I terrorismi del nostro tempo

L’ultimo libro di Guido Olimpio ci aiuta a comprendere la complessa articolazione, l’eterogenesi dei progetti e dei fini, la diversa provenienza delle minacce e dei gruppi di interesse che generano oggi il terrorismo, in tutte le sue manifestazioni: tra jihadismo, estremismo violento e criminalità.

 

Apriamo volentieri il 2019 con la segnalazione di Terrorismi. Atlante mondiale del terrore (La Nave di Teseo). Il libro è uscito recentemente in Italia e l’autore, Guido Olimpio, è un esperto giornalista e analista del Corriere della sera, inviato in molti fronti di guerra,  studioso di fenomeni complessi come il fondamentalismo, la criminalità organizzata, il mondo dei narcos, esperto di intelligence, affari strategici e militari. Nella sua lunga carriera, Olimpio ha avuto modo di vedere di persona e di incrociare gli effetti della violenza terroristica, come della guerra, in molti luoghi del mondo, e ha già dato alle stampe, in passato, diversi libri dedicati a queste tematiche. Questo nuovo lavoro si sviluppa come un’autentica guida globale nell’universo del terrore, non solamente quello di impronta islamista e jihadista, ma (e questa è una delle novità più interessanti) anche nelle sue espressioni criminali. Del resto Olimpio è uno dei migliori giornalisti d’inchiesta italiani che si occupano di questo genere di temi. Dai suoi pezzi e dalle sue corrispondenze come inviato possiamo sempre comprendere dinamiche inedite, tattiche, azioni impiegate in un determinato contesto bellico o in un preciso attacco.

Terrorismi è scritto con grande chiarezza, cosa non ovvia per chi voglia cimentarsi con l’universo di sigle, nomi, territori e “bandiere” che oggi rivendicano la ribalta della scena terrorista, spesso in aperta competizione tra loro. La sua narrazione, lungo più di 300 pagine, accompagna non solo gli addetti ai lavori, ma anche i neofiti di capitolo in capitolo, nella comprensione dell’evoluzione delle moderne forme di terrore con cui la società contemporanea ha a che fare. Dal terrorismo islamista e jihadista, di cui nel libro si ritrovano sigle, gruppi, origini, leader, Olimpio ci porta a conoscere in profondità altre forme estreme di violenza e di terrore diffuse in numerosi fronti caldi del globo, come ad esempio i narcos messicani e i vari cartelli della criminalità organizzata e del narcotraffico. Ma ci racconta anche le storie di alcuni professionisti del terrore, non solo del nostro tempo ma anche di altre stagioni, con personaggi che vanno da Samir Khadar – detto “il Serpente” – uno degli inafferrabili del terrorismo arabo fin dagli anni Ottanta, a Junzo Okudaira: anche lui mai catturato, mitico e famigerato fondatore dell’Armata Rossa Giapponese, che agendo in proprio o in associazione con organizzazioni arabe fu una delle sigle più attive sul finire del secolo scorso.

Tra linee di continuità e discontinuità storiche arriviamo ai nostri giorni: viene illustrato cosa significhino termini nuovi, con forme di azione perpetrate dai cosiddetti lone wolves – “lupi solitari” che agiscono (in tutto o in parte) da soli. E si getta luce sul fenomeno, più articolato e diversificato di quel che si pensi, dei cosiddetti foreign fighters, che rientrano da zone di conflitto andando a ingrossare le fila della minaccia radicale all’interno di Paesi mediorientali ed europei. Ma anche come si siano evolute le più recenti forme di violenza e di attacco, dagli attentati suicidi, anche quelli meno spettacolari, alle azioni solitarie dei “radicalizzati del web”, fino agli attacchi perpetrati con auto e camion.

Altro aspetto di grande interesse e novità di questo libro: da professionista della comunicazione, Olimpio comprende e illustra assai bene come la violenza terroristica sia legata inscindibilmente ai media e alle nuove forme di propaganda e di proselitismo, nella galassia di Internet e dei social media. E anche come la sua efferatezza (decapitazioni, fosse comuni, proclami sanguinari) sia un tratto comune con forme diffuse e diversificate di devianza e criminalità organizzata in tutto il mondo. Infatti il terrore e la ferocia, come la propensione alla mediaticità estrema e alla spettacolarizzazione delle azioni, paiono essere elementi propri e comuni non solo dei gruppi jihadisti, ma anche di molti moderni gangster. La tendenza, insomma, è quella di  circondarsi di un alone mitico di invincibilità e di creare delle vere e proprie leggende personali.

Ma il tema della criminalità, anche quella di strada, non interessa solo la comunicazione: in relazione al terrorismo non vi sono solo legami e convenienze reciproche, ma il fatto che le attività criminali e illegali sono fonte di finanziamento facile e di reclutamento per tutti i gruppi organizzati, grandi e piccoli. Le organizzazioni terroristiche da sempre si servono di molte fonti illecite di autofinanziamento, e hanno perfezionato negli ultimi anni un vasto fronte di attività che va dai rapimenti alle rapine, dal traffico di esseri umani ad armi, tabacco e petrolio.

Veniamo poi a quello che, nel secolo scorso, venne definito “fronte delle carceri” (il riferimento era allora al fenomeno brigatista italiano): Olimpio rammenta giustamente anche come i percorsi di molti “jihadisti della porta accanto” siano iniziati non solo dal web, dove la mole di messaggi subdoli e di manuali di addestramento è enorme, ma anche attraverso periodi più o meno lunghi di detenzione.

Le prigioni sono un luogo fondamentale per la diffusione delle idee radicali islamiste e violente come per l’arruolamento di potenziali miliziani del Jihad armato. Le Polizie di tutto il mondo, insieme alle agenzie di Intelligence, conoscono bene il fenomeno della radicalizzazione jihadista in carcere, e lo monitorano costantemente. Molti giovani sbandati o semplici criminali si sono ritrovati proprio tra le sbarre entro le maglie protettive di gruppi o predicatori radicali e hanno dato seguito a propositi violenti, passando anche all’azione una volta in libertà. E non è infine un caso se la grande maggioranza degli attentatori, che hanno colpito in terra europea o che si sono recati dai paesi occidentali a combattere in Siria, fosse composta di persone, spesso molto giovani, che nella propria vita hanno avuto esperienze precedenti alla radicalizzazione fatte di furti di strada, violenza privata, droga – perlopiù con un’idea molto approssimativa della stessa religione islamica che professano.

Questa minaccia nel tempo è diventata sempre più imprevedibile e confusa con le pieghe dei mille conflitti e delle mille fratture sociali, culturali, economiche che attraversano città e comunità in Occidente. Non è affatto facile fronteggiarla o prevenirla in ogni sua forma. La nostra società è particolarmente vulnerabile, nonostante lo sforzo enorme fatto dalla agenzie di sicurezza e da molti Governi sui temi della prevenzione e del contrasto. Tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica, anche nei momenti di calma apparente, attraverso la divulgazione e l’informazione, è sicuramente importante ed è uno dei meriti di questo libro e del lavoro di Guido Olimpio in generale.

 

 

Enrico Casini è Direttore dell’Associazione culturale Europa Atlantica. Aretino, laureato in Scienze internazionali all’Università di Siena, si è perfezionato presso il Corso Executive in “Affari strategici” della Luiss “Guido Carli” di Roma. E’ stato Capo della segreteria del Presidente della Delegazione parlamentare italiana alla NATO. Si occupa di studi strategici, terrorismo, politica internazionale e italiana.

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