La geopolitica dell’energia nucleare

Le centrali nucleari rimangono ancora una delle fonti più diffuse di produzione di energia nel pianeta. Come cambia e quali prospettive per la “geopolitica” dell’energia nucleare, nell’era della presidenza Biden. Il punto di vista di Andrea Bonelli

Il 22 ottobre 1934, i “ragazzi di via Panisperna” guidati da Enrico Fermi bombardarono con neutroni degli atomi di uranio dando vita inconsapevolmente alla prima fissione nucleare di uranio di origine antropica della storia.  Rapidamente utilizzata per applicazioni militari, la fissione si riscoprì adatta anche alla produzione di energia elettrica con il celebre discorso sugli “atomi per la pace” all’assemblea generale delle Nazioni Unite pronunciato dal presidente Eisenhower, ossia l’apertura alla ricerca e all’utilizzo dell’energia nucleare per scopi pacifici e la successiva conferenza che portò alla nascita dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Da allora l’impiego di reattori nucleari per la produzione di elettricità nel mondo è aumentato esponenzialmente, soprattutto nei paesi in via di sviluppo e in quelli con scarso accesso ad altre fonti energetiche che cercavano quantomeno di ridurre la dipendenza dalle importazioni. Per molti stati infatti, il nucleare rappresentava il metodo con cui soddisfare sia le ambizioni politico-militari che i bisogni energetici domestici (chiaro esempio la Francia che aspirava ad una maggiore libertà di movimento dalla politica estera di Washington e dove oggi il nucleare produce circa il 70% dell’energia elettrica[1]).

Nonostante la forte riduzione dell’impegno nucleare nella produzione di energia elettrica da parte di alcuni paesi dovute chiaramente ai terribili incidenti di Chernobyl e Fukushima che prospettavano la fine del settore, sono 442 le centrali attualmente attive nel mondo e 53 in costruzione, e le ragioni della sua sopravvivenza sono principalmente quattro:

  • Rimane un pilastro imprescindibile dei governi nazionali che desiderano mantenere una capacità militare nucleare;
  • Il sostegno da parte delle aree che attualmente dipendono dall’industria nucleare e dalle società che hanno investimenti sostanziali nel settore rimane forte e caratterizzato da una attiva ricerca di miglioramenti tecnologici potenzialmente in grado di aumentare efficienza e sicurezza
  • L’emergenza climatica e il rinnovato interesse internazionale per una transizione verso società decarbonizzate portano ovviamente a riflettere sul ruolo del nucleare se non come alternativa, quantomeno come colonna in grado di sorreggere il progressivo abbandono degli idrocarburi in tempi più rapidi[2];
  • L’interesse da parte dei paesi in via di sviluppo verso queste tecnologie non è diminuito e nuove centrali sono programmate o già in fase di costruzione.

Energia nucleare: Una scelta di campo geopolitico.

Due sono le possibili strategie per costruire un programma nazionale di energia nucleare: un approccio “indipendente” in cui l’energia nucleare è perseguita per l’autosufficienza e la priorità è lo sviluppo di un’industria nazionale dell’energia nucleare o l’approccio “dipendente” in cui la priorità è a soddisfare la domanda di elettricità nella maniera più rapida possibile. Storicamente l’approccio indipendente è stato portato avanti per la maggiore durante la guerra fredda per chiare esigenze strategico-militari. Che la crescita dell’industria sia avvenuta per esperienza autoctona o per un’iniziale importazione di tecnologie estere (Francia e Corea del Sud ad esempio) poco importa, ciò che conta è che sono tendenzialmente questi paesi (e le rispettive aziende) che oggi detengono la leadership nell’esportazione di know-how sulle centrali nucleari ai paesi che invece hanno adottato una strategia di dipendenza per la necessità di soddisfare esigenze puramente energetiche.

Sono di conseguenza poche le aziende in grado di provvedere alla costruzione di centrali o reattori nucleari commerciali: Le principali aziende sono la francese AREVA (oggi Orano), la Westinghouse statunitense e la Kepco sudcoreana. Le difficoltà incontrate a seguito degli incidenti di Chernobyl e poi Fukushima hanno radicalmente spodestato la leadership occidentale di queste aziende in nuove direzioni nelle quali emergono sicuramente la russa Rosatom, con contratti di costruzione di 35 nuovi impianti in numerosi paesi emergenti e più recentemente le cinesi China National Nuclear Corporation (CNNC) e la China General Nuclear Power Group (CGN), con la messa in vendita del modello “Hualong-1[3]” e accordi con Sudan, Kenya, Thailandia, Uganda e Cambogia[4].

La scelta dell’azienda per un paese che vuole affacciarsi all’energia nucleare quindi, genera una tendenza nella domanda di “esclusività” da parte di alcuni paesi fornitori, nonché la necessità di un certo “allineamento” con le politiche che attuano. Il rischio di un intreccio tra tecnologia e politica estera è evidente: l’esportazione di tecnologia nucleare può divenire uno strumento di proiezione del “soft power” degli stati produttori o essere utilizzato come terreno di scontro nella competizione internazionale come, ad esempio, la decisione del governo americano di inserire la CGN nella “blacklist” delle aziende a cui è vietato esportare[5] o la Rosatom per essere sotto il diretto controllo governativo, ma anche per essere l’unica azienda in grado di rifornire la maggioranza delle centrali nucleari situate in Europa orientale che essendo basate su tecnologia sovietica, hanno bisogno di un carburante unicamente prodotto in Russia.

Il declino dell’industria nucleare americana e le opportunità di rilancio per Biden

Le ragioni del declino dell’industria nucleare americana sul mercato globale, oltre all’ostilità dell’opinione pubblica interna e alla bancarotta della Westinghouse nel 2017, sono più strutturali: l’esportazione nucleare è in gran parte un’attività del settore privato negli Stati Uniti, dove le imprese private avviano, promuovono e concludono accordi di esportazione. Il ruolo del governo è principalmente quello di mitigare i rischi di proliferazione che una transazione nucleare commerciale potrebbe contenere finalizzando accordi da governo a governo che definiscono e autorizzano una cooperazione che soddisfi i criteri di non proliferazione.

Una differenza importante, se comparata ad esempio con l’elevato attivismo politico ed economico che il governo russo ha dedicato in questi anni alle attività di Rosatom, fornendo all’azienda un supporto economico e diplomatico composto anche da enormi prestiti ai paesi che intendevano avviare nuovi impianti, come nel caso della Bielorussia e dell’Ungheria, ponendo seri dubbi sulla presenza di un fine più politico mirante all’acquisizione di influenza che commerciale da parte di Mosca.

Sotto l’amministrazione Trump, il governo degli Stati Uniti è diventato più proattivo nella ricerca di modi per sostenere l’industria nucleare nazionale. Ad esempio, all’inizio del 2019, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha introdotto il memorandum d’intesa sulla cooperazione nucleare (NCMOUS) per aiutare gli Stati Uniti a “sviluppare relazioni strategiche di cooperazione nucleare civile, sostenere l’industria nucleare civile statunitense e promuovere la sicurezza nazionale e la non proliferazione nucleare”[6].

La presidenza Biden anche nell’ottica del reingresso negli accordi di Parigi, difficilmente sarà in grado di prendere grosse distanze dall’energia nucleare in quanto svolge un ruolo fondamentale nella riduzione delle emissioni nel settore elettrico americano. Sarà quindi molto probabile una prosecuzione delle politiche avviate da Trump nel supporto alle esportazioni statunitensi, con una maggiore attenzione verso lo sviluppo e il sostegno della ricerca nel settore verso centrali di nuova generazione.

In particolare, verso gli Small Modular Reactors (SMR): reattori modulari molto più piccoli di quelli convenzionali, costruiti in fabbrica ed assemblati in loco, con una maggiore efficienza di contenimento e una maggiore sicurezza.  Se il governo degli Stati Uniti riuscisse a rendere gli SMR più attraenti per gli investitori istituzionali stranieri, potrebbe riprendere le redini del settore più velocemente.

È di fondamentale importanza per gli standard di sicurezza globali, gli accordi di non proliferazione e la geopolitica globale che gli Stati Uniti svolgano un ruolo di primo piano nell’esportazione di tecnologie energetiche nucleari. Se essi o gli alleati non riusciranno a rendere competitive le loro esportazioni in questo settore, garantendo quindi la presenza di più attori e di tecnologie intercambiabili, probabilmente si completerà la transizione della leadership globale in quest’area verso Russia e Cina, dove le società nucleari sono di proprietà statale, facilmente in grado di finanziare le esportazioni nucleari e già con un evidente vantaggio nei mercati emergenti.

La sinergia di queste attività con i rispettivi interessi geopolitici potrebbe chiaramente rappresentare oltre ad un ulteriore terreno di competizione globale per l’acquisizione di influenza, una minaccia alla sicurezza e agli elevati standard di cooperazione che il settore dell’energia nucleare richiede.

Andrea Bonelli


[1] Dati 2019 raccolti dall’AIEA e consultabili al link: https://pris.iaea.org/PRIS/CountryStatistics/CountryDetails.aspx?current=FR

[2] Un rapporto molto dettagliato sul futuro dell’energia nucleare è il seguente: NEA, The Role of Nuclear Energy in a Low-carbon Energy Future, No. 6887, OECD, 2012

[3] Si tratta del primo modello di reattore cinese sviluppato dalle due aziende congiunte e improntato all’esportazione estera. Fonte: https://www.world-nuclear-news.org/C-Chinese-firms-join-forces-to-market-Hualong-One-abroad-31121502.html

[4] World Nuclear Association, Emerging Nuclear Energy Countries, Marzo 2020, link: https://www.world-nuclear.org/information-library/country-profiles/others/emerging-nuclear-energy-countries.aspx

[5] C. Shepherd, US blacklists Chinese nuclear company over theft of military tech, Financial Times, 15 agosto 2019, https://www.ft.com/content/9601ebda-bf24-11e9-b350-db00d509634e

[6] https://www.state.gov/nuclear-cooperation-memoranda-of-understanding-ncmou/

Immagini tratte da Pixabay.com

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