Tra nuove tecnologie e pandemia: come cambia il confronto strategico internazionale. L’analisi di Luigi Martino

La competizione tecnologica è anche il cuore del confronto strategico attuale (e futuro) tra Stati Uniti e Cina. Come la pandemia ha influito sullo sviluppo di questa competizione? Cosa cambia nel campo della cyber security con il Covid? Europa Atlantica ha parlato di questi tem con Luigi Martino, responsabile del CCSIRS dell’Università di Firenze.

Già prima dell’esplosione della crisi pandemica, secondo numerosi analisti internazionali, stavamo entrando in una nuova stagione di competizione e tensioni internazionali, che alcuni hanno paragonato ad una sorta di “Nuova Guerra Fredda”, dominata dal confronto tra USA e Cina. Peraltro una componente centrale della competizione internazionale sono le nuove tecnologie. Luigi Martino, responsabile del Center for Cyber Security and International Relations Studies (CCSIRS) dell’Università di Firenze, dal suo punto di vista, questa pandemia potrebbe accentuare questa tendenza alla conflittualità e alla competizione internazionale?

La correlazione tra eventi esogeni al sistema internazionale (calamità naturali, disastri ed eventi non imputabili all’uomo) e tensioni tra gli Stati rappresenta un elemento classico delle relazioni internazionali. In particolare, la debolezza di un attore in caso di eventi inattesi può risultare un vantaggio per altri attori statali. Quindi anche nel caso specifico della crisi pandemica abbiamo visto la presenza di un confronto diretto e indiretto al fine di ricavarne un vantaggio per la propria posizione nello scacchiere internazionale. Anche la tematica tecnologica si inserisce in questo confronto: la Cina ad esempio cerca di scardinare lo status quo della superiorità statunitense attraverso un approccio indiretto molto caro alla strategia cinese agendo sia sul fronte delle alleanze americane e transatlantiche (dividi et impera) che sulle inefficienze del sistema democratico occidentale. Per rimanere nel confronto tecnologico, parafrasando Liddle Hart la Cina sta agendo come Paride colpendo gli Stati Uniti (e il mondo occidentale nel suo complesso) nel loro tallone di Achille attraverso la narrazione che gli USA e i Paesi Occidentali siano incapaci di offrire strumentazione tecnologica efficiente ed efficace allo stesso prezzo di quello offerto dalle aziende cinesi. Quindi per rispondere alla domanda: la competizione economica e politica continuerà e per certi versi ha già avviato la competizione internazionale, mentre la conflittualità ad oggi si concentra per lo più su un confronto aspro sul piano diplomatico, commerciale e anche ideologico, ma potrebbe anche sfociare in forme di proxy-war condotte nel contesto cyber.

Perchè è così importante l’elemento della competizione tecnologica, in particolare tra Stati Uniti e Cina e quali sono gli aspetti più rilevanti o i settori più innovativi dove la competizione è più spinta?

L’elemento tecnologico è rilevante perché chi possiede l’esclusività di una determinata tecnologia può vantare anche un vantaggio strategico. Gli elementi rilevanti nel confronto tra Stati Uniti e Cina si basano sulla volontà degli US di mantenere lo status quo nel contesto della superiorità tecnologica e dell’innovazione. La Cina invece cerca di ridurre tale divario attraverso l’utilizzo della “narrazione” spinta relativa alla superiorità tecnologica raggiunta attraverso ingenti investimenti pubblici e privati, ma in realtà tale approccio si fonda più su una percezione che sulla situazione reale. La competizione più spinta è nel settore dell’innovazione tecnologica (AI, quantum, crypto, robotica). Innegabilmente il confronto è tra Stati Uniti e Cina, ma in realtà è un confronto tra l’attore statunitense che mantiene una “full spectrum dominance” e quello cinese che cerca di accorciare il divario attraverso anche l’entropia nel sistema di alleanze americano.  

Peraltro la Pandemia ha spinto molto sull’uso delle nuove tecnologie e del web in questi mesi, si pensi all’uso dello smart working o degli acquisti online o anche alla didattica a distanza nei mesi della quarantena. Ma questo processo di spostamento sempre di più sulla dimensione virtuale delle attività, dal lavoro allo studio, quali sono i rischi potrebbe comportare a livello di sicurezza dei dati e delle informazioni, delle infrastrutture, dello stesso business di numerose aziende?

Il problema fondamentale del rapporto tra cyber security e smartworking è dato dalla bassa consapevolezza che il perimetro di attacco delle minacce informatiche si è ampliato. In particolare, secondo studi recenti, il problema centrale rimane il fattore umano che nel contesto domestico è poco sensibile all’adozione di misure di sicurezza informatica simili a quelle adottate nel contesto lavorativo. Mettere in sicurezza il perimetro domestico dai rischi cyber è una questione rilevante, a maggior ragione se l’ufficio di lavoro si è trasferito nelle mura di casa.

I paesi occidentali, la NATO, l’UE, che in questi anni sono stati spesso oggetto di attacchi cyber o di campagne di disinformazione attraverso il web e i social media. Ma sono preparati a confrontarsi con questa nuova dimensione delle minacce alla sicurezza e alla democrazia che provengono dalla dimensione cibernetica?

Il caso estone del 2007 ha dimostrato che l’UE senza la NATO non può fronteggiare le minacce che provengono dal mondo cyber. Così come la NATO è consapevole che senza una UE forte, unita e coordinata nel contesto della cyber security si viene a creare una minaccia alla solidità dell’intero concetto strategico sviluppato negli ultimi decenni. L’UE ha dimostrato di considerare gli aspetti della cyber security in tutte le sue sfaccettature: dalla protezione dei servizi essenziali (Direttiva NIS), alla protezione della privacy (GDPR), dalla certificazione ICT (Cyber Security Act) alla postura nel contesto diplomatico (Cyber Diplomacy Toolbox). La NATO, dal canto suo, considera il cyberspazio il quinto dominio delle operazioni militari con la conseguente possibilità di applicare l’art. 5 anche in caso di attacco cyber. La comunità di intenti e di vedute tra NATO e UE può essere intravista anche nel considerare la cyber security un aspetto strategico e quindi possono favorire un effetto spill-over sulle policies implementate dagli Stati Membri dell’UE o dai Paesi Membri dell’Alleanza.

Intervista a cura della redazione di Europa Atlantica

Immagine tratta da Pixabay


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