35 anni dopo il disastro di Chernobyl

A 35 anni dalla tragedia di Chernobyl, cosa resta di quell’evento e come l’Europa ne fu scossa. L’importanza della cooperazione internazionale nel settore nucleare ai nostri giorni

Sono passati ormai 35 delle centinaia (se non migliaia) di anni ancora necessari a cancellare quel tragico 26 aprile 1986 e a rendere Chernobyl nuovamente abitabile.
Molto è già stato scritto, documentato e rappresentato su quello che chiaramente viene annoverato tra i peggiori disastri nella storia dell’umanità. Per questo motivo occorre soffermarci, più che sulle problematiche tecniche ed errori umani, su come gli effetti dell’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare di Pripyat siano stati amplificati dalla natura geopolitica dell’energia nucleare, e di come ancora oggi siano necessari ulteriori passi da compiere.
L’incidente
Il 26 aprile 1986 difetti di progettazione e degli errori umani emersero durante un test, portando all’ esplosione del reattore e al conseguente incendio (spento completamente il 6 maggio) dando vita ad una nube radioattiva che spinta dal vento, interessò pressoché tutto il continente europeo. L’impatto sull’opinione pubblica fu enorme, portando molti paesi a interrompere o sospendere il proprio programma.
Tra questi anche l’Italia che con il referendum dell’anno successivo abbandonò totalmente l’esperienza del nucleare.

Tra i tanti errori che furono commessi dalle autorità sovietiche nella gestione del disastro, il nascondere e poi minimizzare l’accaduto con il resto del mondo primeggia tra essi.

Già la mattina del 27 aprile, in Svezia, vennero rilevati alti indici di radioattività che fecero pensare a delle falle nelle centrali nucleari, visto l’elevato livello dei dati. Assicuratisi che le loro centrali fossero perfettamente in sicurezza, cominciarono a cercare all’esterno la fonte delle radiazioni giungendo alla rapida conclusione che provenissero dall’Unione Sovietica. Dapprima Mosca negò la cosa ma ormai anche nelle altre nazioni gli anomali livelli radioattivi avevano messo al corrente l’Europa intera che un grave incidente era occorso. Il mondo intero cominciò a fare pressione e i sovietici furono costretti a rilasciare scarne dichiarazioni sull’incidente.

Difatti nel tentativo di ridurre l’imbarazzo internazionale e di riconoscere l’esistenza e la portata di un’emergenza che spinta dal vento, non conosceva né confini né cortine di ferro, L’Unione Sovietica rinunciava agli aiuti e al supporto non solo dell’Agenzia Internazionale per L’Energia Atomica (AIEA) ma anche degli stati europei che essendo direttamente interessati dal problema, difficilmente avrebbero esitato nel fornire assistenza immediata. Quando L’Urss cambiò atteggiamento era ormai troppo tardi, nonostante il contributo internazionale si sia rivelato fondamentale nella fase post-disastro.

Non a caso già pochi mesi dopo l’incidente, l’AIEA promosse due convenzioni rapidamente ratificate dagli Stati membri: la Convenzione sulla notifica tempestiva di un incidente nucleare e la Convenzione sull’assistenza in caso di incidente nucleare o emergenza radiologica, che stabiliscono il quadro internazionale per l’emergenza, scambio di informazioni e fornitura di assistenza internazionale. Le Convenzioni danno mandato all’AIEA di agire come hub internazionale per il coordinamento di queste attività che comunque rimangono basate sulla richiesta dello stato colpito.

La duplice natura dell’energia nucleare e la necessità di internazionalizzare il sistema energetico.

Nonostante la forte riduzione dell’impegno nucleare nella produzione di energia elettrica da parte di alcuni paesi, le voci persistenti sulla sua morte non si sono avverate, la tecnologia nucleare rimane in fermento per quattro ragioni:

  1. rimane un pilastro imprescindibile dei governi nazionali che desiderano mantenere una capacità militare nucleare
  2. il sostegno da parte delle aree che attualmente dipendono dall’industria nucleare e dalle società che hanno investimenti sostanziali nel settore rimane forte e caratterizzato da una attiva ricerca di miglioramenti tecnologici potenzialmente in grado di aumentare efficienza e sicurezza
  3. L’emergenza climatica e il rinnovato interesse internazionale per una transizione verso società decarbonizzate portano ovviamente a riflettere sul ruolo del nucleare se non come alternativa, quantomeno come colonna in grado di sorreggere il progressivo abbandono degli idrocarburi in tempi più rapidi.
  4. Poiché la principale priorità contemporanea è di soddisfare la domanda di elettricità nella maniera più rapida possibile, diversi stati sono interessati ad importare la tecnologia e il know-how necessario dai grandi paesi produttori (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia) per costruire ed attivare velocemente i nuovi impianti.

Questo approccio accelerato può quindi significare che lo stato interessato non abbia le conoscenze, le normative e le strutture necessarie alla gestione della produzione e dello smaltimento delle scorie.

Ed è quindi qui il principale elemento di riflessione che deve emergere da quel tragico 26 aprile 1986.

Nonostante i ritardi, le contraddizioni e le inefficienze sovietiche, l’incidente avvenne in uno stato che aveva le conoscenze e le risorse in grado di fronteggiare l’emergenza. Sarebbe difficile immaginare una capacità nazionale simile in altri contesti, come ad esempio nel nuovissimo reattore nucleare di Astravyets recentemente inaugurato in Bielorussia e costruito dalla Rosatom, azienda nucleare di stato russa, a meno di un forte e coordinato impegno internazionale.

La prospettiva di un incremento delle attività di nucleare civile, quindi, deve portare a riflettere su quel tragico 26 aprile 1986, oltre che sull’energia nucleare in sé, sull’esigenza di proteggere e potenziare al massimo quella cooperazione, quella trasparenza e quella vigilanza internazionale in grado di impedire non solo un 26 aprile 1986, ma anche il giorno successivo dove a Berlino Ovest (come nel resto dell’Europa Occidentale) venivano prese contromisure e suggerito di non uscire di casa dall’altro lato della cortina, era una tranquilla giornata di primavera.

Andrea Bonelli


Immagini tratte da Pixabay

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