L’America è tornata! Come cambia la politica estera americana con Biden

Nel suo primo primo discorso sulla politica estera, al Dipartimento di Stato, Joe Biden ha annunciato che l’America è tornata e anche la diplomazia è tornata. Un discorso dal forte significato politico, rivolto agli amici, ma anche ai rivali dell’America nel mondo.

 “L’America è tornata, la diplomazia è tornata al centro della nostra politica estera” sono state forse le frasi più significative, pronunciate da Joe Biden, nel suo discorso al Dipartimento di Stato pochi giorni fa. Poche parole, che sintetizzano il senso del suo primo discorso da Presidente in carica dedicato alla politica estera e che segnano una forte discontinuità rispetto al suo predecessore. Non solo per la scelta di recarsi al Dipartimento di stato pochi giorni dopo il suo insediamento, a differenza di Trump che lo fece molti mesi dopo, ma anche per il messaggio che ha voluto lanciare.

Dalle recenti crisi internazionali al confronto con Russia e Cina al rapporto con gli alleati, Biden ha toccato molti temi, in modo chiaro ed eloquente.  Già in primavera, in piena campagna elettorale, aveva dedicato un articolo sulla rivista Foreign Affairs intitolato “Why America must lead again”, per presentare all’America e al mondo il suo programma presidenziale sulla politica, rimarcando le forti differenze con Trump, mostrando piena consapevolezza e profonda conoscenza della materia e presentando alcuni obiettivi, dal rilancio del multilateralismo alla centralità della battaglia per la democrazia e i diritti umani, uniti in un progetto di fondo: far recuperare agli USA il ruolo guida a livello internazionale perso durante la presidenza Trump. Infatti suoi propositi, anche in politica estera, esposti in questi ultimi mesi, dalla campagna elettorale al discorso di insediamento, sono sempre apparsi da un lato in piena discontinuità con il suo predecessore, dal quale lo divide una visione diametralmente opposta non solo del mondo e dell’Occidente ma anche del ruolo stesso degli USA nel mondo, ma dall’altro lato anche rivolti a rilanciare la leadership americana sul piano globale. Come numerosi analisti hanno rimarcato, il suo “America is Back” è riecheggiato un po’ come una sorta di nuovo slogan, opposto al famoso “America First” di Trump. Da una visione più nazionalista ed isolazionista, che Trump ha provato a incarnare in questi anni, l’impressione, e la promessa, è quella di un ritorno ad un protagonismo internazionale americano realizzato attraverso la diplomazia, il multilateralismo, il rafforzamento delle alleanze e il rilancio del ruolo nelle organizzazioni internazionali. Insomma un’America più presente e anche più consapevole sulla sua forza e del suo ruolo guida del mondo libero. Un fatto assolutamente positivo, per tutti, e che anche gli Europei possono cogliere come l’occasione per rafforzare i legami transatlantici.

Joe Biden è forse il presidente neo-eletto più esperto di politica estera che gli Stati Unii abbiano avuto da diversi anni a questa parte. Non solo perchè la sua visione sembra ricalcare molto di più del suo predecessore le direttrici tradizionali della politica estera americana, ovvero quell’internazionalismo liberale che fino a Trump era stata una costante di tutte le amministrazioni, ma anche per il fatto che Joe Biden è uomo che di politica estera si occupa da decenni. Già da presidente della commissione affari esteri del Senato e durante la sua carriera senatoriale, e poi, come vicepresidente di Obama, Biden ha avuto spesso occasione di girare il mondo, conoscere leaders degli altri paesi, partecipare a consessi internazionali, vertici, meeting, incontri bilaterali, occuparsi di dossier di politica internazionali importanti su numerosi temi: America Latina, Ucraina, Medio Oriente. È un politico esperto, competente, che conosce forza e limiti di alleati e rivali, e nel suo discorso ha voluto, evidentemente, dare un’impronta precisa alle linee guida che la nuova amministrazione dovrà seguire sul piano internazionale sia nel confronto con le altre potenze e, soprattutto, nel difendere i propri interessi strategici nazionali, che molto spesso hanno una portata globale e non possono essere tutelati attraverso l’isolamento e la chiusura entro i confini nazionali.

Biden dimostra di avere in testa un’idea precisa di tutto questo. Sembra non volere un paese, il suo, ancora ritirato in se stesso, ma anzi, pur sapendo che le più urgenti sfide che si trova ad affrontare riguardano la politica interna, a partire dalla crisi economica e la pandemia, sa anche che quelle sfide potranno essere affrontate meglio, se lo saranno a livello internazionale rilanciando il ruolo e il protagonismo degli USA.  Una nazione chiusa in se stessa non potrà essere più forte, ma anzi, il rilancio delle alleanze e il multilateralismo potrebbero essere proprio funzionali a rafforzare la posizione dell’America e la sua stabilità, sia politica che economica. Ma saranno fondamentali anche per affrontare le altre sfide strategiche e politiche che ha davanti, da quelle di portata più politica e diplomatica, come il multilateralismo, la difesa della democrazia e la promozione dei diritti umani, a quelle che passano dal confronto con le altri grandi potenze internazionali, come Russia e Cina, e interessano questioni fondamentali per il futuro, come la competizione militare, tecnologica o economica. E i messaggi lanciati da Biden, proprio all’indirizzo di Russia e Cina, sono sembrati molto netti. Ma le due potenze sono comunque diverse tra loro e rappresentano per gli USA due sfide  e differenti: se la Russia è considerata come una rivale significativa soprattutto sul piano militare e il tono del confronto resterà duro nei prossimi mesi, è la Cina, invece, quella che viene considerata la  “minaccia” sistemica al potere e al ruolo globale degli USA. Il tono del confronto con la Cina, quindi, potrebbe rimanere molto elevato anche in futuro, anche se magari, con modi diversi rispetto all’epoca Trump.

Ma l’America però, anche su altri dossier, potrebbe cambiare atteggiamento e prendere iniziative diverse rispetto all’immediato passato. Basti vedere sulla crisi in Yemen. Dopo di che, su due temi in particolare, oltre ovviamente alle alleanze, la nuova  agenda internazionale dell’America targata Biden è stata da subito in netta rottura rispetto all’immediato passato: da un lato la pandemia e la battaglia globale contro il virus, dall’altra la lotta internazionale contro il cambiamento climatico.

Gli Stati Uniti sembrano dunque ripartire sul piano internazionale con una visione rinnovata, e rafforzata, del loro ruolo globale, che l’isolazionismo trumpiano aveva rischiato di ridurre. Certo Biden ha voluto lanciare un segnale anche in senso politico, al peso che intende dare, nei prossimi anni, alla diplomazia. Una diplomazia più protagonista nel difendere e promuovere la politica estera dell’America nel mondo. Il suo “America is Back” può segnare un punto di rilancio dell’immagine globale dell’America, rispetto agli alleati, ma non solo per loro. Infatti questo slogan, rivolto verso gli amici, sembra proprio voler ridare loro fiducia e speranza, nel senso anche di una nuova collaborazione che con questa amministrazione, su molti temi, potrà realizzarsi. Ma se invece rivolto ai rivali e agli avversari dell’America e dei valori che rappresenta (democrazia, libertà, diritti umani), può suonare come una sorta di avvertimento. L’America è tornata e cercherà di non rinunciare alla sua posizione e a difendere i suoi interessi strategici, che coincidono spesso ncon la sua posizione di leader globale.  E anche questo potrebbe rappresentare il segno di una nuova fase, che si sta aprendo a livello internazionale, di cui è utile prendere subito atto, anche in Europa.

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