Da Kiev al Sahel. Intervista ad Andrea Manciulli

Pubblichiamo l’intervista di Andrea Manciulli, Presidente di Europa Atlantica, realizzata da Formiche.net

Il confronto con Mosca è diventato anche ideologico e culturale, e l’invasione dell’Ucraina, ha dimostrato che la Russia è portatrice di ideali incompatibili con l’Occidente. In questo scenario, Nato e Unione europea dovranno essere pronti a proteggere non solo i propri cittadini e territori, ma anche ribadire con forza i propri valori di democrazia e libertà. Ne parla ad Airpress il presidente di Europa Atlantica, Andrea Manciulli.

È tornata la guerra in Europa. Che differenza c’è tra l’invasione di oggi e la Crimea nel 2014?

La vicenda del 2014 fu una forma di “guerra per procura”. Partendo dalle minoranze russofone e filorusse delle due zone dell’Ucraina orientale e meridionale, si generò un rovesciamento del potere in quelle zone, che allontanò Crimea e Donbass da Kiev. È stata pertanto, una vicenda molto più circoscritta. Quello a cui assistiamo oggi è una escalation durante la quale la Russia ha costruito un’imponente forza offensiva regolare, effettivamente impiegata contro l’Ucraina: siamo di fronte a un attacco diretto, su larga scala, e quindi molto più grave anche sul piano geopolitico. Quella di oggi è una vera guerra, ma non è soltanto una differenza tecnico-militare.

In che senso?

Nel discorso alla Nazione tenuto da Putin alla vigilia dell’invasione, il presidente russo ha cercato di condire ideologicamente questa offensiva, basandosi su un excursus storico molto forzato, in cui si sono messe insieme ad hoc fasi diverse della storia dell’Ucraina. Si è trattato di un architrave ideologico dell’aggressione. Nella comunicazione successiva, con cui di fatto ha dichiarato guerra a Kiev, Putin ha affermato di voler “de-nazificare” l’Ucraina, una forzatura incredibile. Il Cremlino cerca una giustificazione ideologica, cercando in qualche modo di mistificare la realtà a suo vantaggio.

Qual è il disegno dietro al quale si muove Putin?

Putin ambisce a riaffermare il ruolo della Russia come superpotenza, conscio della sua debolezza economico-finanziaria, ha deciso di usare la forza e il ruolo strategico rivestito dal suo Paese con estrema aggressività. Nel Sahel sta accadendo la stessa cosa, ed è avvenuto in Siria e in Libia, con l’impiego dei mercenari della Wagner. La Russia sta cercando di creare cunei strategici usando la forza, con lo scopo di diventare determinante nella risoluzione delle principali crisi internazionali e rivestire, nuovamente, un ruolo geopolitico determinante. Una strategia molto pericolosa. Soprattutto in un mondo che, almeno negli ultimi decenni, si stava abituando a un confronto principalmente economico, benché aspro, e si stava lentamente allontanando dall’idea di poter usare la forza militare per risolvere le contrapposizioni tra potenze. Putin ha riportato indietro le lancette dell’orologio, riportando sul piano delle relazioni globali la dimensione strategico-militare. Un fattore che cambierà radicalmente lo scenario globale da qui in avanti. Ora, non è più possibile far finta di nulla di fronte alla strada percorsa dal presidente russo.

La risposta dell’Occidente è stata adeguata alle provocazioni di Putin?

L’Occidente non può che avere una risposta articolata, che tenga conto che c’è una nuova minaccia strategica. Da questo punto di vista, dunque, l’Occidente deve essere capace di difendere il proprio spazio. Una dimensione che non è soltanto fisica, ma si basa anche sugli ideali condivisi di democrazia e libertà, alla basa dei valori fondanti del mondo occidentale. La Russia promuove e valorizza ideali antitetici, una certa idea di sovranismo incompatibile con la democrazia. Data questa natura anche ideologica e culturale del confronto, è evidente che Europa, America e gli altri partner globali che condividono i nostri stessi valori devono essere naturalmente pronti a difendersi con determinazione, riaffermando con forza gli ideali di democrazia e libertà e rimarcando la differenza con l’impostazione data da Mosca: noi cerchiamo sempre una soluzione pacifica alle crisi e rigettiamo una nuova aggressività senza giustificazioni. Da questo punto di vista non abbiamo alternative alla fermezza.

Kiev non fa parte della Nato, che tuttavia ha più volte dichiarato il proprio sostegno all’integrità e sovranità dell’Ucraina. In che modo ora l’Alleanza può intervenire a risolvere l’escalation?

Farò una premessa, in veste di storico: perché tutti i Paesi dell’ex-Patto di Varsavia ora vedono negativamente la Russia? E non è un fatto recente, dovuto all’invasione. Dobbiamo renderci conto che queste popolazioni hanno visto nella dominazione sovietica un limite importante alla loro libertà. E oggi non si può non tenere conto delle loro aspirazioni alla democrazia, anche qualora non dovessero entrare a far parte della Nato. Dobbiamo farci carico della loro paura nei confronti della minaccia russa, un timore rivelatosi, purtroppo, reale.

Dunque, che fare?

Dato questo assunto, si deve adesso lavorare con gli strumenti della politica e della diplomazia verso un futuro che stabilizzi tutta quest’area di tensione e la includa in un orizzonte di pace e democrazia. Attualmente, questa strada è impossibile da praticare, gravemente minata dall’aggressione di Putin contro Kiev. Ma la Nato adesso può fare due cose: innanzitutto, rassicurare i Paesi membri del fianco orientale, che in questo momento vivono attimi di grande preoccupazione. Inoltre, dovrà mettere in campo tutto il suo peso ideologico, e la forza del suo posizionamento strategico affinché la situazione non degeneri. E questo lo si dovrà fare con fermezza e saggezza.

Nella tensione è mancata la voce forte dell’Ue. Un Europa più strutturata nel settore della Difesa avrebbe potuto fare la differenza?

Personalmente ho sempre ritenuto necessario che la Nato e l’Unione europea facessero un passo in avanti. Rafforzando la difesa europea si rafforzerebbero anche le capacità della Nato. La tutela delle società e dei valori occidentali necessita il coordinamento tra Ue e Nato. Gli attuali eventi in Ucraina hanno reso drammaticamente evidente a tutti la necessità che l’Unione europea faccia un passo ulteriore verso una collaborazione più stretta in materia di difesa e sicurezza, decisione che in passato ha stentato a fare e che a volte è stata persino guardata con sospetto dalla stessa Nato. Ma l’Europa deve essere in grado di difendersi. Si tratta di una parte fondamentale della difesa di tutto l’Occidente, e quindi anche dell’Alleanza Atlantica. Credo che la crisi ucraina riuscirà a fugare gli ultimi dubbi rimasti, e che ora si prenda atto dell’urgenza e si cominci a lavorare con molta più velocità e determinazione.

Intervista realizzata per Formiche.net

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