Meno ghiaccio e più commercio. L’Artico al centro del confronto globale

L’analisi di Andrea Bonelli pubblicata su Formiche.net e realizzata per la Newsletter di Formiche ed Europa Atlantica

Che l’Artico si stia surriscaldando ormai (e purtroppo) è cosa nota, meno di dominio pubblico è il fatto che proprio i cambiamenti climatici in corso nell’area stanno ironicamente creando le condizioni per un riscaldamento del “clima geopolitico” della regione. Difatti, da zona del pianeta relativamente poco toccata da dispute e conflitti, negli ultimi anni si è assistito ad un notevole incremento degli interessi politico-economici da parte degli stati affacciati sull’area (e non solo).

Le ragioni derivano proprio dal riscaldamento globale: i poli della Terra sono più sensibili a qualsiasi cambiamento nel clima del pianeta. Di fronte al riscaldamento globale in corso, i poli difatti si stanno riscaldando più velocemente del resto del pianeta e nell’Artico sembra avvenire in modo ancora più rapido. Mentre le cause di questo evento sono molteplici e non solo legate alla concentrazione di gas serra (che resta ancora quella predominante), il principale effetto è abbastanza ovvio: il declino delle banchise. Negli ultimi decenni, nell’oceano Artico si sono sciolte più velocemente di quanto si ricongelino in inverno, toccando il minimo nel 2018 con meno dell’1% di ghiaccio vecchio di quattro o più anni.

La prospettiva di un clima più mite ha risvegliato l’interesse verso l’estrazione delle risorse presenti nell’area, non solo delle otto nazioni artiche (Stati Uniti, Canada, Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, Russia e Danimarca) con i relativi contenziosi territoriali e sull’attribuzione e sfruttamento delle rispettive zone economiche esclusive, ma anche di paesi ben più distanti come la Cina, che ha mostrato esplicitamente il suo desiderio di estrarre risorse naturali in Groenlandia.

Ma non vi è solo lo sfruttamento delle risorse: la quasi totale scomparsa delle banchise pluriennali ha aperto a nuove opportunità prima impraticabili anche nel trasporto marittimo. Negli ultimi anni sono state eseguite numerose sperimentazioni delle rotte artiche che consentirebbero un risparmio di tempo e costi tale da potenzialmente essere in grado di rivoluzionare il commercio globale. Sono tre le potenziali rotte marittime chiave che attraversano l’Artico: la Transpolar sea route (Tsr), che passa sopra il Polo Nord; il Passaggio a nord-ovest (Nwp), lungo il confine settentrionale del Canada, e la rotta del Mare del Nord (Nsr), che attraversano la lunga costa artica della Russia.

La Transpolar sea route, sebbene sia la rotta più diretta per spedizioni trans-artiche, non è mai riuscita a diventare un’opzione praticabile a causa delle banchise pluriennali che richiedono una scorta rompighiaccio e costi assicurativi esorbitanti. Le tendenze climatiche più recenti, potrebbero tuttavia non solo rivitalizzare la Tsr ma spingere ad investimenti nelle infrastrutture necessarie al suo funzionamento. Numerosi studi ormai prevedono che la rotta sarà al 100% priva di ghiaccio negli anni successivi al 2045. Secondo The Future of Arctic Shipping Along the Transpolar Sea Route di Malte Humpert e Andreas Raspotnik: “una nave che va da Tokyo a Rotterdam può ridurre la sua velocità del 40% e comunque arrivare in Giappone contemporaneamente a una nave che naviga a tutta velocità attraverso il Canale di Suez”.

Il Passaggio a nord-ovest, una scorciatoia dall’Europa all’Asia orientale attraverso il continente nordamericano, è stato cercato dagli esploratori sin dal XVI secolo. La Nwp è composta da una rotta settentrionale e meridionale. L’esploratore Roald Amundsen completò il primo transito della rotta nel 1906. Il 21 agosto 2007, la rotta fu aperta alle navi senza la necessità di un rompighiaccio per la prima volta nella storia umana. Data la potenziale riduzione della distanza di viaggio, in futuro il Passaggio a nord-ovest potrebbe divenire la scelta di numerosi mercantili. Il principale elemento di incertezza sul Nwp è in merito al suo status internazionale: Per il Canada il passaggio fa parte delle acque interne mentre Washington lo ritiene uno stretto internazionale. Considerati i vantaggi di entrambe le posizioni, un maggiore uso di tale rotta potrebbe inasprire la disputa.

La Northern sea route fu sviluppata nel 1932 e godette di investimenti significativi durante la Seconda guerra mondiale in quanto arteria di vitale importanza per i rifornimenti a sostegno del fronte orientale. Il percorso riduce la distanza dall’Europa alla Cina del 40% rispetto al percorso standard attraverso il Canale di Suez. la Nsr è la più percorribile delle tre rotte artiche anche per le sue infrastrutture già in grado di supportare un potenziale traffico da grande corsia marittima. La Nsr, infatti, è stata al centro dei piani di sviluppo di Putin nell’Artico con un forte incremento degli investimenti nelle flotte rompighiaccio e nelle infrastrutture portuali.

Il cambiamento climatico in corso sembra quindi stravolgere quell’immagine classica dell’Artico che ognuno di noi ha: da terra di ricerca scientifica, abbastanza lontana dalle zone calde della geopolitica, ad un nuovo crocevia del commercio globale, in grado di scongelare vecchie tensioni e crearne di nuove.

Andrea Bonelli


Immagine tratta da Pixabay.com

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