’assedio, mette Davis nella scomoda posizione di dover prendere una decisione, qualsiasi questa fosse, in tempi brevi. L’assedio perdurava, in via del tutto simbolica e non cruenta, da settimane. Non era chiaro come uscire dallo “stallo alla messicana” e Lincoln aveva appena lasciato a Davis “il cerino in mano”, probabilmente consapevole di come il suo (apparentemente innocuo) sollecito avrebbe attecchito su un orgoglioso, supponente e militaresco uomo del Sud (probabilmente) privo di una exit-strategy.

Davis, dalla capitale Montgomery, dà quindi mandato a Beauregard di costringere alla resa il forte prima dell’arrivo delle scorte. Il dado è tratto. L’11 Aprile Beauregard invia un’ultimatum al suo mentore Anderson richiedendo l’evacuazione del forte; Anderson risponde con un secco rifiuto. Il 12 Aprile partono le cannonate e, con esse, la Guerra di Secessione.

L’assedio si concluderà in maniera incruenta, con la resa di Anderson il giorno successivo. La guerra appena cominciata è invece destinata a durare fino al 23 Giugno del 1865, mietendo circa un milione di caduti tra morti e feriti, provocando più morti (americani) delle due guerre mondiali messe insieme. Il 20% dei maschi bianchi del Sud in età d’armi perderà la vita nel conflitto. La Guerra di Secessione americana passerà alla storia come la prima guerra totale, il momento di passaggio dall’era napoleonica all’era moderna; dalla guerra cavalleresca, quasi romantica, alla guerra “brutta e cattiva” in cui ogni cosa è lecita pur di vincere; dalla guerra in campo aperto alla guerra di trincea.

Sarà la Guerra di Secessione americana a regalare alla storia militare personaggi contrapposti del calibro del Generale Lee e del Generale Grant.

Il primo, come lo definisce Luraghi, l’ultimo comandante napoleonico; Comandante della leggendaria ed imbattibile Armata della Virginia Settentrionale, eroe cavalleresco, paladino e difensore di una causa persa, espressione di quell’aristocrazia colta (e basata sullo schiavismo) del Sud, vissuta e morta nel pregiudizio della superiorità intellettuale, militare e morale rispetto ai rozzi bottegai yankee del nord. Il Generale Lee non perderà nessuna battaglia, ma perderà la guerra. La sua strategia, in pieno stile napoleonico, era improntata all’aggressione ed alla costante ricerca della “battaglia finale” che da sola decidesse la guerra. Gettysburg sarà la sua Waterloo (eppure all’epoca, in nome dell’invincibilità di cui sopra, si parlerà di “pareggio”). Morirà cinque anni dopo la fine della guerra prendendo posto nella cultura di massa come baluardo di onestà e spirito cavalleresco, a contrasto della società materialista e incentrata sul profitto che andava formandosi.

Il secondo, Ulysses Simpson Grant, probabilmente è stato il primo generale moderno. Espressione a sua volta del nord industriale (figlio di conciatore), anti-schiavista convinto e per nulla cavalleresco (erano note la sua tendenza alla depressione, così come la passione per il whiskey) è stato il teorico della “resa incondizionata” imposta ai nemici (cosa assai rara prima di allora) al punto da passare alla storia, giocando con le sue iniziali, come Unconditional Surrender Grant. Fautore di quel capolavoro militare che risponde all’assedio di Vicksburg (per molti il vero spartiacque della guerra, superiore anche a Gettysburg) verrà nominato da Lincoln Tenente Generale (l’equivalente del Comandante in Capo di tutte le armate dell’Unione), primo dai tempi di George Washington. Dopo l’interregno Johnson, succederà a Lincoln come Presidente degli Stati Uniti per due mandati e la sua immagine sarà (per buona parte, ingiustamente) segnata dal suo alcolismo, dalla corruzione della sua amministrazione e dalla sua presunta (questa certamente smentita dalla storiografia moderna) crudeltà sui campi di battaglia. Eppure come presidente si batterà per la parità dei diritti degli ex-schiavi del Sud e, destando scalpore all’epoca (curiosamente in negativo), manderà l’esercito a combattere un’emergente associazione terroristica di suprematisti bianchi nata alla fine della guerra a Nashville: il Ku Klux Klan.

Sarà il generale William Tecumseh Sherman, collaboratore ed amico di Grant (di lui dirà “Grant mi è stato vicino quando io ero matto, e io gli sono stato vicino quando lui era ubriaco, e adesso continuiamo a stare vicini”, in barba allo spirito cavalleresco tanto ricercato nei generali del Sud) ad introdurre le tattiche della “guerra totale” in un conflitto. Nella sua avanzata per la conquista di Atlanta non si farà problemi a razziare villaggi e, cosa abbastanza inusuale per l’epoca, distruggere le infrastrutture nemiche al suo passaggio.

Sarà lo stesso Lee, dopo il “pareggio” di Gettysburg, a capire l’importanza ed i vantaggi della difesa sull’attacco, introducendo la guerra di trincea (forzando tra l’altro gli orgogliosi soldati del Sud a “scavare buche”, attività considerata solo per gli schiavi) mezzo secolo prima della guerra di trincea per eccellenza.

Per concludere, uno tra i più grandi “se” che la storia ci offre è secondo me legato alla morte di Lincoln. Per quanto le sue intenzioni fossero chiare (appellandosi alla parabola del “Figliol Prodigo”, sperava in un reintegro pacifico degli stati ribelli) non ebbe il tempo di portare avanti compiutamente la sua visione. Il 9 Aprile del 1865 ad Appomattox il Generale Lee dichiara la resa (ovviamente incondizionata) a Grant. Il 14 Aprile (altra ricorrenza importante e, come l’assedio di Fort Sumter, filo conduttore di questo articolo) John Wilkes Booth spara al Presidente Lincoln a teatro; Lincoln muore il giorno dopo. Nessuno sa come sarebbe potuta andare con un uomo dal carisma di Lincoln a guidare la ricostruzione, ma ciò che avvenne fu segnato da un crescente spirito di vendetta dei repubblicani radicali del Nord contro i vinti del Sud. Si dice che la stessa moglie di Jefferson Davis, fu Presidente degli Stati Confederati d’America, fu costretta a vendere limoni sul ciglio della strada per sopravvivere. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

Marco Tesei

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