Polonia: garanzia di sicurezza sperasi con Fort Trump

Pubblichiamo l’analisi di Karolina Muti (IAI) per affarinternazionali.it

Sono in corso i negoziati per la creazione del cosiddetto Fort Trump, una base militare permanente degli Stati Uniti in Polonia, proposta avanzata direttamente dal presidente polacco Andrzej Duda durante la sua visita negli Stati Uniti a settembre. Come prevedibile, il nome suggerito è stato apprezzato dal presidente americano Donald Trump, il quale ha dichiarato che prenderà seriamente in considerazione la proposta.

La Polonia e lo spettro di un’ennesima spartizione
Nonostante i dettagli non siano ancora noti, la controparte polacca si è offerta di pagare due miliardi di dollari per la costruzione della base. L’iniziativa fa parte di uno sforzo continuativo da parte di Varsavia di garantire la presenza di truppe americane sul suolo polacco in chiave difensiva. L’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e il conflitto in corso in Ucraina spingono infatti il Paese a chiedere più garanzie al suo principale alleato.

L’insistenza polacca su questo punto affonda le proprie radici nella storia del Paese, che ha subito nel corso della seconda parte del XVIII secolo la spartizione del proprio territorio a opera della Prussia e degli imperi russo e austriaco. La Polonia scompare infatti dalla cartina europea e vi fa ritorno solo nel 1918, quando recupera l’indipendenza in seguito alla Prima Guerra Mondiale. Ma già nel 1939 il patto Molotov-Ribbentrop sancisce una nuova e insospettabile spartizione del territorio polacco tra Unione sovietica e Germania nazista.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e con l’avvento della Guerra fredda, si instaura in Polonia  un governo filo-sovietico sotto il controllo dell’Urss. La dipendenza dal vicino russo finirà del tutto solo con la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Unione sovietica, che portano Varsavia alla richiesta di adesione alla Nato e all’Ue. Si tratta di una scelta di campo strategica volta ad ancorare il Paese ai ricchi e democratici vicini occidentali, ma prima di tutto a un modello politico ed economico alternativo rispetto a quello imposto da Mosca.

La speranza di una special relationship con Washington
Dal punto di vista della sicurezza, l’appartenenza all’Alleanza Atlantica e all’Unione europea vengono considerate in quel momento storico come una polizza contro l’influenza russa sul Paese. Se l’ingresso nel 2004 della Polonia nell’Unione europea sancisce una storia di successo economico, con un vero e proprio decollo dell’economia polacca, l’adesione alla Nato è l‘inizio di una relazione strategica con gli Stati Uniti  che Varsavia aspira a far diventare una special relationship. L’alleato a stelle e strisce viene infatti largamente considerato l’unico capace di garantire la sicurezza del Paese. È in questa cornice che bisogna leggere la spinta del governo per la costruzione di Fort Trump, ma anche la tiepida accoglienza da parte di Varsavia delle nuove iniziative europee nel settore della difesa.

Se la proposta andrà in porto, la mossa della Polonia sembrerebbe essere uno scacco matto di fronte all’eventualità di un’aggressione russa con il fine di minarne l’integrità territoriale. La presenza permanente di truppe americane nel Paese fungerebbe infatti da deterrente contro la potenziale minaccia del Cremlino. Con le forze armate americane dispiegate in pianta stabile in Polonia, Mosca dovrebbe tenere conto del fatto che un’azione simile a quella intrapresa in Ucraina rischierebbe di portare a uno scontro aperto con gli Stati Uniti e questo è un rischio che non è disposta a correre.

La riluttanza americana allo scontro con Mosca
Tuttavia, pur assicurando ai cittadini polacchi che “Fort Trump si farà”, il presidente Andrzej Duda si è scontrato con una certa riluttanza da parte del Pentagono e degli addetti ai lavori americani. Ci sono infatti diverse problematiche che non convincono gli americani, sia dal punto di vista politico e strategico che logistico e operativo.

In primis, alcuni osservano come questo tipo di iniziativa bilaterale non sia conveniente per gli Stati Uniti, poiché comporta lo spiegamento di ingenti risorse umane e finanziarie in un teatro che vede già un’importante presenza americana. È infatti già presente in territorio polacco, nella città di Orzysz, un battaglione multinazionale della Nato, nel quadro del rafforzamento dell’alleanza in Europa orientale  (NATO Enhanced Forward Presence), che vede quattro battaglioni dispiegati in Polonia e nei Paesi Baltici, da sommare alle oltre 30 mila unità dispiegate nella vicina Germania.

Allo stesso tempo, una mossa di questo tipo provocherebbe maggiori tensioni con la Russia, che potrebbe rispondere a Fort Trump aumentando la presenza delle sue forze armate lungo il confine europeo, rischiando di portare a una corsa alle armi e a una conseguente escalation militare. Inoltre, dal punto di vista pratico, l’area complessiva ipotizzata per la base è stata considerata troppo piccola per raggiungere il pieno funzionamento operativo.

Un altro scacco al multilateralismo
Il Fort Trump è un’iniziativa bilaterale, intrapresa dunque fuori dalla cornice Nato o Ue e senza il coinvolgimento degli alleati. Questo approccio è gradito al presidente Trump, che predilige format bilaterali e non ama gli assetti multilaterali, ma sicuramente allontana Varsavia dai propri partner europei in una situazione che nel contesto Ue risulta già tesa. Contemporaneamente, nonostante a posteriori sia stato fatto uno sforzo in sede Nato per convincere gli alleati della validità del progetto, l’Alleanza atlantica è stata bypassata nella fase di proposta, uscendone dunque indebolita.

Le recenti dimissioni del segretario della difesa James Mattis, scettico verso l’idea di una base permanente degli Stati Uniti in Polonia, potrebbero aprire uno spiraglio in più a favore del Fort Trump. Per capire quali sono gli umori a riguardo sull’altra sponda dell’Atlantico occorrerà aspettare le prime settimane di marzo, quando verrà rilasciato un report con le raccomandazioni del Pentagono indirizzate al Congresso in merito a Fort Trump .

Karolina Muti è ricercatrice junior nei programmi “Sicurezza” e “Difesa” dell’Istituto Affari Internazionali (IAI), dove attualmente si occupa di difesa europea, NATO, Polonia e politica di difesa polacca, e minacce non convenzionali NBCR (nucleari, biologiche, chimiche e radiologiche).

Articolo originariamente pubblicato su www.affarinternazionali.it

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